Un colosso di terra alta dieci metri e larga ottanta dorme indisturbato da secoli, immerso nei silenzi di una piana nordica. La sua mole fa pensare a una grande sepoltura, un rituale estremo per un sovrano o un eroe del passato. Ma quando gli archeologi hanno cominciato a scavare, quel che non hanno trovato ha generato un enigma ancora più profondo: nessun osso, nessuna urna, nessuna salma.
Eppure, a pochi metri da lì, riposa uno dei più straordinari ritrovamenti dell’archeologia vichinga: la nave funeraria di Gjellestad, riemersa dal terreno nel 2018. Due giganti del passato, così vicini eppure così misteriosamente diversi.

Cosa unisce questi due monumenti sepolti nel cuore della Norvegia meridionale? Jellhaug era davvero una tomba? Oppure nascondeva un altro tipo di segreto? Per trovare una risposta, gli archeologi hanno fatto ricorso a tecnologie all’avanguardia e a un’indagine tra georadar e carotaggi. I risultati promettono di riscrivere ciò che pensavamo di sapere sulle sepolture monumentali del Nord Europa.
Il cuore oscuro della Norvegia vichinga
Jellhaug, letteralmente «il tumulo di Jell», si trova vicino a Halden, nell’estremo sud della Norvegia orientale. Con i suoi 80 metri di diametro e 10 metri di altezza, è considerato il secondo tumulo più grande del Paese, superato solo dal celebre Raknehaugen.
La sua posizione non è casuale: si trova a pochi passi dalla nave di Gjellestad, un’imbarcazione funeraria dell’epoca vichinga scoperta nel 2018, che ha riportato alla luce uno dei più importanti siti del primo Medioevo norreno.
Ma nonostante la vicinanza, il tumulo è rimasto avvolto nel mistero per decenni. Le uniche indagini precedenti, risalenti agli anni ’60, erano frammentarie e scarsamente documentate. E la ricostruzione attuale della collina, realizzata negli anni ’80, potrebbe non rispecchiare la forma originaria.

Una collina o un’illusione?
Gli archeologi del progetto Viking Nativity, guidati da Lars Gustavsen, si sono chiesti: Jellhaug è una vera tomba o solo una formazione naturale? Potrebbe trattarsi di una singola struttura artificiale oppure di un rialzo del terreno inglobante più piccoli tumuli antichi.
Per scoprirlo, il team ha avviato una campagna di indagini geofisiche con georadar a bassa frequenza, eseguite durante l’inverno, per ottenere una migliore penetrazione del segnale. Le linee di rilevamento, tracciate con corde a distanza regolare di un metro, hanno prodotto ben 80 profili radar estremamente dettagliati dell’intera struttura.

Una montagna costruita a strati
I dati radar sono stati integrati con 16 carotaggi profondi, che hanno fornito una quantità sorprendente di informazioni. Jellhaug non è affatto omogeneo: è composto da strati complessi di materiali diversi, probabilmente raccolti dal territorio circostante.
Grazie alle datazioni al radiocarbonio e a analisi micromorfologiche, i ricercatori hanno potuto collocare la costruzione del tumulo tra la tarda età delle migrazioni (350–650 d.C.) e il periodo merovingio (fino a 990 d.C.). Un intervallo ampio, ma sufficiente a suggerire che la sua edificazione sia contemporanea alla costruzione di alcuni grandi edifici abitativi ritrovati poco lontano.

Nessun corpo nella terra
Il dato più sconcertante, però, resta uno: nessun resto umano è stato identificato all’interno di Jellhaug.
Una caratteristica che lo accomuna ad altre colossali strutture nordiche, come Raknehaugen, i tumuli di Borre, o il misterioso Halvdanshaugen. Strutture monumentali, ma senza defunti. Cosa significano davvero questi tumuli?
L’assenza di sepolture apre una nuova ipotesi: che queste colline artificiali fossero altari, simboli di potere o centri rituali, più che vere e proprie tombe. «Forse dobbiamo riconsiderare del tutto la loro funzione», afferma Gustavsen.
Un paesaggio carico di significato
Il progetto Viking Nativity: Gjellestad Across Borders, con la collaborazione dell’archeologa Rebecca Cannell, sta cercando di mettere in relazione il tumulo, la nave e le tracce di insediamento circostanti.
Intorno a Jellhaug, infatti, gli archeologi hanno individuato almeno cinque grandi longhouse, tra cui una lunga 60 metri: una delle più estese dell’intera Scandinavia. Un segno evidente che la zona era un centro di potere e residenza d’élite nel primo Medioevo.
Misteri ancora da svelare
I dati raccolti sono ancora in fase di analisi, ma i ricercatori sperano presto di offrire una nuova lettura di Jellhaug, del suo rapporto con il paesaggio sacro di Gjellestad, e con le pratiche simboliche dei costruttori di tumuli.
Ma intanto, la domanda resta: che cos’era davvero Jellhaug? Una tomba senza morto? Un monumento all’idea stessa di potere? Un punto d’incontro tra il cielo e la terra?
Le risposte, forse, giacciono ancora silenziose sotto i suoi strati di terra.
Fonte: www.niku.no
La nave di Gjellestad, una scoperta che ha cambiato la storia
Nel 2018, la campagna agricola di un tranquillo campo nei pressi di Halden, nel sud della Norvegia, ha restituito una scoperta straordinaria: una nave vichinga sepolta sotto pochi decimetri di terra. A notarla non fu una pala meccanica, ma un georadar, durante una campagna sistematica condotta dal Norwegian Institute for Cultural Heritage Research (NIKU).
Il sito, noto come Gjellestad, si trova nella regione di Østfold, non lontano dalla costa sudorientale del Paese. Un tempo crocevia strategico tra mare e interno, oggi è un’area agricola apparentemente anonima. Eppure, le scansioni radar hanno rivelato un paesaggio carico di storia: case lunghe, tumuli, recinti rituali e, soprattutto, una nave lunga 20 metri.
L’imbarcazione, immediatamente ribattezzata la nave di Gjellestad, è stata interpretata come una tomba regale o aristocratica dell’epoca vichinga, collocabile tra la fine del VIII e l’inizio del X secolo. Anche se le strutture lignee erano molto degradate, l’impronta lasciata nel terreno era chiara: la chiglia, le paratie e perfino i chiodi in ferro erano ancora in loco.
Ma ciò che rende Gjellestad davvero eccezionale non è solo la nave. Intorno ad essa, gli archeologi hanno individuato un intero insediamento del primo Medioevo, con almeno cinque grandi longhouse, alcune lunghe oltre 60 metri, tra le più grandi conosciute in Scandinavia. Un dato che conferma come questo luogo fosse un centro di potere politico e religioso, probabilmente sede di una dinastia locale.
La scoperta ha avuto un impatto enorme sull’archeologia norvegese: era dal 1904, con il ritrovamento della nave di Oseberg, che non veniva identificata una nave funeraria vichinga in Norvegia. Gjellestad ha quindi offerto una finestra inedita sulle pratiche sepolcrali, il paesaggio sacro e l’organizzazione del potere nell’epoca dei vichinghi.
E ora, con la riscoperta del vicino tumulo di Jellhaug, il sito diventa ancora più enigmatico: due monumenti ciclopici, una nave e una collina artificiale, fianco a fianco in un paesaggio sacro, ma profondamente diversi nel loro significato.
