Archeologia a Roma. Bellissimi. Scoperti un altro mosaico di 1800 anni fa e oggetti di quotidiano amore per gli spiriti. Accanto alla via Appia. Cosa sono? Che strutture c’erano in questo punto?

Altri mosaici e oggetti – tra i quali una lucerna, un bruciaprofumi, una pedina per la dama, oltre ad elementi di decorazione architettonica – sono stati portati ora alla luce sulla via Appia, nell’ambito del progetto ECeC dell’Università di Ferrara, che da anni indaga sistematicamente il tratto compreso tra le Mura Aureliane e il fiume Almone. È in corso, infatti, la sesta campagna di scavi, a partire dal civico 39, della storica arteria romana, e gli archeologi hanno appena individuato un nuovo mosaico geometrico, il terzo di questa fase di ricerche.

Il mosaico, realizzato con tessere bianche e nere, è decorato con motivi geometrici sobri ma eleganti e sembra indicare l’esistenza di un’area d’accesso all’edificio che ospitava un’ ara funeraria, dedicata a un certo Caio Ofilio Ianuario. L’interpretazione proposta dal team di scavo suggerisce una trasformazione architettonica significativa: “A un certo punto – spiegano gli archeologi – per accedere all’edificio con l’ara era necessario passare per quest’area, la cui funzione non è ancora chiara. Questa trasformazione racconta e conferma una storia in continua evoluzione”.

L’altare e il nome: Caio Ofilio Ianuario

L’ara, ben conservata, riporta inciso il nome di Caius Ofilius Ianuarius, un uomo la cui identità, come spesso accade, ci è restituita solo da una manciata di lettere nella pietra. Ma ciò basta ad aprire uno squarcio sulla storia di una gens, quella degli Ofilii, documentata fin dall’epoca repubblicana, probabilmente di origine osca o sannitica. Alcuni membri della famiglia sono ricordati tra i protagonisti delle guerre sannitiche, come Ofilius Calavius, capo della fazione filoromana di Capua. Altri, come Aulo Ofilio, vissero nella Roma del I secolo a.C. e si distinsero nel campo della giurisprudenza, mantenendo rapporti con figure del calibro di Cesare e Cicerone.

Il cognomen Ianuarius, che rimanda al dio bifronte Giano e al mese di gennaio, è tipico di liberti o figli di liberti. Il fatto che questo nome compaia su un’ara collocata lungo l’Appia – “regina viarum”, luogo di sepoltura di personaggi eminenti – potrebbe indicare che Caio Ofilio Ianuario appartenesse a una famiglia di origine servile che aveva raggiunto un certo benessere e un riconoscimento sociale tale da potersi permettere una tomba in posizione prestigiosa. La possibilità che l’area mosaicata fungesse da atrio cerimoniale in funzione della tomba appare oggi come un’ipotesi concreta.

Un microcosmo di gesti, oggetti, memorie

I ritrovamenti di questi giorni, oltre al mosaico, arricchiscono ulteriormente il quadro:

  • Un piatto in sigillata con decorazione figurata: un cavaliere, forse uno dei Dioscuri, numi protettori del passaggio nell’aldilà;
  • Un bruciaprofumi, oggetto legato ai riti e agli aromi offerti ai defunti;
  • Una cornice in stucco finemente modellata, probabile parte di un apparato decorativo parietale;
  • Una pedina da dama in vetro, frammento di quotidianità e passatempo, forse portata nella tomba come oggetto caro;
  • Una colonnina in alabastro, elemento d’arredo, denso di eleganza e simbolismo;
  • Una lucerna, immancabile nei contesti funerari, simbolo di luce e speranza.

Questi oggetti parlano della commistione tra il sacro e il quotidiano, tra le esigenze rituali e le emozioni umane. Offerte, strumenti, segni di affetto o status sociale: ognuno di essi rappresenta un gesto, un pensiero, un legame tra chi è rimasto e chi è scomparso.

Le architetture dell’eternità

Dal punto di vista strutturale, gli archeologi hanno identificato vari colombari, ovvero edifici funerari per incinerazione, costruiti in opera cementizia con laterizi raffinati, in cui sono visibili le olle cinerarie incassate direttamente nei muri. Accanto a queste, si trovano anche arcosoli per la deposizione di corpi inumati, una convivenza tipica dei secoli in cui i modelli funerari si sovrapponevano, tra tradizione pagana e influenze cristiane.

L’intera area rappresenta un nodo archeologico e culturale straordinario: un paesaggio funerario suburbano dove si incrociano architettura, ritualità, trasformazioni urbanistiche e pratiche religiose. Qui, la morte non è solo fine ma anche memoria attiva, costruita, scolpita, percorsa.

Un progetto aperto alla città

La campagna di scavo non è confinata al solo ambito accademico. Al contrario, il progetto dell’Università di Ferrara si distingue per un approccio interdisciplinare e partecipativo: coinvolge archeologi, architetti, artisti, studenti, cittadini. Fa parte del PRIN PNRR “Culture, its perceptions”, e si propone di rendere accessibile e inclusivo il patrimonio archeologico, anche per bambini con disabilità percettive e cognitive.

Ogni settimana vengono organizzate visite guidate aperte al pubblico: un modo per ricucire il rapporto tra la città contemporanea e il suo sottosuolo, tra il vivere e il ricordare, tra le comunità di oggi e quelle che ci hanno preceduto. Per chi volesse seguirli, ecco il collegamento.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa