Archeologia. Calcio e campioni. E’ polemica. Gli archeologi scozzesi:”Il calcio l’abbiamo inventato noi, non gli inglesi. Ecco le prove”. Risponde (la) Roma: “Noi i primi. 2000 anni fa giocavamo l’harpastum”. Contesa archeologica senza Napoli, filo-inglese. Ecco cos’è stato scoperto

In Scozia trovano un campo di calcio che risale all’epoca – più o meno – di Shakespeare e, in poche ore, scoppia la polemica. Gli scozzesi dicono che l’archeologia – sorretta da testimonianze archivistiche cartacee – fornisce le prove che l’invenzione è loro. Gli inglesi insorgono. I napoletani, filo inglesi, a livello di storica fondazione del club si dicono latini e pertanto vorrebbero unirsi ai romani e ai laziali. Romani e italici – dicono simpaticamente gli archeologi italiani – hanno, di fatto, inventato o rilanciato l’harpastum, antenato del rugby e del calcio. Inglesi e scozzesi recuperarono la tradizione dalla Britannia romana”. Ergo. Roma, Roma.

Il calcio ha una patria? La domanda, apparentemente semplice, ha scatenato negli ultimi giorni un acceso dibattito tra Scozia e Inghilterra, i due principali contendenti della tradizione britannica. Tuttavia, un’antica ombra si allunga sull’isola: quella di Roma. Perché, mentre studiosi e archeologi discutono dell’origine moderna del football, si riaffaccia con prepotenza il ricordo dell’harpastum, il gioco con la palla praticato dalle legioni romane. Il calcio, dunque, potrebbe avere un’origine più antica e insospettata.

Il caso scozzese: il campo di Mossrobin

Nel 2024, una scoperta nel Kirkcudbrightshire, nel sud-ovest della Scozia, ha aperto le porte del caso, che è infiammato in querelle, in queste ore. Ged O’Brien, fondatore dello Scottish Football Museum, ha reso pubblica la notizia del ritrovamento di un campo che, secondo i ricercatori, veniva utilizzato per giocare a calcio già nel 1600. Le prove? Una lettera del pastore presbiteriano Samuel Rutherford, che si lamentava del gioco praticato in una radura chiamata Mossrobin, e 14 grandi pietre disposte a delimitare un rettangolo di 44×85 metri. Analisi stratigrafiche e campionamenti confermerebbero la datazione all’inizio del XVII secolo.

O’Brien è tranchant: “Non era un gioco caotico: avevano regole, avevano un campo, avevano un pallone. Avevano inventato il calcio”. Ma i britannici non ci stanno. Ed è evidente che è – pure – una questione culturale e politica.

La replica inglese: Sheffield e le regole del 1863

Secondo Steve Wood, fiduciario dello Sheffield Home of Football, è proprio l’Inghilterra la culla del calcio moderno. Qui, nel 1857, nacque lo Sheffield FC, la più antica squadra ancora in attività, e nel 1863 la Football Association definì le prime regole ufficiali. Tra queste, la proibizione del gioco con le mani (distinguendo così il football dal rugby), l’introduzione delle porte costituite da due pali e, qualche decennio dopo, l’aggiunta della traversa.

Per i difensori della tradizione inglese, i giochi scozzesi del Seicento non hanno alcuna continuità diretta col calcio moderno: troppo distanti nel tempo, troppo vaghi nelle regole.

E i romani? L’Harpastum e l’antico spirito del football

Ma chi pensa che la palla sia nata nei verdi prati britannici, ignora una tradizione ben più antica: quella dell’harpastum, una variante latina di un gioco greco chiamato episkyros. Praticato dai legionari romani già dal II secolo a.C., l’harpastum era un passatempo violento, strategico, e collettivo.

Etimologia: un gioco di rapina

Il termine harpastum deriva dal verbo greco harpázō (ἁρπάζω), che significa “afferrare con forza”, “rapire”. Il nome richiama la natura del gioco, che consisteva nel rubare la palla agli avversari e portarla oltre una determinata linea. Non si trattava di un gioco individuale: servivano rapidità, resistenza e gioco di squadra.

Come si giocava l’Harpastum?

Le fonti antiche, tra cui Marziale, Galeno e Sidonio Apollinare, ci offrono uno spaccato frammentario ma affascinante:

  • Si giocava su un campo rettangolare, delimitato da linee laterali e centrali;
  • Due squadre di pari numero si contendevano una palla più piccola di quella da calcio attuale;
  • Lo scopo era portare la palla oltre la linea di fondo avversaria;
  • Si poteva correre, passare, trattenere e spingere: la fisicità era parte integrante del gioco;
  • Era ammesso l’intervento difensivo diretto sul portatore di palla.

In sostanza, una via di mezzo tra rugby e football americano.

La rinascita moderna: come si gioca oggi

Oggi, l’harpastum viene praticato in rievocazioni storiche e da gruppi sportivi in Italia e all’estero. Le regole moderne, ispirate alle fonti classiche e adattate per la sicurezza dei giocatori, prevedono:

  • Campi rettangolari (circa 30×15 metri);
  • Squadre da 5 a 8 giocatori;
  • Contesa della palla a centrocampo;
  • L’obiettivo di superare la linea di fondo avversaria con la palla;
  • Il contatto fisico è limitato, ma ancora presente;
  • Il tempo di gioco varia dai 2 ai 3 tempi da 10-15 minuti.

Quando nascono le porte?

Nei giochi antichi – harpastum compreso – non esistevano porte vere e proprie. Le mete erano linee, aree simboliche o estremità del campo. Anche nei giochi medievali europei (come il calcio fiorentino o il mob football inglese), si segnava colpendo un muro, attraversando una piazza o raggiungendo un punto designato. Nessuna struttura fissa.

Le prime vere porte compaiono nel XVIII-XIX secolo in Inghilterra, nei college. Erano semplicemente due pali, distanti circa 7 metri, senza traversa. Solo nel 1882 viene introdotta la traversa rigida, dando forma alla porta moderna.

E perchè i napoletani stanno zitti?

La Scozia può vantare un campo seicentesco; l’Inghilterra ha codificato il gioco moderno; Roma ha offerto al mondo un archetipo strutturato e atletico. Ognuno di questi momenti storici ha contribuito a costruire l’identità del calcio come lo conosciamo oggi. Ah, dimenticavamo il calcio pre-colombiano. Nell’America del Sud già si giocava al pallone, c’erano stadi, tornei, tifosi. Insomma, il football sembra parte del corredo genetico più arcaico dell’umanità; quello che precede le emigrazioni. E a Napoli? Il calcio a Napoli affonda le sue radici nel 1904, quando l’inglese William Poths, impiegato presso la sede napoletana della Cunard Line, fondò il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima rappresentativa calcistica della città. Le prime partite si disputarono al “Campo di Bagnoli”. Nel 1922, il club si fuse con l’Unione Sportiva Internazionale Napoli, dando vita all’Internaples, che nel 1926 assunse il nome di Associazione Calcio Napoli. Nonostante la ricca storia della città, non esistono testimonianze documentate di giochi simili al calcio praticati nell’antichità a Napoli. La tradizione calcistica partenopea, quindi, ha origini relativamente recenti, ma ha rapidamente guadagnato un posto di rilievo nel panorama sportivo italiano.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa