
C’è qualcosa di fiabesco, in questo pertugio geometrico, alla base di un albero magico che distribuisce ghiande dalla sua folta chioma. Come nell’Acciarino magico, immagini che il soldato possa scendere lungo una scaletta per recuperare lo strumento fiabesco. Gli archeologi hanno rimosso quel terreno. E cos’hanno trovato?
Splendido. L’imbocco di una struttura con probabili origini sacre che conduce in profondità, nel terreno. Durante lo scavo è stato rimosso tutto il deposito di terra e sono stati trovati i gradini di pietra di una scala. Dirigendo lo sguardo in alto, ecco il soffitto che si alza come un cappello magico. Guardate le immagini, poco più sotto, in sequenza. La “finestrella”, all’inizio. Poi cosa emerge, togliendo il terreno. Poi cosa si vede, scavando. Le immagini sono state scattate dagli archeologi Progetto di ricerche e scavi nel sito archeologico di Sos Muros, a Buddusò (SS), organizzato dall’Università di Sassari e dal Comune di Buddusò.






La struttura era molto probabilmente un pozzo sacro. Poteva essere racchiuso in un tempio dove avvenivano cerimonie e offerte votive. Una scala conduceva alla profondità del pozzo, dove si poteva recuperare acqua anche durante la stagione secca.
Durante le piogge, invece il pozzo si riempiva fino ad esondare. In quel momento non c’era necessità d’acqua, come vediamo nell’immagine qui sotto, durante la piena. Dalla porticina esce l’acqua. Ma quando l’acqua calava, per la siccità, essa poteva essere inseguita, con le scale, scendendo nel fondo del pozzo.

“Il pozzo di Sos Muros è da sempre noto ai pastori come fonte, che veniva utilizzata per abbeverarsi e per tenere in fresco i contenitori del latte dopo la mungitura. – spiegano gli archeologi sardi – Fu visitata da Antonio Taramelli che nel 1919 pubblicò una breve notizia su di essa con un rilievo sommario, indicando la presenza dei resti di un vasto insediamento circostante. Il sito è stato oggetto di scavi clandestini, che lo hanno in parte danneggiato. Nel 2019 l’allora amministrazione comunale, con particolare interesse dell’assessore Tomaso Tuccone, finanziò un progetto di ricerca in collaborazione con l’Università di Sassari finalizzato allo scavo e alla valorizzazione del sito, progetto rifinanziato e portato avanti anche dall’amministrazione attuale”.
“Gli scavi hanno liberato la presunta fonte dal grande deposito di terra e pietre che interravano gran parte della superficie interna, scoprendo 6 gradini. – affermano gli archeologi degli Scavi a Sos Muros-Buddusò – Lo studio delle caratteristiche dell’edificio, scavato nel terreno fino a raggiungere la falda e con una struttura monumentale oggi purtroppo parzialmente perduta, ha dimostrato che si trattava di un pozzo sacro. Il pozzo fu svuotato e abbandonato già in antico, colmandosi di depositi di terra e pietrame di crollo delle parti esterne. Attualmente la falda risente delle stagioni più aride e il pozzo alterna periodi di riempimento a periodi di secca totale. Lo scavo è in concessione ministeriale al Dipartimento DUMAS dell’università di Sassari”.
I pozzi sacri della Sardegna: architettura, funzione e significato
L’architettura religiosa della Sardegna nuragica trova una delle sue massime espressioni nei pozzi sacri e nelle fonti sacre. Questi monumenti, tra i più elaborati dell’isola, testimoniano la centralità del culto delle acque nella cultura nuragica e rappresentano un esempio straordinario di ingegneria megalitica.
Struttura e architettura
Il cuore del tempio-sorgente era la sala con volta a tholos, costruita con la stessa tecnica impiegata per i nuraghi. Questa camera, spesso sotterranea, custodiva l’acqua sorgiva e veniva raggiunta attraverso una scala che collegava la sala all’atrium del tempio, solitamente posto al livello del suolo. Attorno all’atrio si disponevano piccoli altari in pietra, utilizzati per le offerte votive e le celebrazioni rituali legate al culto dell’acqua.
Un esempio straordinario di questa tipologia architettonica è il santuario nuragico di Santa Cristina, a Paulilatino, dove l’accuratezza della lavorazione dei blocchi di pietra calcarea o lavica ha portato inizialmente gli studiosi a datare la struttura tra l’VIII e il VI secolo a.C., in parallelo con l’architettura etrusca.


Tuttavia, ricerche più recenti hanno dimostrato che tali costruzioni risalgono a epoche molto anteriori, collocandosi nel Bronzo finale (circa 1200 a.C.), periodo di intensi scambi culturali tra i Nuragici e le civiltà micenee e cipriote.
Evoluzione e funzione
I pozzi sacri subiscono nel tempo un’evoluzione funzionale e strutturale. Costruiti presso sorgenti d’acqua, questi luoghi sacri attiravano pellegrini e favorivano la nascita di villaggi-santuario nei loro dintorni. Le capanne note come “sala del consiglio” spesso ospitavano depositi di bronzi e lingotti di piombo con segni incisi, probabilmente indicanti un valore economico o simbolico. Questi elementi fanno ipotizzare che tali strutture servissero da riserva collettiva o tesoro del tempio.
Alcuni santuari, come quello di Sedda ‘e Sos Carros a Oliena, mostrano un’evoluzione ancora più sofisticata dal punto di vista idraulico. Qui troviamo canalette piombate, vasche di raccolta e protomi taurine da cui fuoriusciva l’acqua calda in un bacile centrale, attorno al quale si svolgevano rituali purificatori.
Persistenza del culto e legame con il Cristianesimo
Le pratiche religiose legate ai pozzi sacri perdurarono per secoli, in alcuni casi fino all’epoca classica e oltre. Un esempio emblematico è il pozzo sacro di Predio Canopoli a Perfugas, scoperto nei giardini di una chiesa, segno di una continuità cultuale che si adattò alle nuove religioni.
Dai 63 siti identificati nella letteratura archeologica, si contano 53 pozzi sacri e 12 fonti sacre, confermando la maggiore diffusione del primo tipo. Inoltre, alcuni studiosi suggeriscono che i pozzi sardi fossero costruiti seguendo principi di archeoastronomia, sia per finalità rituali che per un razionale utilizzo delle risorse idriche.
I Templi a Mégaron
Oltre ai pozzi sacri, i Nuragici costruirono templi a mégaron, diffusi in varie zone dell’isola e anch’essi dedicati al culto delle acque salutari. Questi edifici rettilinei, con pareti laterali prolungate all’esterno, rievocano l’architettura preellenica e i palazzi micenei e cretesi. Alcuni studiosi ritengono che questi templi derivino da modelli costruttivi già in uso fin dall’Età del Rame.
I templi a mégaron erano spesso circondati da un temenos, un recinto sacro che delimitava lo spazio destinato ai riti, ai giochi sacri e al mercato. A differenza dei pozzi sacri, che necessitavano della presenza di una sorgente, i templi a mégaron potevano essere costruiti in qualsiasi luogo, poiché l’acqua veniva raccolta in vasche all’interno dell’edificio stesso.
Esempi di queste strutture includono il tempietto di Malchittu ad Arzachena e quello di Sa Carcaredda a Villagrande Strisaili, che presentano varianti architettoniche come l’abside o vani circolari. In alcuni casi, come nel sito di S’Arcu ‘e Is Forros, si trovano più edifici dello stesso tipo all’interno di un unico insediamento, spesso associati ai nuraghi.