Piatti impilati, brocche intatte, decorazioni blu e gialle, cielo e sole: il mistero del carico italiano affondato in Provenza nel Cinquecento. Stilisticamente rinviano al Quattrocento, ancora. Ma le mode ecclesiali sono lente a girare. A Roma dominava Michelangelo, a Venezia, Tiziano. Ed ecco, qui, in un punto distante, un colpo di vento; onde, marosi forse il carico scivola da un lato e fa sbandare la nave che imbarca acqua. A picco. A picco per 2500 metri.

È uno spettacolo ipnotico, quello che si mostra ora davanti alle telecamere sottomarine. C’è un’eco di grandi bellezze. I colori, le forme perfette. Un deposito intatto, addormentato da secoli sul fondo del Mediterraneo, che ci restituisce un pezzo di storia commerciale dell’Italia del Nord. E racconta l’incredibile fortuna – e la tragedia – di un viaggio interrotto.
Il fascino dell’abisso
Brocche, piatti, calderoni: tutto come allora, sul fondale della Francia meridionale
Nel tratto di mare tra Antibes e Saint-Raphaël, davanti alla Costa Azzurra, una ricognizione estiva del profondo compiuta dalla Marina militare francese ha portato alla luce un relitto sommerso, risalente con ogni probabilità alla metà del Cinquecento. Il suo carico ha dell’incredibile: un centinaio di piatti ancora impilati, più di duecento brocche, alcune con decori religiosi, e altri oggetti domestici tra i quali calderoni in ferro. Sembra un carico preciso, una sorta di donazione per un nuovo convento (francescano?) che forse doveva essere inaugurato nella zona. Le vie del Signore sono infinite, come la solidarietà. Così la nave muove forse da un porto italiano (Genova), dopo aver caricato stoviglie (di Savona e di Albisola?) per raggiungere con il suo carico la Francia del Sud. O così, almeno, pare.

I materiali ceramici sono in ottimo stato di conservazione e, a detta degli esperti consultati da Le Figaro, proverrebbero quasi certamente dall’Italia settentrionale, in particolare dalla Liguria.
Le prove sotto gli occhi
Colori, forme, lettere: la firma segreta delle fornaci liguri
A confermare la provenienza è la morfologia del vasellame, tipica delle produzioni liguri savonesi del XVI secolo. Le brocche hanno corpo panciuto, beccuccio marcato, una sola ansa, e sono decorate con blu cobalto su fondo bianco smaltato. Alcune recano sigle devozionali come “IHS” o lettere intrecciate, secondo un gusto tipico della ceramica religiosa prodotta nelle fornaci di Albisola, Savona e Genova.
I piatti, impilati ordinatamente, mostrano filetti concentrici blu e decori a bande, elementi comuni alle forniture da esportazione, spesso realizzate su larga scala per la vendita nei mercati di Provenza e Spagna.
Il carico ordinato
Come in magazzino: piatti e brocche sistemati per la traversata

Il modo in cui i materiali si sono conservati suggerisce che il carico fosse preparato con grande attenzione logistica, probabilmente imballato in casse o fardelli, poi trasportato via mare per raggiungere uno dei porti della costa francese. Si tratta di una vera e propria istantanea commerciale del XVI secolo, che testimonia le rotte mediterranee attive tra Italia e Francia nel cuore del Rinascimento.
La Liguria che navigava
Una piccola potenza della ceramica, in viaggio verso i mercati europei
Già dal Quattrocento, le fornaci di Savona e Albisola si erano affermate come poli di produzione specializzati in maiolica smaltata, destinata a esportazioni di massa. La colorazione blu cobalto, importata dal Medio Oriente ma adattata in chiave ligure, divenne marchio distintivo di queste botteghe. La forma standardizzata e la produzione seriale permettevano di soddisfare la crescente richiesta di stoviglie smaltate nel Sud della Francia.
I confronti museali
Uguali, identici, gemelli: ceramiche sorelle in musei italiani e relitti francesi
Reperti praticamente identici a quelli emersi dal relitto si trovano oggi:
- presso il Museo della Ceramica di Savona, che custodisce brocche e piatti simili per foggia, decoro e funzione;
- nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, che conserva un’ampia sezione dedicata alla produzione ligure;
- nei reperti del relitto del Grand Congloué, davanti a Marsiglia, dove furono trovate stoviglie analoghe, riconducibili alla stessa rete di commercio.
Il mistero di una tragedia
Cosa accadde alla nave? Un naufragio improvviso, forse durante una tempesta
Gli archeologi non escludono che la nave sia colata a picco per via di una tempesta o di un improvviso squilibrio del carico. Non sono stati finora rinvenuti resti umani, ma la presenza di un’ancora di legno e il buono stato degli oggetti suggerisce un affondamento improvviso, forse a nave ferma o vicina alla costa.
Il monogramma IHS e Bernardino da Siena: un segno di fede e comunicazione visiva nel Rinascimento
Simbolo, devozione e propaganda spirituale: il ruolo del monogramma IHS nella predicazione di Bernardino da Siena

Significato: IHS è una sigla sacra che rappresenta il nome di Gesù in greco antico. Le lettere sono le prime tre lettere del nome di Gesù (ΙΗΣΟΥΣ, Iesous). Origine: questo simbolo è stato ampiamente utilizzato nel cristianesimo fin dai primi secoli. Varianti: a volte la “H” è rappresentata con una croce che attraversa la sua barra orizzontale, come si vede nell’immagine. Uso: Il monogramma IHS si trova spesso in contesti religiosi, come ornamenti liturgici, paramenti sacri, architettura ecclesiastica e arte sacra.
Nel vasto panorama dei simboli cristiani, il monogramma IHS occupa un posto particolare, quasi magnetico. Nato come abbreviazione del nome di Gesù, questo semplice ma potente intreccio di lettere divenne uno degli emblemi più efficaci di comunicazione visiva religiosa nella prima età moderna, soprattutto grazie all’opera instancabile di Bernardino da Siena (1380-1444). La sua funzione andò ben oltre il mero valore devozionale: assunse una dimensione pedagogica, spirituale e propagandistica, diventando uno dei pilastri iconografici della Controriforma ante litteram.
Origini e significato del monogramma IHS
Il monogramma IHS trae origine dalla traslitterazione in lettere latine del nome greco di Gesù (ΙΗΣΟΥΣ, Iēsous). Le prime tre lettere – iota (Ι), eta (Η) e sigma (Σ) – furono riportate nella forma latina come IHS o JHS, con variazioni minori nel corso dei secoli. Sin dai primi secoli cristiani, questa abbreviazione fu utilizzata per indicare il nome sacro di Gesù, come una sorta di sigillo mistico e un richiamo diretto alla divinità del Salvatore.
Durante il Medioevo, il monogramma si diffuse soprattutto nei manoscritti liturgici e nelle opere devozionali, ma era ancora poco conosciuto al grande pubblico, soprattutto tra le masse meno colte. La sua funzione di simbolo teologico, pur solida, era quindi limitata a contesti specialistici o ecclesiastici.
Bernardino da Siena: predicatore e innovatore della comunicazione religiosa
Bernardino da Siena, frate francescano e predicatore carismatico, comprese presto il potenziale comunicativo del monogramma IHS come strumento per radicare nella coscienza popolare la centralità della figura di Cristo. Nel corso delle sue numerosissime prediche, spesso rivolte a un pubblico eterogeneo di fedeli e non, egli promosse l’uso di questo simbolo come veicolo di fede e di richiamo morale.
La sua innovazione fu duplice: da un lato, elevò il monogramma a elemento iconografico da esporre pubblicamente; dall’altro, lo associò a un programma etico ben preciso, fondato sulla riconciliazione, la pietà e il rifiuto delle superstizioni.
Non a caso, Bernardino commissionò la realizzazione di tavolette e stendardi con il monogramma IHS, che venivano esposti durante le sue prediche nelle piazze italiane, dalla Lombardia alla Toscana, fino al Regno di Napoli. L’uso del monogramma diventò così uno strumento efficace per radunare e unire i fedeli attorno al messaggio cristocentrico.
Funzione del monogramma IHS nella predicazione e nella società
Il valore del monogramma IHS nella predicazione bernardiniana non fu solo religioso, ma anche fortemente comunicativo e sociale. Eccone alcune funzioni principali:
- Simbolo identitario e di unità cristiana
Il monogramma serviva a richiamare all’unità della fede e al richiamo al nome di Gesù come centro della vita cristiana. Era un emblema immediatamente riconoscibile, capace di unire diverse fasce sociali sotto un’identità religiosa condivisa. - Strumento pedagogico
In un’epoca in cui la maggioranza della popolazione era analfabeta, l’immagine e il simbolo avevano un potere comunicativo superiore alle parole scritte. Il monogramma IHS divenne un modo semplice e immediato per diffondere un messaggio cristiano universale, incorniciato nelle parole di Bernardino. - Elemento di propaganda morale
Bernardino usava il monogramma anche per denunciare vizî e superstizioni, ponendo Gesù al centro di una riforma interiore che doveva riflettersi nel comportamento quotidiano. Il simbolo era un monito, un invito alla conversione e alla purificazione spirituale. - Segno di protezione e di presenza sacra
Nelle piazze e nelle case, il monogramma veniva spesso affisso come segno di protezione contro le forze del male e di benedizione divina. La sua diffusione fu così rapida che, ancor prima della Controriforma ufficiale, era già parte integrante dell’immaginario religioso popolare.
Impatto duraturo: dal Rinascimento alla Controriforma
Il successo della promozione del monogramma IHS da parte di Bernardino da Siena fu tale che, dopo la sua morte, il simbolo divenne un emblema ufficiale dell’Ordine dei Gesuiti, fondato nel 1540, i cui membri ne fecero il proprio segno distintivo. La Compagnia di Gesù contribuì così a consolidarne la fama come simbolo universale del nome di Gesù, simbolo di autorità spirituale e di rigore morale.
Nel corso del Cinquecento, con l’avvento della Controriforma, il monogramma IHS fu protagonista di una vasta ristrutturazione iconografica e devozionale, utilizzato per affreschi, sculture, medaglie, e paramenti liturgici, confermando la sua efficacia comunicativa e spirituale.
Due mondi francescani contigui. E l’His è fondamentale
Tra Francia meridionale e Liguria: affinità geografiche e culturali
Genova, con il suo ruolo di repubblica marinara, era tradizionalmente proiettata sul Mediterraneo e intratteneva rapporti commerciali, politici e culturali continui con la Francia del Sud, in particolare con la Provenza e il Delfinato. In questo spazio transfrontaliero, la presenza francescana era forte e diffusa sia nelle aree urbane che rurali, e molte comunità condivisero predicatori, iniziative riformatrici e influenze spirituali.
Durante il XV secolo, la spinta osservante (cioè il movimento per un ritorno alla povertà originaria di san Francesco) si sviluppò sia in Francia che in Italia. La Provincia francescana di Genova era una delle più attive nel promuovere l’Osservanza, in collegamento con i centri riformatori italiani, come Firenze, Milano e Assisi. Allo stesso modo, anche in Francia si affermarono numerose case osservanti, grazie al sostegno di figure carismatiche e di sovrani che favorivano l’ascesa di una spiritualità più austera e popolare.
Le vie francescane tra Genova e la Francia meridionale erano percorse da predicatori, missionari, riformatori, e spesso anche da commissari apostolici inviati per promuovere l’unità e la riforma dell’Ordine. Alcuni documenti attestano la presenza di frati genovesi in conventi francesi e viceversa, specialmente nei capitoli generali e nei capitoli osservanti, che si tenevano in sedi diverse dell’Europa occidentale.
L’Osservanza francescana come spazio comune
Una rete transalpina tra riforma, predicazione e penitenza
La spinta dell’Osservanza divenne il più importante ponte tra Genova e la Francia. Il movimento osservante, con la sua enfasi sulla predicazione, la penitenza pubblica, il rigore morale e la povertà, creava solidarietà spirituali e reti istituzionali che travalicavano i confini statali e linguistici.
Bernardino da Siena (propugnatore del monogramma IHS) e Giovanni da Capestrano, fra i massimi promotori dell’Osservanza in Italia, esercitarono una forte influenza anche in Francia: i loro scritti e i loro discepoli furono letti e imitati a Marsiglia, Arles, Lione, Tolosa. I seguaci francesi di Bernardino entrarono in contatto con frati genovesi durante i capitoli osservanti o nei momenti di conflitto con i Conventuali.