Archeologia. Donna coperta da catene in una tomba del V secolo. Chi era? Perché schiacciata dagli anelli di ferro della punizione? Era forte come Ercole? Uno studio rivela tanti misteri

Ciò che resta sono catene. Tante catene, ferri insopportabili che dovevano gravare sul suo corpo. Qual era la sua colpa? Tentò di spezzare le catene delle proprie pulsioni? Un nuovo studio fa luce su una particolare sepoltura.

Una recente indagine archeologica nei pressi di Gerusalemme ha messo in discussione le conoscenze consolidate sull’ascetismo nel periodo bizantino. Un gruppo di studiosi del Weizmann Institute of Science e dell’Israel Antiquities Authority ha rinvenuto i resti di una donna in una tomba ascetica, tradizionalmente legata agli uomini, suscitando nuove riflessioni sul ruolo femminile nelle pratiche religiose più estreme del V secolo d.C. Erano forse forme di espiazione estrema dopo un ravvedimento? Modalità per compensare, di fronte a Dio, il comportamento dissoluto dell’umanità? Certo il distacco dal mondo della carne, per quanto violento ed estremo – con un eroismo erculeo – rappresentava, sotto il profilo culturale un percorso che sollevava interrogativi di rilievo nella stessa umanità, nel suo percorso di progressivo distacco dalle radici bestiali.

Nel corso degli scavi nel sito di Khirbat el-Masani, un antico monastero risalente ai secoli IV-VII, sono emerse diverse sepolture. Tra queste, una ha attirato particolarmente l’attenzione degli archeologi: il corpo di un individuo avvolto in catene, una pratica penitenziale che rappresentava, in modo estremo, il distacco dal mondo terreno e la mortificazione fisica. Secondo quanto riportato da Paula Kotli e David Mongenstern nella Rivista di Scienze Archeologiche: Rapporti (Volume 62, aprile 2025), tale pratica era generalmente attribuita agli uomini eremiti, portando inizialmente i ricercatori a ritenere che i resti appartenessero a un uomo. Tuttavia, pur a fronte della scarsa conservazione dello scheletro, gli studiosi sono riusciti a raccogliere informazioni, analizzandone i denti e stabilendo che era di una donna.

Per superare questo ostacolo, gli studiosi hanno impiegato una tecnica innovativa: la proteomica dello smalto dentale. Esaminando le proteine presenti nello smalto, in particolare l’amelogenina, che differisce tra i cromosomi X e Y, gli scienziati hanno individuato l’assenza della variante maschile (AmelY), confermando in modo inequivocabile che il defunto fosse una donna. Questo risultato, come sottolineano Kotli e Mongenstern nel loro studio, mette in discussione l’idea diffusa che solo gli uomini praticassero forme estreme di ascetismo, come l’uso delle catene per limitare i movimenti.

Sebbene siano noti esempi di donne appartenenti all’aristocrazia che fondarono monasteri e seguirono una vita religiosa rigorosa, il ritrovamento di una donna che spinse la propria dedizione fino alla mortificazione del corpo è senza precedenti in ambito archeologico. Fonti storiche parlano di figure femminili del cristianesimo primitivo, come Melania la Giovane, che vissero in condizioni di isolamento e praticavano il digiuno e la preghiera, ma fino ad oggi mancavano prove materiali di donne coinvolte nelle forme più severe di penitenza.

Il monastero di Khirbat el-Masani si trovava in una posizione strategica lungo le rotte del pellegrinaggio cristiano verso Gerusalemme, che in epoca bizantina divenne un importante centro spirituale. I monasteri non erano solo luoghi di preghiera, ma anche rifugi per viaggiatori devoti e centri di formazione religiosa. La scoperta di una donna ascetica in questo contesto suggerisce che la partecipazione femminile alla vita monastica potrebbe essere stata più intensa e severa di quanto ritenuto fino ad ora.

Questa rivelazione non solo ridefinisce il ruolo delle donne nell’ascetismo monastico, ma evidenzia anche il contributo delle nuove tecnologie alla ricerca archeologica. L’applicazione della proteomica dello smalto dentale, come evidenziato dagli autori dello studio, offre un metodo innovativo per determinare il sesso degli individui in contesti archeologici, specialmente quando le ossa risultano troppo compromesse per essere analizzate con i metodi tradizionali.

Gli studiosi sono convinti che questo ritrovamento sia solo l’inizio di una revisione più ampia dell’ascetismo femminile in epoca bizantina. Le ricerche future potrebbero portare alla luce ulteriori casi di donne che, contrariamente a quanto si pensava, praticavano forme di devozione estrema analoghe a quelle maschili. Grazie ai progressi nelle tecniche di analisi scientifica, il passato continua a rivelare aspetti inediti e affascinanti della storia umana.

Ascetismo cristiano e il corpo come prigione dell’anima

L’ascetismo cristiano nasce come un’esigenza radicale di liberazione spirituale, un cammino che attraversa la storia della religiosità occidentale con l’obiettivo di trascendere la dimensione corporea, vista come un limite, una catena da spezzare, un fardello da cui emanciparsi. Fin dai primi secoli della cristianità, i Padri del Deserto, gli eremiti e i monaci concepirono l’esistenza terrena come un campo di battaglia tra lo spirito e la carne, tra la volontà dell’uomo di elevarsi verso Dio e il peso della propria natura materiale.

Il corpo come prigione e fonte di schiavitù

L’idea che il corpo sia un ostacolo alla salvezza dell’anima affonda le sue radici nella tradizione biblica e nell’influenza del pensiero platonico e neoplatonico. San Paolo, nella sua Lettera ai Romani, descrive la condizione umana come una lotta interiore tra la legge dello spirito e quella della carne: “Io vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato” (Rm 7,23). La carne, associata alla corruzione e alla caducità, diventa quindi il simbolo della fragilità umana, della sua inclinazione al peccato e della necessità di una disciplina severa per non soccombere ai suoi richiami.

Questo concetto fu approfondito dai monaci del deserto, come Sant’Antonio Abate e San Pacomio, che si ritirarono dalla società per dedicarsi alla mortificazione del corpo attraverso il digiuno, la veglia e la solitudine. L’idea era che, negando le esigenze corporee, l’anima potesse affinarsi, liberarsi dai vincoli della carne e avvicinarsi a Dio. Il corpo veniva così concepito come una bestia da domare, una fonte di tentazione da ridurre al silenzio.

La lotta contro l’animalità dell’uomo

Un altro tema centrale nell’ascetismo cristiano è la negazione dell’animalità dell’uomo. La carne, con i suoi istinti primordiali, viene vista come un retaggio della natura inferiore che va trasceso attraverso la disciplina e la preghiera. Questo spiega il rigore con cui i santi e gli anacoreti praticavano forme estreme di penitenza, come il cilicio, le autoflagellazioni e la rinuncia totale ai piaceri sensibili.

Nel Medioevo, figure come San Francesco d’Assisi e San Benedetto da Norcia predicarono una visione dell’ascetismo che, pur non rinnegando il valore della creazione divina, poneva la sottomissione del corpo come una condizione imprescindibile per la vita spirituale. Francesco chiamava il suo corpo “Frate Asino”, espressione che evidenziava l’idea di una creatura testarda e pesante, da educare con la fatica e la rinuncia.

Il superamento del corpo e la contemplazione mistica

Se la mortificazione fisica è un elemento fondamentale dell’ascetismo, il suo scopo ultimo non è la sofferenza fine a sé stessa, ma la liberazione dello spirito per entrare in comunione con il divino. In figure come Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce, l’ascetismo si unisce alla mistica: il corpo viene trasceso non solo attraverso la penitenza, ma anche mediante stati estatici in cui l’anima sperimenta un’unione profonda con Dio.

In questa prospettiva, il corpo diventa quasi un involucro che, sebbene non possa essere del tutto eliminato in vita, può essere dominato e trasformato in un mezzo per la perfezione spirituale. L’asceta cristiano non odia il corpo in sé, ma ne teme la potenza corruttiva e cerca di renderlo strumento docile alla volontà di Dio.

Condividi l'articolo su:
Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz