Passava sotto una strada? Era un elemento di servizio di una struttura? Gli archeologi, che stanno scavando in previsione della realizzazione di una foresteria per studenti universitari, si sono bloccati, arirvando a questo strato. Ceramiche e oggetti romani. Poi una bocca nera. Cos’era?

Nel cuore della vivace e universitaria Lovanio, tra le pietre squadrate della Brusselsestraat, le stratificazioni del tempo hanno restituito oggetti dell’antichità. Una conduttura idrica di epoca romana, interamente in legno e in uno stato di conservazione straordinario, è venuta alla luce durante i lavori per la realizzazione di una nuova residenza studentesca. Un evento definito dagli archeologi “unico”, tanto per le sue condizioni materiali quanto per le implicazioni storiche che solleva.
Una scoperta inattesa al crocevia romano
È nel quartiere noto come “de Blauwe Hoek” che l’équipe archeologica, incaricata di accompagnare ogni fase degli scavi edilizi come previsto dalla legislazione fiamminga in materia di tutela del patrimonio, ha intercettato quella che si rivelerà una delle più significative testimonianze di infrastruttura romana nel Brabante fiammingo.

“Durante le fasi preliminari avevamo già intercettato uno strato culturale romano, al di sotto di antichi depositi fluviali,” spiega Ben Van Genechten, responsabile scientifico dello scavo. “Al di sotto, un secondo livello romano ci ha restituito frammenti di tegole e ceramica. Ma è stato tra vecchi canali interrati che abbiamo avvistato qualcosa d’insolito: un tronco d’albero perfettamente sagomato.”
Inizialmente, l’oggetto non destava sospetti. Solo l’emergere di ulteriori tronchi, allineati e scolpiti, ha acceso la comprensione: si trattava di una conduttura idrica, realizzata scavando il cuore di alberi interi e connettendoli in sequenza per far scorrere l’acqua.
Il legno che sfida i secoli
A rendere il ritrovamento ancor più stupefacente è lo stato di conservazione del materiale ligneo. Secco, fragile e putrescibile per natura, il legno attraversa i millenni solo in condizioni eccezionali: ovvero, se immerso in ambienti anossici e saturi d’acqua, che lo proteggono dalla decomposizione. Ed è esattamente ciò che è accaduto nel sottosuolo di Lovanio. Il legno della conduttura non era mai stato esposto all’aria dal giorno in cui vi fu interrato, probabilmente più di 1700 anni fa.
“È raro, rarissimo, che un’infrastruttura così antica arrivi a noi in queste condizioni,” afferma Dirk Vansina, assessore al patrimonio della città. “Ma ora che il manufatto è riemerso, bisogna agire in fretta: l’esposizione all’ossigeno atmosferico rischia di comprometterne la struttura.” Per questo motivo, la condotta è stata prontamente trasportata in un deposito climatizzato, dove verrà sottoposta a interventi di conservazione e analisi.
Un tessuto urbano romano riemerge
La presenza di una conduttura idrica in legno, lungi dall’essere un semplice dato tecnico, apre una finestra preziosa sulla geografia e sull’estensione dell’insediamento romano a Lovanio. La Brusselsestraat, oggi una delle arterie centrali della città, appare così confermarsi come uno snodo viario già in età romana. La densità e la qualità delle scoperte — non più solo frammenti erratici, ma una vera opera pubblica — suggeriscono la presenza nelle vicinanze di un centro abitato organizzato, dotato di una rete idrica autonoma.
“Per costruire una condotta d’acqua, serve una comunità stabile, con bisogni idrici costanti,” sottolinea Van Genechten. “Questo ci permette di ipotizzare l’esistenza di un vicus, o persino di una piccola mansio, legata a un nodo stradale.” Lo studio degli anelli annuali del legno — la dendrocronologia — permetterà a breve di assegnare una datazione precisa al manufatto. In parallelo, i reperti ceramici rinvenuti nello stesso contesto stratigrafico forniranno un inquadramento cronologico e culturale complementare.
Tecnologia e ingegno idraulico dei Romani
L’uso di condutture lignee nella distribuzione dell’acqua non era raro nell’Impero romano, specialmente nelle regioni del nord, dove l’abbondanza di foreste rendeva il legno facilmente reperibile. Se le città più grandi, come Lione o Treviri, potevano contare su acquedotti in pietra o piombo, nelle aree periferiche l’ingegneria si adattava alle risorse disponibili. I tronchi venivano svuotati con precisione per ottenere lunghi tubi, talvolta resi più impermeabili mediante pece o altre sostanze organiche.
In contesti come quello di Lovanio, l’impiego di questo tipo di infrastrutture indica non solo una conoscenza tecnica raffinata, ma anche una capacità di pianificazione urbana e di gestione delle risorse. La condotta scoperta serviva probabilmente a convogliare acqua potabile da una fonte naturale — una sorgente o un corso d’acqua — a un’area abitata, forse connessa a una stazione di posta o a un piccolo insediamento mercantile.
Il rispetto per le generazioni future
Sebbene il ritrovamento inviti a proseguire gli scavi, la normativa vigente impone un principio di conservazione passiva: “non è permesso cercare oltre i limiti stabiliti per i lavori di costruzione.” Una scelta, spiegano le autorità, volta a tutelare il patrimonio per le generazioni a venire, che potranno un giorno riscoprire e reinterpretare il sito con tecnologie ancora più avanzate.
Una memoria nel sottosuolo, un futuro sulla superficie
Il destino della condotta idrica è ora affidato ai restauratori, mentre la costruzione della nuova residenza per studenti prosegue. L’edificio, previsto per l’anno accademico 2026-2027, sarà un ponte ideale tra passato e presente: il tetto a punta richiamerà la tradizione urbana fiamminga, mentre le sue fondamenta si adagiano su un’antica arteria della civiltà romana.
E forse, nelle sere di settembre, quando i nuovi residenti attraverseranno l’atrio, qualcuno di loro ricorderà che sotto i loro piedi correva l’acqua romana. Un’acqua che, in silenzio, ha attraversato i secoli, per raccontare — oggi — una storia di legno, di ingegno e di resilienza.
Condutture lignee nel mondo antico
L’uso di tronchi d’albero scavati per il trasporto dell’acqua è una tecnologia che risale almeno all’età del ferro, largamente documentata in ambienti celti, etruschi e in altri contesti protostorici europei. Questa tecnica prevedeva la foratura longitudinale di grossi tronchi, spesso di quercia o di pino, per formare tubazioni continue. I tronchi venivano poi giuntati a tenuta tramite incastri, catramature o giunti metallici.
In epoca romana
Anche in epoca romana, soprattutto in ambiti rustici o in regioni periferiche dell’Impero, l’impiego di condutture in legno non scomparve del tutto, pur convivendo con soluzioni più avanzate come:
- tubi in piombo (fistulae plumbae),
- condotte in terracotta (tubi fictiles),
- canali in muratura con volta a botte per gli acquedotti maggiori.
Le condutture lignee erano più economiche e facili da realizzare con materiali locali, dunque venivano utilizzate per brevi tratti, per derivazioni minori, per impianti agricoli (irrigazione o drenaggio) e talvolta per condotte temporanee in cantieri.
Testimonianze archeologiche
Ecco alcuni esempi documentati:
1. Vindonissa (Svizzera)
Presso il campo legionario romano di Vindonissa (odierna Windisch), è stata rinvenuta una tubazione in legno perfettamente conservata, databile al I secolo d.C., realizzata in tronchi di pino o abete scavati, collegati tra loro da manicotti in legno.
2. Augusta Raurica (Basilea)
Un altro ritrovamento, sempre in territorio svizzero, riguarda una conduttura in legno lunga circa 30 metri, facente parte di un impianto termale. È probabile che servisse per l’adduzione di acqua calda o fredda.
3. Regno Unito (Londra, Bath)
Numerose condutture lignee sono state trovate a Londinium (Londra) e Aquae Sulis (Bath), associate ad ambienti termali e abitazioni private. In particolare, nella Londra romana del II secolo, molte case erano dotate di condutture in legno che integravano o sostituivano tubature in piombo.
Aspetti tecnici
- Materiale: venivano scelti legni resinosi o resistenti all’umidità (pino, larice, quercia).
- Tecnica: il tronco veniva forato per tutta la sua lunghezza con trapani ad arco o a manovella, spesso da entrambi i lati per facilitare il lavoro.
- Collegamento: si usavano innesti a bicchiere o giunti metallici. Per evitare perdite, i giunti potevano essere sigillati con catrame, bitume o resina.
Perché usarle?
- Costo: il legno era più economico rispetto al piombo.
- Disponibilità: il legno era spesso reperibile localmente.
- Rapidità d’installazione: utile in ambienti temporanei o cantieri.
- Ambienti periferici: in aree meno urbanizzate, dove mancavano infrastrutture complesse.
Limiti
- Durabilità: il legno si degrada più facilmente, soprattutto in ambienti umidi.
- Perdite: maggiore rischio di infiltrazioni.
- Pressione: resiste meno a pressioni elevate rispetto al piombo o alla terracotta.
Considerazioni conclusive
L’utilizzo di condutture scavate nei tronchi non è propriamente “tipico” dell’architettura urbana monumentale romana (come gli acquedotti di Roma, che erano costruiti in muratura con rivestimenti in cocciopesto o piombo), ma rappresenta una componente pragmatica e adattiva del sistema idraulico romano. Si tratta di una tecnologia “minore”, che però dimostra la varietà e la flessibilità dell’ingegneria romana a seconda dei contesti geografici e funzionali.
Lovanio in epoca romana: alle origini di una città fiamminga
Sebbene la Lovanio medievale sia più nota per la sua università fondata nel XV secolo, le origini della città affondano le radici in epoca romana, quando la regione che oggi corrisponde al Brabante fiammingo faceva parte della provincia della Gallia Belgica. In quel periodo, l’area su cui sorge l’attuale Leuven non era ancora un vero e proprio centro urbano, ma era attraversata da importanti assi viari romani, lungo i quali si sviluppavano villae rusticae, piccoli nuclei agricoli e avamposti militari o commerciali.
Il sito dove oggi sorge Lovanio si trovava vicino alla confluenza del fiume Dijle con alcuni affluenti minori, in una posizione favorevole al controllo del territorio e dei commerci locali. Anche se non vi è prova dell’esistenza di una città vera e propria in epoca romana, scavi archeologici effettuati a partire dal XX secolo — e in particolare durante lavori edilizi nel centro storico — hanno portato alla luce tracce significative di presenza romana: frammenti di ceramica, resti di edifici, strutture di canalizzazione e monete. Tali ritrovamenti suggeriscono che l’area fu abitata continuativamente già dal I secolo d.C.
La regione era interessata dal passaggio di una strada secondaria che collegava le più importanti città romane del Belgio, come Tongeren (Atuatuca Tungrorum) e Bavay (Bagacum Nerviorum). Lungo questo asse sorgevano insediamenti rurali dotati di tutte le strutture caratteristiche della colonizzazione romana: forni, magazzini, pozzi e sistemi di riscaldamento, che testimoniano un certo grado di romanizzazione.
Importante è anche la scoperta di necropoli in prossimità del centro odierno, con tombe a incinerazione e a inumazione, che indicano un’evoluzione nella cultura funeraria locale e riflettono l’influsso delle pratiche romane tra le popolazioni gallo-germaniche. A partire dal III secolo d.C., in un contesto segnato dalle prime incursioni germaniche, molti insediamenti si ritrassero in aree più difendibili: potrebbe essere in questo periodo che si pongono le basi della futura Lovaniacum, termine con cui alcune fonti medievali designano il villaggio preromano o tardo-antico da cui evolverà la città.