Archeologia. Gemma incisa scoperta ora nel forte dei Romani. Era di un legionario. Cosa rappresenta? Perché un’immagine ambigua? A cosa serviva questo oggetto? Rispondono gli archeologi

È minuscola, ma carica di enigmi e di storia. Una gemma intagliata in pietra dura rossa – forse diaspro – emersa ieri mattina dalle profondità umide di Vindolanda, antico forte romano ai piedi del Vallo di Adriano. Incastonata un tempo in un anello e usata come sigillo personale, reca il profilo di un volto maschile con elmo crestato. Uno di quei ritrovamenti che parlano con voce silenziosa, ma che aprono spiragli inattesi su ciò che i romani pensavano, temevano e veneravano ai confini dell’Impero.

E’ assai probabile che l’anello inciso appartenesse a un cavaliere o a un militare di rango elevato. Qui a Vindolanda erano presenti sia la fanteria che la cavalleria

Il volto inciso, dal taglio classico, indossa un elmo, con cresta arcuata e visiera fissa: un tipo non comune tra gli equipaggiamenti in uso nelle legioni imperiali, che preferivano caschi segmentati, calotte lisce e guanciali mobili. Questo elmo, invece, parla la lingua delle statue greche, dell’arte ideale, dei miti guerrieri.

Chi è dunque l’uomo inciso su questa pietra dura, rossastra come la guerra? Due le ipotesi. La prima porta a Marte, il dio della guerra, il protettore dei soldati, spesso raffigurato con tratti idealizzati, giovane e severo, con lo sguardo puntato all’orizzonte della battaglia.

Raffronto iconografico, compiuto dagli studiosi di Stile arte, tra la gemma incisa di Vindolanda e la statua di Marte Ultore, cioè vendicatore

La seconda è più sottile, e affonda nelle stratificazioni religiose del mondo romano: potrebbe trattarsi di Giano, oppure di una sintesi fra Giano e Marte, un ibrido concettuale che parlava ai militari con un linguaggio di soglie, di inizio e di fine, di passaggi da attraversare in armi.

Un volto per due dèi

Marte, nelle sue raffigurazioni ufficiali – specie nel caso di Marte Ultore, cioè vendicatore -, appare spesso con un elmo simile a quello della gemma di Vindolanda. Ma questo tipo specifico di elmo – lungo, simmetrico, con la cresta che si curva come una fiamma di bronzo – è più prossimo al copricapo dei guerrieri greci, e in epoca romana diventa un’icona atemporale della forza, del coraggio e della disciplina.

Raffronto tra la gemma e l’iconografia di Giano, presente, in questo caso, in una moneta romana. Il raffronto è stato compiuto da Stile arte. E’ evidente che la parte posteriore della testa, nell’incisione su pietra dura, venne lasciato ambiguo., affinché indichi un secondo volto. In molti casi erano i committenti dell’incisione o dell’anello a indicare un disegno o a scegliere uno, in bottega. Gli anelli personali dovevano distinguersi da tutti gli altri, presentando immagini ambigue che avrebbero permesso un’identificazione certa del mittente da parte del destinatario. Il disegno era una sorta di password

E qui entra in scena Giano, il dio delle porte e dei passaggi, l’antichissima divinità italica a cui spettava aprire le porte della guerra. La tradizione romana gli attribuiva due volti – uno rivolto al passato, l’altro al futuro – ma non sempre la sua immagine era bifronte: spesso bastava un solo volto, se accompagnato dai giusti simboli. Giano era il custode delle soglie, e Vindolanda, più di ogni altro luogo, era una soglia: tra civiltà e barbarie, tra Impero e ignoto, tra l’ordine e il caos del confine settentrionale.

In alcune raffigurazioni, in particolare nei rituali dei Salii, antichi sacerdoti di Marte, Giano e il dio della guerra appaiono in stretta connessione. Il primo apre, il secondo agisce. Il primo custodisce il tempo, il secondo lo riempie con il clangore delle armi. In questo senso, la gemma di Vindolanda potrebbe essere un oggetto liminale, nato per accompagnare chi lo portava attraverso le soglie del tempo, della violenza, della vita militare.

Un oggetto personale o rituale?

Non sappiamo a chi appartenesse. Forse a un ufficiale del forte. In molti casi, queste gemme venivano montate su anelli in bronzo o in ferro, sigilli personali ma anche strumenti di protezione simbolica.

Non è escluso che la gemma sia stata deposta intenzionalmente, come offerta, in un contesto votivo interno al forte. Ma potrebbe anche essere andata perduta, sfuggita da un dito o da una borsa, rimasta nel fango per quasi due millenni.

Vindolanda, custode di vite dimenticate

Il forte romano di Vindolanda continua, anno dopo anno, a raccontare la vita quotidiana ai margini dell’Impero. Le tavolette scritte, i frammenti di calzature, le ossa di piccoli animali, i resti di edifici lignei immersi nella torba: tutto parla della resistenza silenziosa di uomini e donne che abitavano questo confine, non solo in armi ma anche in spirito.

La gemma appena ritrovata si aggiunge a questo racconto con discrezione, ma anche con una forza simbolica notevole. Perché rappresenta l’ideale romano della guerra, certo, ma anche la soglia: tra divino e umano, tra tempo e eternità, tra Marte che combatte e Giano che osserva.

Uno sguardo inciso nella pietra che ha ancora molto da raccontare.

Giano e Marte avevano un rapporto complesso e legato alle origini del calendario romano e alle funzioni divine che si svolgevano.. Giano, dio dei passaggi e degli inizi, era associato alla soglia, alle porte e al nuovo inizio dell’anno. Marte, dio della guerra, era considerato padre di Romolo e dei Romani, e in origine era anche protettore dei lavori agricoli e dell’intero anno. 

In particolare, il rapporto tra Giano e Marte si manifesta in diversi aspetti:

  • Protettori dell’anno: Entrambi erano considerati protettori dell’anno, con Giano che inaugurava il nuovo anno e Marte che proteggeva i lavori agricoli che iniziavano con esso. 
  • La guerra e il lavoro: Giano, con la sua bifrontezza, simboleggiava la dualità dei tempi, tra guerra e pace, mentre Marte era il dio della guerra. Tuttavia, entrambi erano importanti per la vita degli uomini, Giano per il passaggio tra un anno e l’altro e Marte per la difesa delle comunità e dei campi. 
  • Il tempio di Giano e Marte: In alcuni templi, come quello di Giano Bifronte, si poteva vedere Marte uscire dal tempio, accompagnato da Giano. Questa rappresentazione sottolineava il legame tra il dio della guerra e il dio dei passaggi, sottolineando la sua presenza in ogni nuovo inizio e cambiamento. 
  • La cultura romana: Il culto di Giano e Marte era fondamentale per la cultura romana. Le loro figure erano spesso rappresentate insieme, sottolineando il loro ruolo nella vita sociale e religiosa degli antichi romani. 

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa