Archeologia. Nei resti di sardine scoperti in un’antica vasca di garum il DNA dei pesci fermentati. Qui si nasconde la storia della dieta imperiale. Il condimento più amato dai Romani, il garum, svela nuove verità grazie a innovativi metodi scientifici.

Il condimento più amato dai Romani rivela nuove verità, nascoste nelle ossa sminuzzate dei pesci

Nel mondo antico, pochi sapori erano tanto intensi, tanto identitari, quanto quello del garum. La salsa fermentata di pesce, emblema della cucina romana, attraversava mari e imperi. Ma cosa si nasconde oggi nelle sue vasche dimenticate, incrostate dal sale e dal tempo? In un angolo costiero della Galizia, lungo le coste della Hispania romana, una scoperta densa di aroma e scienza apre nuove prospettive sulla dieta, la biodiversità e il commercio dell’antichità.


Dove tutto fermentava

La cetaria di Adro Vello, un impianto industriale per la salsa più esportata del mondo antico

a) Mappa della penisola iberica con l’ubicazione di Adro Vello, O Grove segnata in rosso; b) Ricostruzione 3D dell’impianto di salagione del pesce di Adro Vello, l’ubicazione della vasca 1 è segnata con una stella rossa; c) Vista aerea della spiaggia di O Carreiro che mostra l’ubicazione di Adro Vello Crédito: G. Espregueira Themudo et al..

Siamo ad Adro Vello, nel nord-ovest della Spagna. Qui, tra i resti di una villa romana e le vestigia di antichi stabilimenti costieri, si estendono le vasche in pietra di una cetaria, uno dei tanti stabilimenti per la lavorazione del pesce salato. Queste strutture, frequenti lungo le coste dell’Atlantico e del Mediterraneo, erano il cuore della produzione di garum e altri condimenti: si trattava di vere e proprie fabbriche alimentari. Il pesce veniva eviscerato, salato, pressato, e infine lasciato a fermentare al sole per mesi in ambienti saturi di sale e batteri.


Che cos’era il garum

Un sapore fermentato, una merce globale, una passione romana

Il garum era più di un condimento: era un simbolo sociale. Ottenuto dalla decomposizione enzimatica di pesci come sardine, sgombri o acciughe, in abbondante sale, il garum univa la forza del gusto umami all’efficienza commerciale. Era onnipresente sulle tavole, dai banchetti aristocratici alle taverne popolari. La sua lunga conservazione lo rendeva perfetto per i commerci a lunga distanza: anfore colme di garum partivano dalla Hispania, dalla Mauritania Tingitana e da Pompei verso l’intero bacino mediterraneo.


Il dilemma delle ossa

Quando la fermentazione distrugge le prove

Eppure, studiare oggi la composizione reale di queste salse è complicato. I resti ossei rinvenuti nelle vasche risultano schiacciati, deformati, irriconoscibili. La fermentazione, il tempo e l’umidità cancellano quasi ogni traccia visibile della specie ittica originaria. Per questo, per anni, gli archeologi hanno dovuto accontentarsi di ipotesi vaghe. Ma la rivoluzione arriva ora da una disciplina giovane: l’archeogenomica.


DNA tra le spine

Una tecnica pionieristica riesce a identificare il pesce dopo 2000 anni di fermentazione

Resti di ittiofauna dal fondo della vasca 1 prima della lavorazione (a), e dopo la lavorazione suddivisi in spine di pesce (b), vertebre (c) e squame (d) Crédito: G. Espregueira Themudo et al.

Un team di ricercatori ha tentato l’impossibile: estrarre e sequenziare il DNA dai frammenti ossei trovati nella vasca di Adro Vello. Il risultato? Sorprendente. Il materiale genetico, nonostante l’ambiente ostile della fermentazione, è rimasto parzialmente leggibile. Confrontando i frammenti antichi con quelli di sardine moderne, è emersa una parentela stretta: le sardine romane erano geneticamente simili a quelle odierne del medesimo tratto costiero. Una continuità ecologica che attraversa i secoli, nonostante i mutamenti climatici e umani.


Una prova di metodo

La fermentazione non cancella tutto: nuove possibilità per l’archeologia alimentare

Lo studio dimostra che, nonostante i danni subiti, il DNA può sopravvivere anche in contesti apparentemente proibitivi come le vasche di garum. Questa scoperta spalanca le porte a nuove ricerche: è possibile ora riconoscere con maggiore precisione le specie usate nei condimenti romani, mappare la biodiversità marina sfruttata, e comprendere le strategie di pesca, conservazione e commercio dell’epoca.


Lunga vita alle sardine

Una piccola spina nel piatto della storia: cosa ci raccontano oggi le sardine di Roma

«Le ossa di pesce sono un ritrovamento frequente nei siti romani, ma il loro uso nello studio del DNA è stato finora molto limitato, proprio per la loro frammentarietà», ha spiegato la dottoressa Paula F. Campos, co-autrice dello studio pubblicato su Antiquity. E aggiunge: «Ora sappiamo che anche i resti più compromessi, come quelli delle cetariae, possono restituire informazioni preziose».


Una conclusione aperta

Il garum come archivio biologico: un nuovo modo di leggere la dieta romana

Non solo condimento, dunque. Il garum si rivela anche un archivio molecolare, capace di custodire – nelle sue spine macerate – segreti genetici millenari. Un patrimonio minuscolo ma potentissimo, che ci restituisce il sapore reale della storia.

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RIFERIMENTI E APPROFONDIMENTI

  • Articolo scientifico completo (Antiquity, 2025): https://doi.org/10.15184/aqy.2025.73
  • Centro di Ricerca CIIMAR – Interdisciplinary Centre of Marine and Environmental Research
  • Studi su garum e cetariae in ambito romano: Garum and Salsamenta: Production and Commerce in Antiquity, Curtis, R. (1991)

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa