Archeologia in mare. Impressionante scoperta. Archeologi-detective studiano mattoni e legname di due relitti. E si imbattono in un episodio orribile della storia. Cos’hanno trovato? Rispondono gli esperti

Un’indagine serrata, condotta con strumenti tecnologici all’avanguardia e il rigore della ricerca scientifica, ha finalmente svelato l’identità di due relitti. Per decenni ritenuti relitti pirata, sono invece le tracce drammatiche di una delle pagine più oscure della storia. Grazie a sofisticate analisi dendrocronologiche, studi mineralogici e ricerche d’archivio, è stato possibile ricostruire il viaggio infernale delle navi Fridericus Quartus e Christianus Quintus. Un racconto di naufragi, ribellioni e sopravvivenza, riemerso dal silenzio delle profondità.

1. La scoperta, dal fondo ai laboratori

Per decenni, i resti di due relitti al largo della costa caraibica della Costa Rica, presso il Parco Nazionale di Cahuita, sono stati avvolti nel mistero e nel folklore. Si pensava fossero le carcasse spezzate di navi pirata, reliquie di un passato turbolento, sepolte in acque poco profonde e coperte da secoli di sabbia, salsedine e narrazioni distorte. Ma la verità, come spesso accade in archeologia, era molto più complessa, dolorosa e rivelatrice.

Nel 2023, un’équipe internazionale guidata dal Museo Nazionale della Danimarca, con la partecipazione del Museo delle navi vichinghe, dell’Università della Danimarca meridionale, del Museo nazionale della Costa Rica e di organizzazioni locali, ha portato alla luce un’identificazione sconvolgente: i due relitti non erano navi corsare, ma le imbarcazioni Fridericus Quartus e Christianus Quintus, vascelli danesi impiegati nella tratta transatlantica degli schiavi. Naufragate nel 1710, queste navi appartenevano alla Compagnia danese delle Indie Occidentali, e il loro viaggio segnava una delle rotte più sinistre della storia: quella che conduceva esseri umani ridotti in catene dalle coste africane ai mercati coloniali delle Americhe.


2. Prove dal fondo del mare

L’identificazione si è basata su una raffinata combinazione di metodi archeologici e scientifici. Gli archeologi marini hanno recuperato legname carbonizzato, pipe di argilla di manifattura olandese e, soprattutto, mattoni gialli tipici della zona di Flensburg, in Danimarca. L’analisi dendrocronologica ha permesso di datare il legname utilizzato nella costruzione delle navi tra il 1690 e il 1695, con provenienza dal Baltico occidentale – in particolare dallo Schleswig-Holstein e dalla Scania. La carbonizzazione delle travi ha confermato il resoconto storico secondo cui la Fridericus Quartus fu data alle fiamme.

Un punto di svolta cruciale è arrivato nel 2015, quando furono scoperti i mattoni gialli prodotti nell’area del fiordo di Flensburg. L’analisi chimica dell’argilla ha confermato l’origine danese. Un ulteriore sigillo scientifico è stato apposto dal Professor Kaare Lund Rasmussen, che ha individuato l’argilla come proveniente da Iller Strand o Egernsund, due fornaci storiche del Ducato di Schleswig.


3. Il viaggio maledetto e la disperazione a bordo

Le cronache d’epoca testimoniano un tragico e tumultuoso viaggio. Le due navi salparono dalla Costa d’Oro (attuale Ghana), cariche di centinaia di schiavi destinati alle colonie caraibiche danesi, in particolare a St. Thomas (oggi parte delle Isole Vergini Americane). A bordo della Fridericus Quartus, scoppiò una rivolta – forse pianificata o nata dalla disperazione – che fu brutalmente repressa. Per timore che anche la Christianus Quintus potesse essere teatro di disordini, le due navi continuarono il viaggio insieme.

Ma il mare fu testimone di una nuova tragedia: la traversata si prolungò oltre il previsto, le provviste finirono, e la fame divenne insopportabile. I capitani, spinti dalla necessità e forse da un barlume di pietà, decisero di liberare centinaia di schiavi per dividere il cibo. Secondo le testimonianze, almeno 600 prigionieri raggiunsero la costa del Costa Rica. Poi, la Fridericus Quartus prese fuoco, forse per un incidente o come gesto disperato, mentre la Christianus Quintus, danneggiata e senza ancoraggio, fu travolta dalle onde e si inabissò.


4. Una memoria sommersa, una storia rimossa

La Danimarca, spesso non associata nell’immaginario collettivo alla tratta atlantica, fu invece una delle nazioni europee che partecipò attivamente al traffico di esseri umani. Tra il XVII e il XIX secolo, la Compagnia danese delle Indie Occidentali trasportò oltre 120.000 africani ridotti in schiavitù, diretti alle piantagioni delle Antille danesi. Il ritrovamento dei relitti di Cahuita costringe oggi a un confronto più onesto e documentato con questo passato, a lungo trascurato dalla narrazione storica nazionale danese.

Il programma Njord, promosso dal Museo Nazionale della Danimarca, si inserisce in questo contesto: una ricerca sistematica dei relitti legati alla storia navale danese nel mondo, per restituire voce e contesto a ciò che il tempo ha sepolto e le coscienze hanno rimosso.


5. Capitolo di approfondimento: alle origini del commercio degli schiavi

Il commercio transatlantico degli schiavi – che raggiunse la sua forma strutturata tra il XV e il XIX secolo – affonda le sue radici molto prima, nelle pratiche di schiavitù africane e mediterranee, e in quelle interne all’Europa e al Vicino Oriente. Tuttavia, fu con l’espansione coloniale europea che il fenomeno assunse una scala industriale e una brutalità sistematica senza precedenti.

Già nel Quattrocento, i portoghesi cominciarono a stabilire fortificazioni lungo le coste dell’Africa occidentale, in particolare lungo il cosiddetto “arco dell’oro” (Ghana, Togo, Benin), dove si affiancarono a reti commerciali preesistenti. Le popolazioni locali, spesso già coinvolte in conflitti tribali e guerre territoriali, fornivano prigionieri che venivano venduti agli europei in cambio di armi da fuoco, tessuti, perline di vetro e alcolici.

Nel 1518, la Spagna legalizzò il trasporto diretto di schiavi africani verso le Americhe, aprendo così la rotta triangolare: Europa → Africa → Americhe → Europa. I Paesi Bassi, l’Inghilterra, la Francia e infine la Danimarca entrarono nel sistema nel secolo successivo. La Danimarca fondò nel 1671 la Vestindisk kompagni, ovvero la Compagnia delle Indie Occidentali Danesi, che ottenne il monopolio sul commercio degli schiavi e delle merci tra la madrepatria, le colonie africane (come il forte di Christiansborg in Ghana) e le Antille danesi.

Le navi salpavano dai porti del Baltico e del Mare del Nord cariche di manufatti europei, scambiati poi sulla costa africana per schiavi. Gli schiavi venivano stipati nelle stive e trasportati attraverso l’Atlantico in condizioni disumane: fame, malattie, suicidi e punizioni brutali decimavano i carichi umani. I sopravvissuti venivano venduti nelle piantagioni, mentre le stive tornavano in Europa colme di zucchero, rum, cotone e altri prodotti coloniali.

Nel contesto danese, l’archivio delle colonie conserva documenti dettagliati: registri di carico, atti notarili, lettere di capitani, rapporti medici di bordo. Uno dei documenti più inquietanti risale al 1792, quando la Danimarca divenne il primo paese europeo a decretare l’abolizione della tratta (con effetto dal 1803). Ma per oltre un secolo e mezzo, aveva alimentato e lucrato su un sistema che generava morte, miseria e disumanizzazione su scala oceanica.


6. Memoria, responsabilità, futuro

Il ritrovamento delle Fridericus Quartus e Christianus Quintus rappresenta molto più di una scoperta archeologica: è un portale aperto su una memoria collettiva ancora in costruzione. Per la Costa Rica, è il ricordo di un incontro tragico con una storia globale; per la Danimarca, è un’occasione di ripensare il proprio ruolo nel sistema coloniale; per il mondo intero, è un monito sommerso che riaffiora tra i coralli e le onde.

Come ha sottolineato l’archeologo Andreas Kallmeyer Bloch: “Non è solo un relitto. È una storia umana. Ed è nostro dovere raccontarla, per quanto difficile possa essere.” La memoria, come il mare, restituisce sempre ciò che l’oblio tenta di sommergere.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa