Archeologia. Lavori in corso. Scoprono necropoli di 3000 anni fa, ampliando l’attuale cimitero. Cos’è stato trovato? Cosa sono quei cerchi sul terreno?

La percezione del paesaggio, nei suoi contenuti simbolici, permane nel tempo? Esistono luoghi naturali che, senza che siano tramandate memorie su di essi, risultino legati alla vita, alla gioia, al gioco ed altri, per quanto all’apparenza non sinistri, siano anticamere di altri mondi?

L’area cimiteriale attuale e la sezione di ampliamento, indicata dalla presenza di un escavatore, nella quale sono state trovate le sepolture preistoriche @ P. Metzner / Stadt Espelkamp

Nascosti sotto le zolle, accanto all’attuale cimitero municipale a Frotheim, nella località di Espelkamp, in Germania, sono affiorati indizi di una memoria antichissima. Lavori di ampliamento hanno scoperchiato un frammento di passato remoto, rivelando la presenza di un camposanto preistorico, attivo tremila anni fa. È qui che gli archeologi della Landschaftsverband Westfalen-Lippe (LWL), guidati da Geoff Carver e coadiuvati da un’impresa specializzata, hanno indagato con pazienza e rigore un cimitero di cremazione risalente alla tarda Età del Bronzo e, probabilmente, anche alla successiva Età del Ferro.

Il suolo, stratificato da generazioni ignare del suo contenuto, ha restituito 41 strutture sepolcrali: tredici urne funerarie, alcune fosse con resti combusti, altre semplici dispersioni di cenere contenenti i detriti di antiche pire. Non si tratta di tombe monumentali né di corredi eclatanti: ciò che colpisce è la costanza del rito, l’omogeneità di un comportamento funebre che ci parla di una società organizzata e di una visione condivisa dell’aldilà. Come ha osservato il dottor Sven Spiong, direttore della sede LWL di Bielefeld, a partire dalla tarda Età del Bronzo si verifica un mutamento radicale nel modo di accompagnare i defunti: il fuoco diventa intermediario tra i vivi e i morti. È da quel momento che la cremazione si afferma nella regione, rimanendo la norma fino all’alto medioevo, salvo sporadiche eccezioni.

Non è la prima volta che quest’area restituisce simili reperti. Già nel 1956 e nel 1967, durante la preparazione di nuove sepolture moderne, erano emerse due urne, ma i ritrovamenti erano rimasti episodi isolati. Oggi, con strumenti più avanzati e una visione più ampia, gli archeologi possono finalmente leggere questo sito come parte di un disegno più esteso. Non una semplice necropoli, ma un frammento di paesaggio sacro, inscritto in una rete di luoghi della memoria e del culto. Non lontano, negli anni Ottanta, erano state scavate centinaia di sepolture a pochi metri da qui. E sebbene nel sito attuale non sia ancora stato trovato alcun tumulo funerario – elemento distintivo dei sepolcreti dell’Età del Bronzo – tutto lascia supporre che ne esista uno nelle vicinanze, forse ormai livellato o mascherato da secoli di attività agricola.

Una tomba a incinerazione, prima dello scavo @ P. Metzner / Stadt Espelkamp



Il piano funerario che sta emergendo si presenta come una composizione stratificata, nella quale si avvicendano rituali differenti, espressione di visioni del mondo in lenta, ma costante evoluzione. Le urne più antiche, databili intorno al 1000 a.C., contenevano spesso oggetti d’accompagnamento – perline, aghi, piccoli coltelli – e venivano sepolte con cura, forse avvolte da tessuti, forse adagiate con gesti codificati. Ma alcune delle tombe più recenti, risalenti ai secoli prossimi all’inizio dell’era cristiana, sono prive di urne. Restano soltanto tracce sparse delle pire: frammenti carbonizzati, una colata di ossa calcinate, una memoria sfumata della fiamma. Qui il culto sembra virare verso una relazione più essenziale, quasi rarefatta, con il mondo ultraterreno. Il corpo, dissolto, si affida alla terra senza più un contenitore, senza più oggetti, in un’estrema semplicità che potrebbe alludere a trasformazioni culturali profonde, forse influenzate da contatti con nuove popolazioni, forse frutto di un’evoluzione interna.

Tutto questo, però, è ancora da decifrare. Alcune delle urne sono state rimosse in blocco e verranno analizzate con cura in laboratorio. Ogni frammento verrà pulito, ricomposto, studiato; ogni ossicino, ogni grumo di carbone, ogni minuscola perlina sarà interrogato con metodo. Gli archeologi sperano di poter datare con precisione i singoli depositi attraverso analisi al radiocarbonio, restituendo così una cronologia più fine alle pratiche funerarie osservate. Accanto ai dati materiali, emergeranno allora forse le storie individuali, i gesti dei viventi, i dolori e le speranze che accompagnavano quei riti.

La tecnologia ha un ruolo sempre più importante anche sul campo. La documentazione avviene oggi con fotogrammetria 3D, che permette di creare modelli digitali dettagliati delle urne e delle tombe, utili non solo per l’analisi scientifica ma anche per la conservazione della memoria. È una forma di restituzione simbolica: se i corpi e i loro nomi sono da tempo svaniti, restano le forme dei contenitori, i gesti degli antichi, ricostruiti nel dettaglio e resi permanenti nella sfera digitale.

Ma la vera ricchezza di questo sito sta forse proprio nella sua apparente sobrietà. Non ci sono tesori, non ci sono armi, non ci sono eclatanti manifestazioni di potere. Eppure, il quadro che si delinea è potente: una comunità che per secoli ha condiviso uno stesso luogo per deporre i propri morti, seguendo riti simili, costruendo un legame continuo tra generazioni. In quell’angolo di Westfalia, la morte non era la fine, ma un atto sociale, un gesto collettivo, un passaggio scandito da codici precisi. Il terreno su cui si lavora oggi è solo una piccola porzione di un’area più ampia, ma già ora si intuisce un sistema complesso, nel quale il sacro e il quotidiano si intrecciavano, segnando profondamente il paesaggio e la memoria.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa