Archeologia. Magnifiche scoperte nella passeggiata di fine settimana. Archeologi e appassionati perlustrano i campi. Ed ecco le sorprese di 3300 anni fa. Cos’hanno trovato?

Una pianura senza asperità, verde e liscia, come un campo di biliardo. E’ qui che un gruppo di dilettanti e di professionisti ha avviato un’indagine, nelle ore scorse, cercando reperti medievali e trovando, invece, oggetti antichissimi. Uniti, a blocchi, e non dispersi dalle punte degli aratri.

Il momento dello scavo di saggio @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

Nel fine settimana appena trascorso, sotto il cielo terso e di luci contrastate della pianura ungherese, un gruppo di archeologi e volontari ha così trovato un sito archeologico di rilievo. In collaborazione tra il Thorma János Múzeum di Kiskunhalas, il Katona József Múzeum di Kecskemét e alcuni instancabili appassionati della Comunità di Archeologia Partecipativa, è stato scoperto e mappato un sito inedito e di grande rarità: una necropoli risalente a circa 3300 anni fa, epoca corrispondente alla fase avanzata dell’Età del Bronzo. Si tratta di un ritrovamento di eccezionale importanza non solo per la sua antichità, ma anche per la sua rarità: è infatti soltanto la terza necropoli di questo tipo mai individuata nella regione compresa tra il Danubio e il Tibisco (Duna–Tisza köze), una zona chiave per la comprensione dei movimenti culturali e sociali della preistoria centro-europea.

Una scoperta nata dal caso… e dalla perseveranza

Nel punto in cui il detector segnalava una cxoncentrazione di oggetti di bronzo, gli archeologi hanno proceduto a una verifica, scoprendo la prima tomba @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

Come spesso accade nelle migliori avventure dell’archeologia contemporanea, tutto è iniziato da un’anomalia. I ricercatori stavano conducendo una ricognizione su un sito di epoca arpadiana (cioè del medioevo ungherese, circa XII-XIII secolo) in un’area coperta da un tranquillo tappeto erboso. Ma, sotto quel verde apparentemente uniforme, i metal detector hanno iniziato a inviare segnali insistenti e piuttosto insoliti: troppi oggetti in bronzo, e disposti in modo anomalo. Non era la classica situazione da “tesoro sparso da un’aratura”, quella che gli archeologi ungheresi chiamano ironicamente szétszántott kincs – ovvero un deposito di oggetti ritualmente interrati e successivamente dispersi o mescolati dai lavori agricoli.

Un momento della giornata. Il gruppo osserva un reperto @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

Questa volta, gli oggetti – ornamenti, fibule, armi in bronzo – emergevano in macchie distinte, senza un epicentro chiaro, e con una particolarità ancora più sospetta: alcuni gioielli erano in coppia, suggerendo che non fossero stati casualmente sparsi, ma intenzionalmente deposti. A quel punto è intervenuto Váczi Gábor, ricercatore specializzato nello studio delle necropoli dell’età del Bronzo, che ha ipotizzato una spiegazione affascinante: ci si trovava di fronte ai resti dispersi di una necropoli a incinerazione.

Il rito degli Urnenfelder: ceneri, bronzo e ceramiche

Nel mondo dell’Età del Bronzo, il cosiddetto periodo delle culture dei campi di urne (Urnenfelderkultur, XIII-X sec. a.C.) segna una fase cruciale di trasformazione nelle pratiche funerarie e religiose. In questa fase, che segue la cultura dei tumuli (Tumulus), i corpi dei defunti non vengono più inumati, ma cremati, e le ceneri sono raccolte in urne o lasciate sparse in depositi rituali accompagnati da oggetti simbolici.

È proprio questo il caso del nuovo sito: gli scavi, avviati aprendo un piccolo saggio esplorativo in uno dei punti segnalati dai rilevamenti, hanno confermato la presenza di una sepoltura a incinerazione di tipo disperso, in cui i resti del defunto venivano deposti nel suolo insieme a ceramiche (probabilmente urne e ciotole rituali) e oggetti in bronzo, forse appartenuti alla persona durante la vita o appositamente creati per accompagnarla nell’aldilà.

La scoperta è tanto più straordinaria in quanto il sito è intatto, ovvero non ancora compromesso in maniera significativa da interventi agricoli o scavi illegali, e potrebbe costituire un laboratorio ideale per lo studio del rituale funerario e delle dinamiche insediative della tarda Età del Bronzo in questa regione.

Non un deposito, ma un paesaggio della memoria

Splendido reperto. Una punta di lancia di bronzo @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

Uno degli aspetti più emozionanti di questo ritrovamento è la possibilità di ricostruire un intero paesaggio rituale, e non semplicemente una tomba isolata o un deposito votivo. L’analisi della dispersione dei reperti, la loro disposizione spaziale, e le associazioni simboliche tra i vari oggetti (ad esempio la ricorrenza delle coppie di gioielli) potrebbero offrire una finestra diretta sulle credenze religiose, i ruoli sociali, e persino sulle gerarchie familiari o claniche di una comunità vissuta più di tre millenni fa.

Rilievo del terreno @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

Non si trattava, quindi, di un mero luogo di sepoltura: le necropoli come questa erano spazi carichi di significato, legati al culto degli antenati, alla memoria collettiva e forse a riti stagionali legati al ciclo agricolo. Gli oggetti in bronzo, splendidamente conservati, sono probabilmente il segno tangibile di un’economia e di una società complesse, in cui la metallurgia rivestiva un ruolo centrale tanto sul piano materiale quanto su quello simbolico.

Anello di un bracciale @ Foto Ásónyomon – az ELTE BTK Régészettudományi Intézet blogja

E ora? Un cantiere aperto sul passato

Per il momento, gli archeologi si sono limitati a “sbirciare sotto l’involucro”, come loro stessi hanno detto con una metafora affettuosa: hanno aperto appena una finestra su questo piccolo scrigno temporale, sufficiente però a pianificare una campagna di scavi più ampia, che dovrà tener conto dei cicli agricoli della zona – già si pensa al momento in cui verrà mietuto il campo adiacente – e delle condizioni di conservazione del manto erboso.

L’entusiasmo, tuttavia, è già palpabile: questo sito potrebbe costituire una pietra miliare per la comprensione della cultura funeraria dell’Europa centrale alla fine dell’Età del Bronzo. I prossimi mesi saranno decisivi: in gioco c’è la possibilità di arricchire in modo significativo il corpus dei siti urnali noti nella regione, e di colmare alcune delle lacune ancora presenti nel mosaico complesso della preistoria danubiana.

La cultura dei campi di urne: identità, diffusione e significato

La cultura dei campi di urne, al quale questo sito portato alla luce nelle ore scorse appartiene, rappresenta una delle più profonde rivoluzioni culturali dell’Europa protostorica. Si affermò tra la fine del XIII e l’VIII secolo a.C., nel pieno della tarda età del Bronzo, segnando una rottura radicale con le tradizioni delle culture precedenti, in particolare con la cultura dei tumuli, che si fondava sull’inumazione del defunto sotto grandi strutture monumentali.

Il tratto distintivo di questa nuova cultura fu la cremazione dei defunti: le ceneri venivano raccolte e deposte all’interno di urne ceramiche, che venivano poi sepolte in necropoli pianeggianti. È proprio da questa tipologia sepolcrale che deriva il nome della cultura stessa: “campi di urne”. Perché la cremazione? La metallurgia avanzata aveva trasformato i forni in luoghi di trasformazione “magica” della materia e in fonte di ricchezza. E’ possibile che, per estensione, la società tecnologica dell’epoca avesse instaurato un parallelismo tra i corpi dei defunti e i materiali oggetto di fusione e di rigenerazione. Qualcuno potrebbe dire che si instaurò un modello efficientista che riorganizzò la vita e la morte. Si tratterebbe, pertanto, di una struttura di pensiero proto-industriale? E’ impossibile dirlo, ma è lecito ipotizzare che esista un rapporto tra società industrializzate e cremazione.


Areale di diffusione

Sorta inizialmente nell’Europa centro-orientale, in un’area compresa tra il bacino danubiano e l’odierna Germania meridionale, la cultura dei campi di urne si estese rapidamente, conquistando ampi territori grazie alla sua capacità di adattamento e assimilazione. Raggiunse:

  • a nord: le regioni dell’attuale Polonia e della Boemia;
  • a ovest: la Francia orientale e parte della Svizzera;
  • a sud: l’Italia settentrionale, dove influenzò profondamente culture autoctone come quella di Canegrate, la cultura protovillanoviana e, più tardi, quella villanoviana;
  • a est: la Pannonia, parte della Croazia, dell’Ungheria e della Serbia.

La diffusione così vasta di elementi comuni (come le urne biconiche, l’uso della cremazione, le armi in bronzo standardizzate) dimostra l’esistenza di reti culturali, commerciali e comunicative molto dinamiche, sebbene regionalmente articolate.


Pratiche funerarie: il cuore identitario

Il rito funerario era al centro della visione del mondo di questa cultura. La cremazione del defunto e la deposizione delle ceneri all’interno di urne di ceramica segnano un cambiamento antropologico e spirituale: il corpo non viene più conservato ma trasformato dal fuoco. Le urne, spesso biconiche, erano accompagnate da coppe, ciotole e piccoli oggetti in bronzo (fibule, coltelli, rasoi), disposti con regolarità all’interno delle sepolture.

Le tombe venivano scavate in semplici fosse terragne, raramente coperte da tumuli. Le necropoli potevano contenere da poche a centinaia di sepolture, ordinatamente disposte. In alcuni casi, le tombe più ricche erano dotate di segnacoli in pietra o offerte votive supplementari, suggerendo l’esistenza di gerarchie sociali interne.


Depositi votivi e offerte rituali

Un’altra tipologia fondamentale di testimonianza della cultura dei campi di urne è costituita dai depositi votivi, in cui venivano collocati oggetti di metallo – soprattutto armi, strumenti e ornamenti – in ambienti naturali come fiumi, laghi, paludi e sorgenti. La frequente presenza di oggetti spezzati o deformati in questi contesti suggerisce l’esistenza di rituali religiosi destinati a “sacrificare” il valore simbolico degli oggetti, forse per metterli a disposizione delle divinità o del mondo dei morti.

Questi depositi hanno una doppia valenza: da un lato, costituiscono una forma di culto legato alla natura (acque, monti, grotte), dall’altro riflettono l’organizzazione sociale e la disponibilità di surplus, dato che vi compaiono spesso oggetti di grande pregio.


Cultura materiale e artigianato

La cultura dei campi di urne ha lasciato una ricca documentazione di oggetti in bronzo: spade, pugnali, asce, rasoi, fibule e carri miniaturistici. La produzione metallurgica mostra un alto grado di specializzazione, con tecniche raffinate come la fusione a cera persa, l’incisione e la decorazione a punzone. Particolarmente tipiche sono le spade di tipo “Naue II”, diffuse in gran parte dell’Europa, e le fibule a doppia spirale.

Anche la ceramica rivela una notevole varietà tipologica e stilistica: le urne funerarie sono spesso decorate a motivi geometrici incisi o stampigliati, ma esistono anche forme più complesse, come situle, vasi con anse ad occhiello e recipienti con beccucci.

La presenza di oggetti di provenienza lontana suggerisce contatti a lungo raggio: ambra del Baltico, stagno delle isole britanniche e avorio del Mediterraneo orientale indicano l’esistenza di una rete commerciale paneuropea.


Struttura sociale e ideologia

La cultura dei campi di urne non era un’entità statica o unitaria, ma piuttosto un insieme fluido di gruppi regionali che condividevano pratiche simili. Tuttavia, l’analisi delle necropoli mostra una progressiva stratificazione sociale: alcune sepolture si distinguono per ricchezza e complessità, suggerendo l’emergere di élite guerriere o sacerdotali.

La progressiva monumentalizzazione delle tombe e la comparsa di simboli religiosi (come la “barca solare” o l’uccello acquatico) rivelano una crescente attenzione alla sfera del sacro e al ruolo delle autorità rituali. Le credenze sembrano ruotare attorno al ciclo della vita e della morte, al viaggio ultraterreno, alla rigenerazione cosmica.


Eredità e transizione all’età del ferro

La cultura dei campi di urne rappresenta un anello cruciale nella sequenza delle culture europee. Essa prepara la nascita delle civiltà dell’età del ferro, come la cultura di Hallstatt, che ne raccoglie molte eredità, soprattutto in ambito funerario e simbolico.

La transizione avvenne in modo graduale: in alcune regioni, le necropoli continuarono a essere utilizzate anche dopo l’introduzione del ferro, e la cremazione rimase una pratica dominante. Le innovazioni metallurgiche, i contatti con il Mediterraneo e l’evoluzione delle strutture sociali portarono a una nuova fase culturale, nella quale si formarono le prime entità protourbane e tribali dell’Europa celtica e italica.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa