Un enigma cartografico durato secoli trova finalmente soluzione grazie a un progetto archeologico. Ricordi quei mosaici tardo-antichi sui quali appaiono vedute simboliche di città e accanto ad esse un nome? Ecco. E’ proprio a partire da uno di quelle vaste panoramiche che gli studiosi si sono mossi in direzione della ricerca. Le scoperte includono ceramiche, iscrizioni funerarie in greco e latino, frammenti di pavimenti a mosaico e strutture architettoniche che suggeriscono la presenza di una basilica bizantina.

Nei pressi della cittadina giordana di El-‘Iraq, nella regione di Karak, sotto strati di terra e silenzio, si celava Tharais. Una città romano-bizantina a lungo sfuggita alle ricerche archeologiche e presente fino a pochi mesi fa solo grazie a una minuscola raffigurazione su un mosaico del VI secolo – nella foto qui sopra -. Ora, grazie a un ampio progetto sul campo diretto da Musallam R. al-Rawahneh dell’Università di Mutah, Tharais emerge dallo status di semplice ipotesi per imporsi come sito concreto e cruciale nello studio della Giordania cristiana tardoantica.
Il nome che veniva da un mosaico
Tharais era uno dei tanti nomi misteriosi che costellavano la celebre mappa a mosaico di Madaba, il più antico documento cartografico della Terra Santa. Realizzata nel VI secolo all’interno della chiesa ortodossa di San Giorgio, questa mappa è stata per decenni uno strumento prezioso ma enigmatico. Alcuni dei suoi toponimi più noti, come Gerusalemme o Betlemme, sono stati da tempo riconosciuti e studiati; altri, come Tharais, sono rimasti avvolti nel mistero.
Un toponimo inseguito per generazioni
Grazie a una nuova lettura contestuale dei riferimenti geografici e all’impiego di metodi avanzati di archeologia stratigrafica e prospezione topografica, è stato possibile restringere l’area di ricerca attorno ad El-‘Iraq, dove le evidenze materiali hanno cominciato ad affiorare con sempre maggior chiarezza.
Dove passavano le antiche vie del sale

Situata tra l’altopiano moabita e l’estremo sud-est del Mar Morto, Tharais si collocava lungo un importante corridoio commerciale romano che collegava la valle di Zoar (oggi Ghor es-Safi) con le aree centrali della Giordania. La posizione non solo favoriva gli scambi, ma garantiva anche un ruolo strategico nella diffusione del cristianesimo e nell’organizzazione delle diocesi tardoantiche.
Un mosaico che anticipava la topografia
Il sito emerso mostra una corrispondenza quasi sorprendente con le rappresentazioni della mappa: porte monumentali, torri angolari e una chiesa basilicale occupano lo spazio secondo una disposizione che replica fedelmente quella raffigurata nel mosaico.
Ceramiche, vetri e pietre sacre

Le campagne di scavo, condotte tra il 2021 e il 2024, hanno restituito ceramiche di epoca romano-bizantina, frammenti di vetro soffiato, porzioni di pavimenti a mosaico policromo e resti architettonici riconducibili a una basilica cristiana. La scoperta di colonne scanalate, stipiti in pietra lavorata e una soglia rettangolare in calcare conferma la presenza di un edificio religioso di rilievo, forse una chiesa episcopale.
Le iscrizioni dei fedeli defunti
In collaborazione con ricercatori francesi e spagnoli, sono inoltre emerse iscrizioni funerarie in greco e latino databili tra il V e il VII secolo d.C., che attestano l’esistenza di una comunità cristiana attiva e radicata. Alcuni epitaffi menzionano titoli ecclesiastici e formule liturgiche, rafforzando l’ipotesi del ruolo religioso centrale di Tharais.
Mappa e sito: i monumenti corrispondono?
Il confronto sistematico tra il sito e la mappa di Madaba ha costituito uno degli strumenti interpretativi più affascinanti dell’intera ricerca. Oltre all’identificazione toponomastica, gli archeologi hanno potuto verificare parallelismi architettonici notevoli: ad esempio, la presenza di torri e un portale a due battenti sulla mappa corrisponde perfettamente alle strutture ritrovate sul campo.
Un atlante inciso nel pavimento
Ciò conferisce alla mappa non solo un valore storico e simbolico, ma anche una straordinaria precisione topografica per il periodo tardoantico, dimostrando che gli artisti e cartografi bizantini disponevano di informazioni accurate e che la mappa fu forse basata su rilievi esistenti.
Le attività quotidiane della comunità
I resti di frantoi, vasche per la pigiatura dell’uva e macine in pietra testimoniano un’intensa attività produttiva, compatibile con un modello di economia autosufficiente. La città si configurava come un polo agroindustriale, dove la religione e il commercio si intrecciavano. Non era solo un villaggio rurale, ma un centro di transito e di culto.
Un nodo nella rete della fede
Le sue relazioni con Karak, Ai e Zoar, altri centri presenti sulla mappa di Madaba, indicano una rete urbana interconnessa. Tharais, in tal senso, rappresenta un nodo minore ma vitale, forse sede di una piccola diocesi o di una comunità monastica con funzioni di ospitalità per i pellegrini diretti verso la Terra Santa.
Tra ruspe e rovine
La riscoperta del sito avviene in un contesto difficile. El-‘Iraq è oggi in piena espansione urbanistica, e nuove costruzioni minacciano direttamente l’integrità delle rovine. Al-Rawahneh ha lanciato un appello urgente per la tutela del sito, chiedendo la sua inclusione nel patrimonio protetto e l’attivazione di protocolli di salvaguardia.
Una speranza tra le pietre
Gli archeologi auspicano una valorizzazione turistica sostenibile, che permetta di integrare Tharais nel circuito dei siti storici visitabili in Giordania, al pari di Madaba e della città romana di Jerash.
Nuove campagne all’orizzonte
Nei prossimi anni, il sito sarà oggetto di ulteriori indagini: si prevede l’ampliamento dell’area di scavo, l’analisi dei materiali ceramici mediante archeometria, e l’integrazione dei dati con studi epigrafici e paleoambientali. La speranza è che Tharais possa rivelare nuovi elementi sulla vita quotidiana dei cristiani bizantini, sui loro rituali, sulle dinamiche sociali e sulle forme di resilienza culturale tra tarda antichità e primo medioevo.
La città che torna a parlare
La città che per secoli è sopravvissuta solo nel vetro colorato di un mosaico ora parla con la voce delle pietre.
Fonti iconografiche e cartografiche
- Mappa del mosaico di Madaba, VI sec. d.C. (Chiesa di San Giorgio, Madaba)
- Immagini fotografiche del sito di El-‘Iraq (MR Al-Rawahneh)
- Mappa topografica del governatorato di Karak con indicazione del sito