Archeologia. Mille sepolture emergono dalla antica necropoli. Croci, sarcofagi, bambini e segni di epidemia: che storie raccontano le ossa di Noisy-le-Grand? Un sito misterioso in pieno centro urbano


Nel cuore di una cittadina brulicante, dove i palazzi moderni e il rumore incessante del traffico nascondono la memoria del passato, affiora una storia silenziosa e profonda. Immaginate la scena: il fremito degli archeologi, mani che sollevano la terra con delicatezza, occhi che scrutano il bianco polveroso di antichi sarcofagi in plâtre, mentre le sagome dei corpi emergono poco a poco dal sottosuolo. Chi erano questi uomini, donne e bambini? Quale filo invisibile collega le ricche fibbie bronzee, le incisioni ormai svanite, e le ossa deformate dalla fatica o dalla malattia? Frammenti di un’epoca attraversata da guerre, epidemie e trasformazioni sociali. Una scoperta stratificata che, tomba dopo tomba, getta una nuova luce su otto secoli di pratiche funebri, tra simbolismi ormai perduti e indizi di vita quotidiana. Ma cosa si nasconde realmente dietro queste migliaia di sepolture, sovrapposte e rimaneggiate, nel sottosuolo di una città che non dorme mai? E grazie a quali tecnologie e strategie oggi possiamo decifrare quei misteri rimasti sepolti per più di mille anni? Risposte e interrogativi si intrecciano tra le pieghe di una necropoli che continua a stupire, custodendo storie mai raccontate.


La necropoli altomedioevale

La necropoli altomedievale dei Mastraits si cela a Noisy-le-Grand, nel cuore della Seine-Saint-Denis (Île-de-France), ed è oggi uno dei più significativi complessi funerari indagati nell’area parigina. Siamo a pochi chilometri dalla capitale francese, in una zona compresa tra le vie du Docteur Sureau, Pierre-Brossolette e la centrale rue des Mastraits. Le coordinate geografiche fissano questo reticolo di sepolture nel centro insospettabile della vita moderna, a metà strada tra il presente e la stratificazione millenaria che si dispiega nei risultati delle campagne di scavo avviate dal 2008. La zona, già nota agli studiosi per menzioni altomedievali – Grégoire de Tours la cita come sede di una villa reale e di un oratorio – si conferma ora come uno snodo fondamentale per la storia regionale e per la comprensione dei fenomeni funerari tardoantichi e medievali, dal VI al XIII secolo. Il progetto, guidato dall’Association Archéologie des Nécropoles (ADN) e dall’Inrap, vede il coinvolgimento di nomi come Cyrille Le Forestier, Christelle Seng, Caroline Font e molti altri specialisti.


Sepolture in tombe in muratura merovingie. Crediti: C. Le Forestier/Inrap

La scoperta

L’indagine estesa su quasi 1.900 m² ha restituito fino a oggi quasi mille tombe, datate tra il VI e il XIII secolo. Il sito si distingue sia per la straordinaria densità delle sepolture sia per la varietà delle strutture funerarie: dai primi sarcofagi in gesso strettamente affiancati, alle semplici fosse terragne di epoca carolingia e bassomedievale. La stratificazione archeologica è stata datata grazie a tecniche tra le più avanzate: analisi radiocarboniche, tipologia del corredo, lettura delle sequenze stratigrafiche. Sorprende la conservazione di alcune decorazioni a rilievo sui sarcofagi di gesso, benché in molti casi rese evanescenti dal passare del tempo e dalla penetrazione delle acque. In alcune tombe, rari oggetti personali resistono come testimonianze di un passato intimo: vetro, rame, piccoli ferri; segni di status e identità. L’evoluzione delle pratiche, scandita da cambiamenti nell’organizzazione dello spazio e nel trattamento dei corpi, documenta la lunga storia di adattamento, saturazione e abbandono che attraversa otto secoli di riti e credenze.


Reperti e ritrovamenti

L’inventario dei ritrovamenti è uno degli aspetti più affascinanti dell’intero scavo. Le tombe merovinge presentano il classico corredo di fibbie in rame, coltelli e occasionali manufatti in ferro che evocano l’equipaggiamento guerriero o rituale. Unica tra tutte spicca una ceramica a becco trilobato, segnata dal fuoco, e una preziosa fiala in vetro, indizio di ritualità ancora oggetto di indagine. I bambini, così numerosi in questa necropoli, spesso riposano senza corredi, nella semplicità di sarcofagi vicini a quelli degli adulti. Nel corso dei secoli, il repertorio mutevole degli oggetti – via via sempre meno presente – racconta la progressiva “spogliazione” del rito funebre cristianizzato, mentre la perseveranza di alcune strutture, come le fosse con paratie di legno e i rarissimi reimpieghi di sarcofagi antichi, testimonia pragmaticità e rispetto del passato. Le indagini sulle tecniche costruttive e sui materiali confermano la relazione con le altre necropoli altomedievali franciliensi, offrendo preziosi confronti con siti come Saint-Denis e Chelles.


Interpretazione e contesto

Il significato profondo di questa necropoli va ben oltre il conteggio delle tombe. Le indagini rivelano una evoluzione delle pratiche funerarie che riflette le dinamiche socio-religiose, le crisi e le trasformazioni del medioevo europeo. La presenza di tombe doppie, oggetto di ipotesi da parte degli studiosi, rimanda a possibili legami familiari o coniugali citati anche nelle fonti coeve, come in Grégoire de Tours. L’alternanza di periodi di saturazione, riutilizzo e abbandono documenta la pressione demografica, gli effetti delle epidemie (forse la Peste di Giustiniano), e i cambiamenti di centralità religiosa, segnati dal passaggio delle sepolture dalla necropoli al cimitero presso Saint-Sulpice. Rimangono aperte questioni cruciali: fino a che punto la distribuzione delle tombe riflette la struttura sociale dei vivi? Quale rapporto tra le patologie rilevate nelle ossa e la storia ambientale del territorio? Gli studiosi, tra dati certi e ipotesi in corso, sottolineano come proprio questa variabilità, letta anche grazie all’innovazione digitale e alle nuove tecniche (fotogrammetria e GIS), sia la chiave per comprendere la resilienza e l’identità della comunità altomedievale locale.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa