Quella specie di molosso dal volto leonino, di presa dura e di muscoli saldi, innerva due ali che lo rendono veloce anche in cielo. Chiude la fila. E’ forse un animale totemico, un padre mitico che chiude la fila perché protegge le spalle, consiglia, dirige, come un buon padre con la figliolanza, lungo un sentiero. Ha la necessità d’aver sott’occhio la propria prole. Che nessuno si perda.

Un ritrovamento dimenticato. Un nuovo sguardo. Una nuova storia.
L’analisi di questo rilievo, lungo ben 1,35 metri, rivela che le élite locali non furono affatto passive spettatrici delle grandi dinamiche mediterranee, ma piuttosto attori consapevoli, capaci di selezionare, rielaborare e integrare elementi culturali esogeni, a fini identitari e politici. Assunsero cioè miti e iconografie mediterranee, rielaborandole in funzione della propria specificità.
Così si potrebbe riassumere, in poche parole, la sorprendente svolta interpretativa emersa dal riesame dei materiali provenienti dal sito di El Cerrón, nei pressi di Illescas, in provincia di Toledo. A oltre quarant’anni dalla sua scoperta – avvenuta nel 1979 e mai veramente valorizzata – un bassorilievo in terracotta è oggi al centro di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Antiquity. Non si tratta solo di una nuova lettura di un manufatto, ma di una vera e propria ridefinizione dell’identità culturale e politica della Carpetania, l’antica regione dell’altopiano centrale della Penisola Iberica, abitata dai Carpetani, popolazione della tarda età del Ferro.
Il cuore dell’altopiano si affaccia sul Mediterraneo
El Cerrón, che sorge a oltre 300 chilometri dalla costa più vicina, sembrerebbe a prima vista un luogo marginale, un territorio interno, lontano dai crocevia commerciali e culturali. Eppure, la presenza di un rilievo decorato con motivi fortemente mediterranei – tra cui grifoni, aurighi e figure – testimonia un intenso scambio simbolico e forse anche commerciale, reso possibile da rotte interne fluviali, come quelle del Tago e del Guadiana, che fungevano da arterie invisibili tra l’entroterra e le coste.
Il grifone, in particolare, animale mitico di origine orientale e simbolo ricorrente nell’arte greca e italica, qui compare accanto a carri trainati da cavalli e personaggi in posizione cerimoniale, suggerendo una scena dalla forte carica rituale o ideologica. Una raffigurazione non banale, che richiama l’iconografia tipica dell’élite mediterranea e della loro autorappresentazione.
Un edificio, una panca, un altare: architetture del potere
Il rilievo proviene da un edificio identificato dagli archeologi come Struttura 2, probabilmente un santuario comunitario. Era integrato in una panca in adobe, o forse in un altare, collocato di fronte all’ingresso. Questa collocazione, di assoluto rilievo simbolico, rende chiaro il ruolo della terracotta all’interno delle pratiche cerimoniali e del sistema ideologico dell’insediamento.
Nonostante la scena non sia completamente conservata, la sua posizione – e soprattutto la decisione di mantenerla anche dopo la sua parziale rottura – indica che il rilievo continuò a esercitare un ruolo attivo nella memoria collettiva e nell’identità di quel gruppo umano. Un oggetto semi-spezzato, ma ancora carico di significato: una reliquia del potere, verrebbe da dire.
Ecco una lettura del fregio:

- La scena raffigura una processione o cerimonia, con due aurighi su carri, una figura centrale ieratica (forse un capo o sacerdote) e, a destra, un animale alato. Non è una battaglia. I carri procedono nella stessa direzione, come l’animale alato. L’uomo al centro alza la mano – simile a una lancia – indicando probabilmente il luogo indicato dal destino-
- L’animale alato ha testa canina o leonina, corpo quadrupede e grandi ali piumate. Non è un grifone classico (privo di becco), ma un essere mitico ibrido, tipico dell’arte protostorica iberica o tartessica.
- Questo tipo di creatura appare come guardiana, entità liminale o protettrice, simile per funzione alle sfingi o ai mostri alati delle culture fenicie e iberiche.
- La figura centrale ha un ruolo dominante e sacrale, suggerendo un contesto cerimoniale o di potere politico-religioso.
- Il fregio sembra provenire dalla Spagna sud-occidentale (area tartessica o turdetana, VIII–V sec. a.C.) e mostra un’iconografia locale influenzata da modelli orientali (fenici).
Quindi: non è un grifone in senso greco, ma una creatura mitica iberico-orientale con tratti leonini/canini e ali, legata al potere, al sacro e alla protezione.
La scena, a nostro giudizio è legata a un viaggio sacro. La figura al centro potrebbe essere quella di un sacerdote che indica il punto in cui fermarsi e forse costruire una città o il santuario stesso o il punto in cui viene accolta l’anima del defunto. Il grifone si configura come una sorta di padre mitico protettore, che ha ispirato il gruppo e che sta alle sue spalle. In bocca tiene un oggetto, che a prima vista parrebbe un fiore, ma che potrebbe essere anche una piccola anima, un bambino.

La Carpetania tra IV e I secolo a.C.: ascesa delle élite e competizione per il potere
Il rilievo di El Cerrón risale a un periodo cruciale della storia carpetana: il IV secolo a.C., un’epoca di profondi mutamenti. L’insediamento, come molti altri nella regione, si sposta dalle pianure fluviali alle alture fortificate: un segno inequivocabile di instabilità politica, crescita demografica, e conflitto per le risorse.
Questo contesto ci aiuta a comprendere meglio la funzione del rilievo e la sua iconografia. Non si tratta semplicemente di decorazione, ma di una narrazione visuale del potere, forse di un’antica élite desiderosa di affermare il proprio dominio attraverso simboli prestigiosi mutuati dal linguaggio culturale mediterraneo.
In tal senso, il grifone, i carri e la figura armata possono essere letti come emblemi di autorità, legittimazione e trascendenza, proiettati verso un immaginario condiviso che travalicava i confini regionali.
Mediterraneizzazione selettiva: cultura, simboli e strategie di legittimazione
Il concetto chiave che emerge dallo studio è quello di “mediterraneizzazione interiorizzata”. L’élite carpetana, secondo gli autori, non si limitava a imitare passivamente i modelli esterni, ma operava una scelta consapevole di adozione e adattamento, utilizzando elementi esterni per rafforzare la propria identità e consolidare la propria autorità.
Tra i reperti associati al rilievo vi sono anche ceramiche attiche e una fibula in bronzo di provenienza norditalica. Questi oggetti indicano chiaramente una capacità di accesso ai circuiti commerciali del Mediterraneo, anche in assenza di una posizione geografica strategica sul mare. Un risultato ottenuto probabilmente grazie a intermediari o scambi lungo le rotte fluviali interne.
In altre parole, la Carpetania non era una periferia, ma un nodo connettivo, capace di attrarre e rielaborare cultura materiale e simbolica, in modo strategico e coerente.
Un culto ancestrale o una processione per l’aldilà?
Resta aperta l’interpretazione finale della scena. Per alcuni studiosi, essa rappresenterebbe una cerimonia rituale o funeraria, in cui il grifone svolge il ruolo di psicopompo, accompagnando il defunto verso l’oltretomba. Per altri, invece, si tratterebbe di una scena mitica o eroica, legata al culto degli antenati o di divinità locali, funzionale alla costruzione della memoria collettiva e alla legittimazione delle famiglie dominanti.
In entrambi i casi, il rilievo assume una potente funzione simbolica, capace di aggregare consenso, trasmettere valori e rafforzare gerarchie. La sua posizione nel santuario, la sua iconografia selezionata, il suo mantenimento anche danneggiato: tutto parla di una centralità ideologica e cerimoniale che ne fa un documento eccezionale della storia iberica pre-romana.
Riconsiderare il margine: la lezione di El Cerrón
Lo studio, firmato da Sánchez de Oro, Saccoccio, Torres Ortiz e Berrocal-Rangel, invita infine a rivedere criticamente gli assunti che da decenni orientano la ricerca archeologica nella Penisola Iberica. L’idea di una netta opposizione tra “centro” e “periferia”, tra culture “attive” e culture “passive”, non regge più alla luce di testimonianze come quella di El Cerrón.
La Carpetania, tradizionalmente vista come una terra di transito o di imitazione, si rivela oggi come un centro attivo di rielaborazione culturale, un laboratorio simbolico nel quale le élite locali elaboravano, mediatizzavano e ridefinivano i codici culturali del potere.
E se la terracotta di El Cerrón è solo uno dei frammenti superstiti di una narrazione più ampia, il suo recupero interpretativo ci ricorda quanto ancora sia necessario rileggere il passato con occhi nuovi, capaci di cogliere il dinamismo anche dove, per lungo tempo, si è voluto vedere solo silenzio.
Fonti:
Sánchez de Oro P., Saccoccio F., Torres Ortiz M., Berrocal-Rangel L. Il rilievo di El Cerrón: approfondimenti sull’identità dell’élite iberica centrale nella tarda età del ferro. Antiquity, 2025. doi:10.15184/aqy.2025.48