IMPERO ROMANO – L’ipocausto – il sistema di riscaldamento a pavimento, nell’edificio della cittadina romana presso il vallo di Adriano – è perfetto. Gli scavi delle scorse ore hanno restituito la zona riscaldata del centro termale, probabilmente risalente al regno dell’imperatore Settimio Severo. E tante curiosità.

Accanto a nuove evidenze architettoniche – portate alla luce dall’équipe dell’archeologo Frank Giecco – monete, fermagli femminili, spille. Nel corso della campagna invernale di scavo a Carlisle, in Inghilterra, è emerso anche un reperto molto curioso. Una delle numerose mattonelle delle pilae recante il monogramma “IMP” (abbreviazione di Imperator) reca l’impronta fortuita di un cervo. Nei giorni scorsi sono state trovate altre mattonelle dell’ipocausto con impronte di cane. I laterizi sono scuri, ai bordi, perché erano collocati nell’intercapedine del sistema di riscaldamento e anneriti dalla fuliggine. Ma le impronte risalgono – naturalmente – a un periodo precedente, quando questi mattoni vennero messi ad asciugare.


Ecco un attimo fermato. Bloccato in eterno. Ma come avveniva la produzione di questi pezzi? E perché essi, spesso, recano impronte di tanti animali o orme – spesso – di bambini?
La produzione dei mattoni nell’antica Roma
La manifattura dei laterizi era un processo meticoloso che coinvolgeva diverse fasi:
- Estrazione dell’argilla
Si selezionavano giacimenti di argilla di alta qualità, preferibilmente vicini al luogo di costruzione, per facilitare il trasporto. - Preparazione dell’argilla
L’argilla estratta veniva miscelata con acqua e setacciata per eliminare impurità, ottenendo una massa omogenea e lavorabile. - Formatura
La massa argillosa veniva modellata utilizzando stampi in legno per garantire uniformità nelle dimensioni dei mattoni. I Romani producevano mattoni di varie forme e dimensioni, tra cui:- Bipedales: 59,2 x 59,2 cm (2 piedi di lato)
- Sesquipedales: 44,4 x 44,4 cm (1,5 piedi di lato)
- Bessales: 19,7 x 19,7 cm (2/3 di piede di lato)
- Pedales: 29,6 x 29,6 cm (1 piede di lato)
- Essiccazione
I mattoni formati venivano lasciati essiccare all’aria aperta per un periodo variabile, affinché perdessero l’umidità in eccesso e acquisissero la consistenza necessaria per la cottura nella fornace. Il tempo di essiccazione dei mattoni romani variava in base a diversi fattori, tra cui il clima, la stagione, la dimensione del mattone e il livello di umidità dell’argilla. In genere, l’essiccazione all’aria aperta poteva durare da alcune settimane fino a un paio di mesi. Durante l’estate, in climi caldi e secchi, il processo poteva richiedere circa 2-3 settimane. In condizioni più umide o fredde, invece, poteva essere necessario attendere anche 6-8 settimane affinché l’argilla perdesse tutta l’umidità residua e fosse pronta per la cottura senza rischiare fratture o deformazioni nella fornace. La presenza di umidità, infatti, può sbriciolare il mattone, durante la cottura. E’ proprio durante il periodo di essiccazione all’aperto che essi potevano raccogliere le orme di animali vaganti o di esseri umani. Per l’essiccazione era necessario avere a disposizione ampi spazi all’aperto. Per questo i mattoni sovente catturano impronte. - Cottura
I mattoni essiccati venivano poi cotti in fornaci a temperature elevate, processo che li rendeva più resistenti e durevoli. La diffusione dei mattoni cotti avvenne tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., superando i limiti dei mattoni crudi che richiedevano tempi di essiccazione più lunghi e offrivano minore resistenza.
Il monogramma “IMP” impresso sulla mattonella indica una produzione legata all’autorità imperiale, suggerendo che tali materiali fossero destinati a edifici pubblici o a infrastrutture di particolare importanza. L’impronta accidentale di un cervo aggiunge un tocco di quotidianità al reperto, offrendo una finestra sulle interazioni tra l’ambiente naturale e le attività umane nell’antica Roma.
Le terme romane di Carlisle

Carlisle, nota come Luguvalium in epoca romana, ospitava un complesso termale significativo, che è in corso di scavo. Proprio nelle ore scorse si è chiusa la campagna archeologica invernale che ha portato alla perfetta delineazione degli spazi di un ampio calidarium – locale riscaldato, per i bagni caldi – e di un grosso muro di un edificio. Le terme romane erano centri sociali e culturali, oltre che luoghi dedicati all’igiene personale. Le strutture tipiche comprendevano il frigidarium (sala con vasca di acqua fredda), il tepidarium (sala con acqua tiepida) e il calidarium (sala con acqua calda), oltre a palestre e spazi per il relax. Le pilae, come quella rinvenuta, erano piccoli pilastri utilizzati per sostenere il pavimento sospeso (suspensura), permettendo la circolazione dell’aria calda prodotta dai forni sottostanti per riscaldare gli ambienti.