Archeologia. Nuove scoperte dagli scavi di Ostia antica. Cos’è quella cavità in fondo alla scala? Perché mosaici e oggetti d’arte e di culto? Studiosi e il ministro illustrano i nuovi ritrovamenti

Dobbiamo immaginare un’elegante facciata che dava sul corso, arteria della città, una strada elegante sulla quale si affacciavano cospicui edifici. Una gradinata conduceva a questo luogo, poi un’altra scala portava alla cavità, in un punto riservato e discreto.

Uno straordinario bagno rituale ebraico (mikveh) è emerso dagli scavi condotti nel Parco archeologico di Ostia Antica, presentati oggi. La campagna di scavo, realizzata nell’ambito del progetto OPS – Ostia Post Scriptum, è stata finanziata dal Ministero della Cultura, tramite la Direzione generale Musei, con uno stanziamento di fondi dedicato all’esecuzione di ricerche archeologiche, con un importo pari a 124.190 euro.

Le scale, accesso alla fonte sacra

Questa scoperta, dal valore storico eccezionale, ha portato alla luce un elemento chiave per la comprensione della presenza ebraica a Ostia in epoca romana. Non si tratta solo della conferma di una comunità ebraica ben radicata nell’area, ma anche di una testimonianza unica al di fuori della Terra di Israele, a dimostrazione della diffusione e persistenza delle pratiche rituali ebraiche nell’impero romano.

Il luogo del ritrovamento

Il significato culturale e storico della scoperta

La scoperta del mikveh nel cuore di Ostia Antica rappresenta un ritrovamento di importanza cruciale. Ostia, principale porto di Roma e crocevia di scambi commerciali e culturali nel Mediterraneo, era un luogo di incontro per diverse comunità etniche e religiose. La presenza ebraica in questa città era già documentata dalla celebre sinagoga ostiense, la più antica del Mediterraneo occidentale, costruita tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C.

Secondo il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, la scoperta “rafforza la consapevolezza storica di questo luogo quale vero crocevia di convivenza e di scambio di culture, culla di tolleranza tra popoli diversi che nella civiltà romana trovavano la loro unione”. Questa affermazione sottolinea come la presenza del mikveh attesti non solo la radicata esistenza della comunità ebraica a Ostia, ma anche il suo ruolo all’interno di una società multiculturale e aperta.

Il contesto archeologico del ritrovamento

Il mikveh è stato scoperto all’interno di un grande e sontuoso edificio, già ampiamente riportato alla luce, situato in un settore centrale della città. Quest’area, denominata “Area A”, si trova in prossimità dell’antico corso del Tevere ed è compresa tra:

  • l’edificio dei Grandi Horrea a ovest;
  • il santuario repubblicano dei Quattro Tempietti;
  • il Mitreo delle Sette Sfere e la Domus di Apuleio a sud;
  • il Piazzale delle Corporazioni a est.

Sorprendentemente, nonostante la sua posizione centrale, quest’area non era mai stata indagata in precedenza, e il suo scavo ha portato a risultati straordinari. Il mikveh si trova in un piccolo vano semi-ipogeo, dotato di un sottostante pozzo per la risalita dell’acqua di falda. La struttura si distingue per alcune caratteristiche peculiari:

  • un vano rettangolare con abside semicircolare;
  • una larga soglia in marmo con bordo rialzato;
  • una scala con tre gradini usurati, rivestiti di intonaco idraulico;
  • un pozzo circolare di 1,08 metri di diametro, destinato alla captazione dell’acqua di falda;
  • una nicchia rivestita di intonaco azzurro e conchiglie, sormontata da colonnine in stucco.

Il mikveh e la ritualità ebraica

Il mikveh era un elemento essenziale della pratica religiosa ebraica, destinato alla purificazione rituale. Le immersioni nel bagno rituale erano richieste in diverse occasioni, sia per uomini che per donne, in base alle prescrizioni della legge mosaica. Secondo le fonti rabbiniche, un mikveh doveva rispettare alcuni criteri fondamentali:

  1. l’acqua doveva provenire da una sorgente naturale, da acqua piovana o di falda;
  2. la capacità minima doveva essere di 40 se’ah (circa 500 litri);
  3. la profondità doveva consentire l’immersione completa di una persona.

I mikva’ot più antichi risalgono all’età asmonea (fine I secolo a.C.), con una larga diffusione in Giudea e Galilea in epoca erodiana. La scoperta di un mikveh di epoca romana fuori dai territori di Israele è un fatto eccezionale: l’unico altro esempio noto nella Diaspora è il mikveh di Palazzo Bianca a Siracusa, datato tra VI e VII secolo d.C.

I materiali rinvenuti

Lo scavo del mikveh ha restituito numerosi reperti di grande interesse, tra cui:

  • lacerti di intonaco con decorazioni;
  • lucerne con simboli ebraici, tra cui una decorata con menorah e lulav;
  • frammenti marmorei appartenenti a un’epigrafe e a statue di piccole dimensioni;
  • un bicchiere in vetro integro, databile tra V e VI secolo d.C.

La presenza della menorah e del lulav sulla lucerna conferma l’uso ebraico del sito, rafforzando l’ipotesi che il vano semi-ipogeo fosse un mikveh destinato alla purificazione rituale.

Conclusioni e prospettive future

La scoperta del mikveh a Ostia Antica rappresenta un punto di svolta per gli studi sull’ebraismo nella Roma imperiale. Essa non solo amplia la nostra comprensione della vita quotidiana delle comunità ebraiche della Diaspora, ma dimostra anche l’importanza di Ostia come centro multiculturale nell’antichità.

Secondo il Direttore del Parco archeologico di Ostia Antica, Alessandro D’Alessio, “questa scoperta conferma l’entità della presenza ebraica a Ostia nel corso di tutta l’età imperiale, dagli inizi del I secolo fino al V-VI secolo d.C., quando la sinagoga ostiense cessò di esistere”.

Il progetto OPS – Ostia Post Scriptum continuerà le ricerche nell’area, con l’obiettivo di approfondire le connessioni tra il mikveh e altri edifici adiacenti, nonché di rendere il sito accessibile al pubblico. Questa scoperta, con il suo valore storico, religioso e culturale, apre nuovi scenari per la conoscenza dell’antica Ostia e delle sue comunità multietniche.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa