Archeologia, nuove scoperte in Egitto. Come un castello di sabbia. Scavi e trovi una porticina. Scendi e che scopri? Cosa sono quegli strani involti che sembrano vecchi tappeti? E tutti quei vasi preziosi? E le collane? Rispondono gli archeologi

Sotto il sole implacabile di Aswan, nel deserto che avvolge la necropoli rupestre di Qubbet el-Hawa, riaffiora la memoria di un’epoca spezzata tra gloria e decadenza. La sabbia ha restituito tre tombe scavate nella roccia, prive di nomi e iscrizioni, ma ancora pregne del profumo del passato. Quali storie, quali speranze e quali disillusioni si celano tra quelle pareti mute?


Il cuore sepolto del Sud

Nel ventre silenzioso della collina, le ombre degli antichi funzionari emergono dalla pietra

Il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano (وزارة السياحة والآثار) ha annunciato oggi – in una comunicazione ufficiale che ha immediatamente fatto il giro del mondo – la scoperta di tre nuove tombe scavate nella roccia, nella necropoli di Qubbet el-Hawa, presso Aswan, l’antica Swenet. Situata sulla riva occidentale del Nilo, a circa 900 chilometri a sud del Cairo, Qubbet el-Hawa è uno dei più importanti e suggestivi complessi funerari della Nubia egiziana.

Le nuove sepolture, venute alla luce durante l’ultima campagna di scavi condotta da una missione archeologica egiziana, risalgono principalmente all’Antico Regno (2700–2180 a.C.), ma mostrano segni evidenti di riutilizzo nel Medio Regno (2055–1650 a.C.), testimoniando la lunga e stratificata memoria funeraria del sito.


L’Antico Regno senza volto

Tombe anonime, offerte rituali e tracce di un potere che si sgretola

Le tombe appena scoperte sono tutte prive di decorazioni e testi geroglifici. Appaiono mummie, negli angoli. Doni votivi. Collane. Ma non ci sonno nomi. Un’assenza che potrebbe apparire come un dettaglio minore, ma che in realtà apre squarci significativi su un momento critico della civiltà egizia: il passaggio dalla potenza centralizzata dell’Antico Regno alla crisi sociale e politica del Primo Periodo Intermedio, circa 4200 anni fa.

Secondo Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, queste sepolture costituiscono «un’aggiunta scientifica importante», perché forniscono nuovi elementi all’interpretazione di quella fase di declino che seguì la sesta dinastia e anticipò l’ascesa dei principi tebani.

La prima tomba è dotata di un cortile esterno, in cui gli archeologi hanno rinvenuto due porte finte – elementi simbolici che permettevano allo spirito del defunto di ricevere le offerte – e due tavole per le offerte, insieme a ceramiche e sarcofagi in legno in stato frammentario. All’interno del pozzo di sepoltura sono stati trovati resti scheletrici umani e vasi con iscrizioni ieratiche, riconducibili con certezza all’Antico Regno.


L’anonimato della rinascita

La seconda tomba: un’eco muta tra due epoche

La seconda tomba, situata a ovest della prima, condivide lo stesso silenzio epigrafico. Anche qui sono state ritrovate due tavole per le offerte e ceramiche, ma con una particolarità: gli oggetti, per stile e tecnica, risalgono al Medio Regno, suggerendo un riutilizzo della sepoltura in epoca successiva. Gli archeologi ipotizzano che la tomba sia stata originariamente costruita alla fine dell’Antico Regno o all’inizio del Primo Periodo Intermedio, e poi riutilizzata nei secoli successivi, segno della continua sacralizzazione del luogo.


La terza sepoltura, e i bambini

La morte dei più piccoli, in un contesto ancora tutto da decifrare

Più a ovest ancora, in prossimità della tomba di Ka-Kem, un funzionario della XVIII dinastia, è stata ritrovata la terza tomba, architettonicamente diversa dalle precedenti. Anche questa è priva di iscrizioni, ma ha restituito una grande quantità di ceramica ben conservata e diversi scheletri, alcuni dei quali appartenenti a bambini.

La presenza di giovani defunti apre interrogativi toccanti: erano figli di funzionari locali? Furono vittime di un’epidemia, o sepolti in uno stesso spazio per vincoli familiari? In attesa di un’analisi antropologica approfondita, la tomba si presenta come uno dei ritrovamenti più toccanti e misteriosi della campagna.


Qubbet el-Hawa: la collina dei governatori

Uno dei complessi funerari più affascinanti dell’antico Egitto meridionale

Qubbet el-Hawa, il cui nome significa “La cupola del vento”, è celebre per le sue spettacolari tombe rupestri risalenti soprattutto al Medio e Nuovo Regno. Vi si trovano le sepolture di numerosi governatori della provincia meridionale (Elefantina), funzionari che ebbero un ruolo fondamentale nei rapporti tra Egitto e Nubia.

La necropoli fu utilizzata per quasi mille anni, e le nuove scoperte ne confermano l’importanza ininterrotta come luogo sacro e privilegiato di sepoltura per le élite locali. Il sito è stato oggetto di campagne sistematiche di scavo e restauro dal XX secolo in poi, in particolare da parte di missioni tedesche e spagnole, ma il nuovo impulso dato dalle autorità egiziane lascia presagire una nuova stagione di scoperte.


Il silenzio delle pietre, la voce dei morti

Quando l’archeologia racconta le crisi e i ritorni di una civiltà millenaria

La nudità di queste tombe – spoglie di testi, di nomi, di volti – potrebbe sembrare un limite. Ma, come insegnano gli archeologi, anche il silenzio ha una voce. In questo caso, racconta l’incertezza di un’epoca, la perdita della centralità faraonica, l’affermazione di poteri locali, e la sopravvivenza dei rituali in tempi di ristrettezze economiche. Le tombe senza iscrizioni parlano di una società che non ha più i mezzi per scolpire l’eternità nella pietra, ma che continua a credere nel viaggio dell’anima.

Il fatto che le sepolture siano state riutilizzate nel Medio Regno, secoli dopo la loro costruzione, sottolinea una continuità spirituale profonda, un senso del luogo che va oltre la semplice pietra. Come se, nel cuore del deserto, certi luoghi non cessassero mai di parlare agli dèi.


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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa