Misteri e scoperte. Emergono segreti del principe celtico del V secolo, sepolto con gioielli d’oro sul suo carro, accanto a un calderone che poteva contenere 200 litri di vino. La pace come arma? Il vino come diplomazia?

Articolo originale redatto dalla redazione di Stile arte – completamente accessibile.

Sempre più particolari emergono sul principe di Lavau, capo di importanti comunità celtiche francesi, morto a circa 30 anni, nel V secolo a. C.. Quest’uomo, sepolto in una tomba gigantesca, sul suo carro, i torque d’oro sul suo corpo, accanto a bacili per il simposio, inteso come simbolo di unità e di pace, potrebbe essere stato un “federatore” in grado di unire attraverso la convergenza e la diplomazia? Nella tomba non sono state trovate armi. Il bacile, il servizio per la “comunione” dei capi e del popolo sono stati posti nella tomba, accanto al carro, che indica il suo potere. Ma al di là delle libagioni estreme durante il rito funebre o di un corredo finalizzato ad addolcire i mostri dell’Oltretomba, il servizio conviviale potrebbe anche essere il simbolo personale del signore, che forse sottolineava la vera propensione politico-diplomatica, rispetto alla logica delle armi. Del resto i celti, come gli etruschi, avevano la necessità di creare raccordi entro un reticolo di città-stato.

Un decennio di scavi, restauro e misteri intorno alla tomba francese più affascinante della Seconda Età del Ferro.


Unica per imponenza architettonica e ricchezza simbolica, la tomba principesca di Lavau — nel dipartimento dell’Aube — si inserisce al centro di un vasto complesso funerario articolato: un recinto quadrangolare ne delimita l’area sacra, mentre un portico monumentale e una rampa processionale conducono al cuore del tumulo, dove il defunto riposa su un carro cerimoniale. Lavau si trova nel nord-est della Francia, nel dipartimento dell’Aube, regione Grand Est, a pochi chilometri dalla città di Troyes e a 160 chilometri da Parigi. È un piccolo comune della Champagne, in una zona attraversata da importanti vie fluviali e antichi assi di comunicazione, strategici già in epoca protostorica.

Scoperta nel 2015, la sepoltura è circondata da un grande fossato e dominata da un tumulo visibile anche in veduta aerea, rivelando una concezione spaziale studiata per impressionare. Disteso al centro della camera funeraria, il personaggio — ornato con i suoi gioielli — è accompagnato da un ricchissimo corredo composto da stoviglie in bronzo, argento e ceramica, segno di un rango elevatissimo e di una vocazione cerimoniale.

Da un decennio, l’Inrap e il Centro di Ricerca e Restauro dei Musei di Francia (C2RMF), in collaborazione con numerosi enti e studiosi, conducono lo studio sistematico di questo eccezionale sito celtico: una tomba risalente agli inizi del V secolo a.C., rimasta in uno stato di conservazione straordinariamente integro, che continua a restituire tracce di una civiltà raffinata, diplomatica, profondamente connessa al mondo mediterraneo.


Un laboratorio archeologico a cielo aperto

Nel 2015, l’équipe dell’Inrap, nel corso di un’operazione preventiva, si imbatteva in una delle più imponenti sepolture aristocratiche dell’Europa celtica. Dieci anni dopo, quella scoperta ha ridisegnato la nostra comprensione del fenomeno principesco nella Champagne e, più in generale, della società gallica del V secolo a.C. Un secolo prima della nascita ufficiale di Roma repubblicana, qui si erigevano tumuli monumentali, si seppellivano i potenti con arredi fastosi e si imitavano, con libertà creativa, i modelli del mondo mediterraneo.

L’imponente base della tomba del principe di Lavau © Denis Gliksman, Inrap

La tomba cosiddetta “di Lavau” si colloca nel cuore di una necropoli già frequentata durante l’età del Bronzo. Essa si distingue per le dimensioni e per la straordinaria architettura: un recinto quadrangolare, un portico monumentale, una rampa di accesso e un tumulo centrale di 40 metri di diametro. Al centro, una camera sepolcrale sigillata da lastre e protetta da secoli di silenzio.


La Seconda Età del Ferro e la potenza dei principati

Servizio di importazione, che comprende diversi contenitori di bronzo composti da un grande calderone, un cisto, bacili e una piccola brocca per vino, che si trova in un eccezionale complesso funebre monumentale, in Lavau (Aube) nel 2015. Questi contenitori sono raccolti in un angolo della tomba. La dimensione del bacile è notevole com’è evidente nel rapporto dimensionale con lo scheletro del principe che vediamo nella parte superiore della fotografia © Denis Gliksman, Inrap

La sepoltura si data attorno al 450 a.C., in piena fase La Tène A1. La sua posizione strategica, sui percorsi cruciali che collegavano il mondo mediterraneo all’Europa settentrionale, fa supporre che Lavau, insieme a Vix, fosse uno snodo commerciale e politico di prima grandezza. Due poli gemelli, sulle rive della Petite Seine, al centro di un sistema di potere proto-statale. Questi centri si sviluppano grazie all’importazione di beni prestigiosi — vino, oggetti in bronzo e argento, ceramiche — che riflettono la capacità delle élite locali di mediare tra culture lontane.


L’arredo: una narrazione in oggetti

Il defunto — un uomo di circa trent’anni, probabilmente morto per una caduta o una ferita mal guarita — è stato deposto su un carro cerimoniale. Intorno a lui, una straordinaria parata di oggetti:

  • Un grande calderone in bronzo con teste di Acheloo a ornare i manici.
  • Un’oinochoe greca a figure nere, forse prodotta ad Atene, decorata con Dioniso e rifinita con lamine d’oro e un piede in argento.
  • Una cista per contenere liquidi, bacinelle, coppe.
  • Gioielli in ambra e corallo, bracciali e torques in oro di altissima fattura.
Il torque e il braccialetto del “principe”. Notiamo, alle due estremità del torque, quelli che potrebbero apparire come bacche del vischio, frutto sacro per le popolazioni celtiche. La mancanza di armi nella tomba e la presenza contestuale della rappresentazione del vischio potrebbe indicare il membro di una famiglia reale, considerato massimo punto di riferimento per la diplomazia e per la religione? @ Inrap

Il simposio, rituale mediterraneo per eccellenza, è qui trasfigurato in chiave celtica. Non è più semplice convivialità aristocratica, ma parte integrante del rito funerario e dell’autorappresentazione del potere.

La brocca di fattura greca, trovata nella tomba @ Inrap

Il rito: un’architettura del commiato

Tutto lascia pensare a una cerimonia lunga, solenne, complessa. Il corpo, forse eviscerato, fu adagiato su un letto d’erbe con proprietà conservanti, come indica la distribuzione di pollini e residui vegetali. La mummificazione non era nota alle culture celtiche, ma qui si ipotizza un trattamento del corpo che mira a ritardare la decomposizione: un atto dovuto a un personaggio che non poteva sparire nel silenzio della decomposizione anonima.

Intorno alla camera, il recinto monumentale serviva a orchestrare la visibilità e la sacralità dell’evento. Un teatro sacro per il passaggio dell’anima.


“Principe” o “Re”?

L’aggettivo “principe” è utilizzato con cautela dalla comunità scientifica, ma i simboli di autorità presenti nella tomba inducono a riflettere su un potere forse più strutturato. In un contesto in cui i principati gallici si preparavano a trasformarsi in proto-città — oppida —, la figura di Lavau rappresenta forse uno degli ultimi vertici di una gerarchia che stava mutando.

Ecco allora che lo sfarzo non è solo ostentazione: è dichiarazione politica. La mise-en-scène del defunto riflette il suo rango, il suo ruolo, la sua funzione di guida in vita e forse anche oltre la morte.


Acheloo (in greco Ἀχελῷος, Achelōios) era, nella mitologia greca, una divinità fluviale arcaica tra le più antiche e potenti, personificazione dell’omonimo fiume della Grecia nordoccidentale, l’Acheloo, che separava l’Etolia dall’Acarnania. Era considerato il più importante tra i fiumi e sovrano di tutte le acque correnti: Esiodo e altre fonti lo collocano come primogenito tra i tremila figli di Oceano e Teti, ovvero tra le divinità fluviali primordiali.

Un dio dalle molte forme

L’elemento fluido e l’ambiguità della metamorfosi

Acheloo – qui ne vediamo l’immagine che decora il bordo e l’anello del bacile del principe di Lavau – era celebre per la sua capacità metamorfica: poteva trasformarsi in serpente, toro, drago o fiume stesso. In una celebre leggenda, raccontata da Sofocle e Ovidio, contese la mano di Deianira con Eracle in un duello feroce, durante il quale si mutò più volte, finché Eracle non lo vinse spezzandogli un corno. Quel corno venne poi trasformato nel “cornucopia”, simbolo di abbondanza. Questa narrazione fonda un archetipo visivo e simbolico potentissimo: Acheloo come forza primordiale, caotica, feconda ma anche temibile, che deve essere domata o integrata. E’ probabile che questa divinità – dalle corna e dalle orecchie animali – trovasse assonanze con un dio dell’olimpo celtico.

Acheloo nel contesto della tomba di Lavau

Dal Mediterraneo al cuore celtico: scambi, prestiti e significati condivisi

Nel caso della tomba di Lavau, Acheloo compare fuso sul grande grande calderone bronzeo importato probabilmente da un’officina etrusco-italica o greco-orientale e associato a un contesto simposiale di alto rango. La sua presenza non è dunque solo decorativa, ma probabilmente intrisa di significati religiosi e simbolici. Due interpretazioni, non mutualmente esclusive, possono essere avanzate:

Acheloo come simbolo di potere cosmico e rigenerazione

Essendo signore delle acque e fonte di fertilità, Acheloo poteva ben rappresentare la forza vitale che oltrepassa la morte. In una tomba principesca, dominata da simbologie di transito e rinascita, evocare un dio fluviale arcaico e potente come Acheloo poteva alludere a un passaggio fra mondi, a un ciclo di morte e rigenerazione, o anche al potere del defunto di dominare elementi primordiali.

Il dio straniero che conferma l’alto rango del principe

In un’altra lettura, più socio-politica, Acheloo potrebbe essere visto come uno “status symbol”. L’inserzione di una figura mitologica greca in un oggetto d’élite celtico rinforza l’idea di un’aristocrazia transalpina che si riflette negli ideali eroici e teologici del Mediterraneo. L’aristocratico sepolto a Lavau si proietta così su uno sfondo più ampio, appropriandosi di una cosmologia esotica per sottolineare la propria centralità nel mondo conosciuto.

Un sincretismo spirituale?

Quando le icone viaggiano con i mercanti

Non possiamo escludere che la presenza di Acheloo su un oggetto in terra celtica sia anche il risultato di una trasmissione visuale avulsa dal suo significato originario. Ma il fatto che il calderone fosse collocato al centro della camera funeraria, con i suoi possenti anelli zoomorfi e la testa del dio alata e cornuta bene in vista, suggerisce un’intenzionalità rituale.

Anche se i Celti non veneravano Acheloo nel senso stretto, potevano averlo riconosciuto come una divinità affine a loro figure fluviali autoctone, come Sequana (Senna) o Danu. In questo modo, il dio greco si sarebbe “celticizzato”, diventando una maschera adatta a un’altra visione del sacro.


Il restauro: una macchina del tempo attivata dalla scienza

Il C2RMF (Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France) ha lavorato per un decennio su un corpus di oggetti fragili, unici, preziosi. Metalli, ceramiche, vetri, resine. Il restauro ha interessato centinaia di frammenti, tra cui una bottiglia scanalata in vetro ridotta in 68 pezzi. Le analisi spettrografiche, radiografiche e tomografiche hanno permesso di indagare non solo la composizione dei materiali — ad esempio l’oro, che contiene anche rame e argento — ma anche le tecniche di lavorazione, come l’uso della pece di betulla per incollare le lamine metalliche.

L’archeometria ha decifrato gesti invisibili: abrasioni, levigature, segni lasciati da pinze e martelli. Ha restituito la voce alle mani degli artigiani.


Il vino dei morti

Analisi residue hanno identificato nei contenitori tracce di bevande fermentate, con aromi che suggeriscono un vino speziato. Un vino “civilizzato”, modellato sul gusto greco, ma forse reinterpretato secondo formule locali. Questo dato non è secondario: il simposio, nel mondo celtico, non è imitazione passiva, ma rielaborazione identitaria. E il banchetto funebre, ben documentato anche da fonti romane successive, era momento di coesione e di celebrazione del rango.


Il simposio: origine, funzione, significato

Un rito conviviale d’élite, fra politica, religione e alleanza

Il simposio era, in origine, un elemento centrale della cultura aristocratica greca (e successivamente etrusca), non una semplice occasione per bere, ma una cerimonia strutturata, regolata da norme complesse, che riuniva una cerchia ristretta di uomini liberi e pari. Avveniva in spazi dedicati (come l’andron delle case greche), e prevedeva il consumo rituale del vino mescolato con acqua, musica, giochi intellettuali e talvolta pratiche religiose.

Il vino era veicolo di alterazione controllata: stimolava la parola, l’ispirazione poetica e filosofica, ma anche la verità (aletheia), in quanto eliminava la maschera della sobrietà quotidiana. Nel simposio si celebrava dunque la coesione di una classe dirigente: era uno strumento per consolidare alleanze, mostrare status, stringere patti. In ambito etrusco e celtico, la funzione si dilata: il simposio non è solo privato, ma pubblico, perché incarna la gerarchia, il prestigio e il potere del donatore.


Il calderone: cuore simbolico della tomba

Un oggetto sovradimensionato, per una visione regale del potere

Il grande calderone in bronzo, verosimilmente d’importazione greco-orientale o etrusca, è al centro della camera sepolcrale. Misura circa 1 metro di diametro e oltre 200 litri di capacità. Era destinato a contenere vino diluito per un banchetto collettivo. La presenza di questo recipiente, arricchito da figure mitiche come Acheloo, trasforma il simposio in un evento cosmico e regale.

Non si tratta, dunque, di un oggetto da uso quotidiano, ma di un manufatto sacralizzato, destinato a una messa in scena del potere: il principe è colui che possiede, distribuisce e governa il vino — simbolo della civiltà, della pace, dell’alleanza. Il banchetto funebre si prolunga oltre la morte, e afferma che il defunto continua a fungere da nodo diplomatico tra clan, gentes o territori.


Altri oggetti legati al simposio

Servizi da banchetto come strumenti di legittimazione sociale

Nella tomba sono stati rinvenuti:

  • Un cratere a volute attico di produzione greca, per mescolare vino e acqua, con decorazioni rosse figurate.
  • Un servizio da banchetto completo, con brocche, coppe e anfore bronzee ed etrusche.
  • Un situla cesellata per versare liquidi.
  • Un coltello da carne e resti di animali sacrificati o consumati, che rimandano a un pasto rituale comunitario.

La combinazione di questi elementi costruisce una narrazione materiale: il principe non è solo un capo militare, ma un mediatore culturale, un uomo del simposio — cioè della parola, della pace, della rappresentanza. Il fatto che il calderone sia sovradimensionato rispetto a qualunque esigenza reale suggerisce una funzione cerimoniale e diplomatica, e non utilitaria.


Presenza o assenza di armi

Un potere che non si fonda sulla forza, ma sull’egemonia simbolica?

Uno degli aspetti più sorprendenti della tomba di Lavau è l’assenza di armi da guerra offensive. Non sono stati rinvenuti spade, lance, punte di freccia, né elmi o corazze. Questo è atipico per una sepoltura celtica maschile d’alto rango, dove l’arsenale personale era normalmente parte essenziale del corredo funerario.

Tuttavia, erano presenti oggetti regali e rituali, tra cui:

  • Un grande torquis d’oro massiccio, simbolo di autorità soprannaturale.
  • Una fibula d’oro decorata, che segnalava status e legame con il mondo italico.
  • Raffinatissime ceramiche e recipienti d’importazione.

La mancanza di armi ci autorizza a pensare che il potere del defunto fosse più politico e simbolico che militare. Forse era un sovrano-sacerdote, un diplomatico, un re mediatore. In lui si condensavano funzioni cerimoniali, commerciali e religiose. Governava non tramite la spada, ma attraverso il dono, il banchetto, il prestigio.


Il simposio come strumento di dominazione culturale

Evoluzione dall’eroismo bellico all’egemonia simbolica

In età omerica il banchetto era privilegio degli eroi vincitori. In ambito celtico del V secolo a.C., il simposio muta funzione: da celebrazione della vittoria, diventa luogo di alleanza, di accoglienza dei vinti, di costruzione di gerarchie pacificate. Il principe celtico che importa oggetti greci e pratica il simposio mostra la capacità di connettere mondi, non solo di dominarli.

L’integrazione dell’elemento greco (Acheloo, cratere, simbologie dionisiache) nel cuore della Gallia orientale è un atto politico potente: il defunto si pone come colui che contiene il Mediterraneo, che lo comprende e lo governa. In un certo senso, trasforma la diplomazia in una forma di teologia del potere.


Un’eredità per il futuro

Il lavoro di conservazione e analisi è stato possibile grazie a una stretta collaborazione tra ministero della Cultura, enti locali e laboratori scientifici. Il mobilio sarà esposto dal gennaio 2026 al Musée d’Art Moderne di Troyes. Una monografia ha già cominciato a restituire i primi risultati (Gallia, 2024), ma il cantiere interpretativo resta aperto. E destinato a durare.

L’archivio digitale, i dati archeometrici, le riproduzioni 3D, saranno messi a disposizione della comunità scientifica e del grande pubblico. Lavau non è più solo un sito: è un laboratorio, un atlante, un’interrogazione viva sul passato europeo.


Il documentario

Il 14 giugno 2025, in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, Arte trasmette Indagine sulla tomba dell’ultimo principe celtico, prodotto da Gédéon. Un racconto avvincente, che segue passo passo il lavoro sul campo e in laboratorio, restituendo un ritratto dettagliato e coinvolgente di una delle figure più misteriose e potenti dell’Europa preromana.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa