Archeologia. Questa cosa ha un’anima. Cos’è? Come seppellirla? Perché sottrarla alla vista di tutti? Come le donne del Neolitico gestivano utensili e sostanze spirituali, tra casa e spazi di devozione comune? Le risposte in un nuovo studio

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Autonoma di Barcellona (UAB) ha rivelato il profondo valore simbolico e rituale degli strumenti di macinazione utilizzati dalle prime società neolitiche in Europa. Pubblicato sulla rivista Journal of Archaeological Science: Reports, lo studio analizza depositi rituali di mole o mulini in pietra rinvenuti in Germania, offrendo una nuova chiave di lettura sulla loro funzione – non soltanto pratica – all’interno delle comunità preistoriche. Lo studio è stato condotto da Erik Zamzow, Marina Eguíluz Valentini, Mario Küßner, Roberto Risch.

Sugli oggetti, probabilmente, si proiettava la soddisfazione per la novità tecnologica e, al tempo stesso, si materializzava il mondo femminile che ne era il principale utilizzatore. Dovremmo chiederci se il Neolitico si presentò con l’euforia collegata ai periodi di espansione economica. In questo contesto le mole per i cereali dovevano essere la chiave di accesso alla felicità. E, probabilmente, gli strumenti per la molitura avevano una sorta di funzione attrattiva magica per i grani.

I mulini neolitici: oggetti funzionali e simbolici

Gli archeologi si sono concentrati su tre depositi situati in Germania, presso Goseck (Sassonia-Anhalt) e Sömmerda (Turingia), appartenenti alla cultura della ceramica a bande, una civiltà fiorita tra il 4900 e il 4650 a.C. L’analisi ha permesso di identificare quattordici gruppi di mole in pietra, la cui disposizione e il cui stato di usura hanno rivelato una connessione diretta con il ciclo della vita umana.

Tradizionalmente, in archeologia, gli strumenti di macinazione venivano considerati semplici utensili per la trasformazione dei cereali in farina. Tuttavia, il team della UAB ha dimostrato che questi strumenti erano legati a un sistema simbolico più complesso, connesso al concetto di tempo, alla natura e all’evoluzione degli insediamenti. Del resto siamo nel Neolitico. Pietre da mola e basamenti costituiscono una delle chiavi simboliche del nuovo mondo, più della vecchia freccia che, certo non tramonta, ma che si rivela una necessità arcaica, permanente nel tempo. Quindi i mulini sono il nuovo mondo, quello dell’agricoltura. Ogni oggetto tecnologico che porta a questa rivoluzione viene sacralizzato. Forse visto in un’aura animistica.

L’importanza della selezione e disposizione

Uno degli aspetti più significativi emersi dallo studio riguarda il modo in cui questi mole o mulini venivano ritirati dall’uso quotidiano e deposti in contesti rituali. Alcuni erano quasi nuovi, altri mostravano segni di usura intermedia, mentre altri ancora erano completamente consumati. Questa variabilità suggerisce una chiara analogia con le diverse fasi della vita: nascita, crescita e morte.

Inoltre, i mulini venivano disposti con estrema cura nei depositi, con le superfici di macinazione a contatto e seguendo un preciso orientamento est-ovest. Tale disposizione potrebbe avere un significato astronomico o cosmologico, enfatizzando il loro legame con i cicli naturali e temporali. Alcuni studi precedenti avevano già suggerito un nesso tra i megaliti neolitici e l’osservazione astronomica, e questa scoperta fornisce nuove prove a sostegno di tale ipotesi.

“In questi contesti, gli utensili erano per lo più disposti con la superficie di lavoro rivolta verso il basso, in pile o disposti in modo circolare. Raramente si trovano in posizione di lavoro – dicono gli archeologi – Un altro tipo di disposizione è stato osservato nel deposito di Saint-Denis, dove le lastre di macinazione più grandi circondavano circolarmente gli utensili più piccoli, simile alla disposizione del deposito più giovane di Goseck. Anche se apparentemente non ci sono regole rigide che determinano la configurazione di queste deposizioni, ci sono delle somiglianze che collegano quelle del Bacino di Parigi e del Belgio a quelle della Germania centrale. Questi aspetti sono 1) che due o più utensili sono stati posizionati nei depositi, 2) le lastre di macinazione sono sempre presenti, solitamente in connessione con utensili associati come pietre per mani, pietre per martelli o altri utensili macrolitici, 3) il modo in cui gli utensili sono disposti è pianificato anche se non in modo rigido, e 4) le deposizioni hanno una chiara connessione con strutture come case, insediamenti o punti di riferimento”.

Materiali da regioni remote: un valore sociale elevato

Un altro dato sorprendente riguarda l’origine dei materiali utilizzati per la fabbricazione delle mole o mulini. Le analisi petrografiche indicano che le pietre provenivano da aree geografiche lontane, implicando un considerevole investimento in termini di tempo e risorse per il loro trasporto e lavorazione. Questo aspetto suggerisce che i mulini non erano semplicemente strumenti domestici, ma oggetti di prestigio e simboli di continuità culturale. L’ampia rete di scambi e commerci che caratterizzava il Neolitico appare dunque ancora più complessa, dimostrando come anche strumenti apparentemente semplici potessero avere un’importanza centrale nelle dinamiche sociali ed economiche.

Le donne e il tempo: un legame profondo con i mulini

Secondo Erik Zamzow, ricercatore di dottorato presso il Dipartimento di Preistoria dell’UAB e autore principale dello studio, l’uso dei mulini era strettamente associato alla vita quotidiana delle donne nella cultura della ceramica a bande. Ogni strumento, nel suo ciclo di produzione, utilizzo e deposizione, rifletteva la continuità della conoscenza trasmessa di generazione in generazione. Il deterioramento progressivo dei mulini rispecchiava non solo il logorio del tempo, ma anche il passaggio della sapienza tra le donne della comunità.

“L’intenzione dietro questi depositi riflette una concezione multiforme del tempo, legata non solo ai raccolti, ma anche alla vita delle donne che utilizzavano i mulini giorno dopo giorno”, afferma Roberto Risch, coordinatore dello studio.

La connessione tra questi strumenti e la vita femminile potrebbe essere stata fondamentale nella trasmissione della memoria collettiva. I mulini non erano soltanto oggetti d’uso quotidiano, ma veicoli di una cultura materiale che trascendeva la mera funzionalità. La loro usura e la loro deposizione rituale potrebbero aver segnato momenti chiave nella vita delle donne, come la transizione all’età adulta, il matrimonio o la fine della fertilità.

Oltre la funzionalità: un nuovo paradigma interpretativo

Fino ad oggi, gli utensili abrasivi preistorici erano stati analizzati esclusivamente da una prospettiva funzionale. Il team della UAB propone invece una lettura più ampia, suggerendo che questi strumenti fossero depositati non solo in relazione ai ritmi agricoli annuali, ma anche come parte di un sistema di significati legato alla vita umana e alla continuità della comunità.

Questa visione trova conferme anche in altre aree europee: in Francia, Belgio e altre regioni dell’Europa centrale sono stati identificati almeno venti depositi simili, contenenti un totale di ottantanove utensili attribuiti a tredici insediamenti neolitici.

Marina Eguíluz, coautrice dello studio, sottolinea che queste pratiche non appartengono esclusivamente al passato: “Anche oggi, nelle società agrarie autosufficienti, i mulini a mano sono strumenti essenziali, il cui utilizzo implica un adattamento continuo tra il corpo della donna e la pietra, attraverso anni, a volte decenni, di lavorazione.”

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa