Uno strano condotto. Scassato nel soffitto indica che ci sono stanze, al di là di questo punto. Così blocco dopo blocco, i detriti vengono rimossi e si accede a una stanza sotterranea che è rimasta bloccata per circa 400 anni. Una capsula del tempo. Ma a che serviva questa sala?

Dopo secoli di silenzio e leggende mai confermate, il sottosuolo del Castello di Halyč ha finalmente rivelato una delle sue camere segrete. Un team di archeologi ucraini, guidato dalla National Academy of Sciences of Ukraine, ha recentemente portato a termine un’impresa attesa da decenni: l’accesso a un ambiente celato sotto una torre crollata, rimasto sigillato per quasi trecento anni. L’evento, già straordinario sul piano archeologico, ha riacceso anche l’interesse per una figura finora avvolta nell’ombra: quella dell’architetto italiano Francesco Corazzini, che nel Seicento contribuì alla ristrutturazione della fortezza.

Una scoperta sotto metri di macerie
La svolta è arrivata quando il direttore della Riserva Nazionale di Antico Galich, Vladimir Oleynik, durante un sopralluogo ha identificato un piccolo condotto d’aria nel sottosuolo, al di sotto della zona dove sorgeva una torre rinascimentale. Questo foro di ventilazione, che diveniva un condotto, portava a una camera sotterranea la cui esistenza era stata fino ad allora soltanto ipotizzata.
Il passaggio era troppo stretto per essere attraversato e completamente ostruito da detriti. Gli archeologi ipotizzano che la struttura sia crollata nel 1676, durante la guerra turco-polacca, quando le truppe ottomane guidate da Ibrahim Shah di Jahar attaccarono Halyč. I lavori di scavo, eseguiti interamente a mano per evitare danni strutturali, hanno richiesto il paziente smaltimento di oltre 150 metri cubi di terra e pietre.
Una casamatta, un arsenale o un tesoro?
Al momento dell’accesso, la camera si presentava spoglia, ma ben conservata, con tracce di intonaco e un ingegnoso sistema di ventilazione, probabilmente ascrivibile all’architetto italiano Corazzini, che diede una grande importanza al rapido smaltimento dei fumi delle armi e al ricambio d’aria, nelle varie stanze. L’architetto concepì un sistema dal potente tiraggio, come un’insieme di camini di aspirazione che correvano nel soffitto. La corrente d’aria convogliata dalla conduttura convogliava i fumi all’esterno. Durante l’estate, il sistema funzionava come refrigerante. E’ probabile che questa cavità fosse chiusa, durante l’inverno, attraverso tamponi di legno. Qui sotto vediamo la condotta, al centro.

E allora cos’era la stanza segreta? Uno spazio fortificato per il tiro con armi da fuoco oppure di un locale adibito alla custodia di materiali strategici o preziosi?
La presenza di un piccolo foro scavato nel muro sud-orientale della camera, ancora da esplorare, alimenta un’antica leggenda: quella di un tunnel segreto che unirebbe il castello al monastero fortificato di Krylos, a diversi chilometri di distanza. Un collegamento sotterraneo degno dei racconti cavallereschi e delle cronache dei tempi in cui i Turchi premevano ai confini della Polonia.
Il tocco italiano: Francesco Corazzini e la rinascita del castello
È proprio in questa fase storica, che entra in scena Francesco Corazzini, architetto italiano, attivo nei territori dell’attuale Ucraina occidentale. Figura poco conosciuta oggi, Corazzini fu chiamato nel XVII secolo per ristrutturare il castello di Halyč in un momento di grande instabilità politica e militare.
La sua opera si inserisce in un più ampio programma di fortificazione promosso dalla Corona di Polonia, allora potenza dominante nella regione. Corazzini non si limitò a interventi decorativi: il suo compito fu quello di adeguare l’antica roccaforte medievale alle nuove esigenze difensive imposte dall’avvento delle armi da fuoco e dai mutamenti della guerra d’assedio. Le torri, i bastioni e probabilmente anche le camere sotterranee – come quella appena scoperta – furono ridisegnati sotto la sua supervisione, fondendo lo stile rinascimentale italiano con le esigenze strategiche delle steppe orientali.
Nel 1661, Francesco Corazzini venne nominato architetto militare generale dell’esercito della Corona, guidando un gruppo di ingegneri e tecnici sotto la diretta autorità del re. Il suo ruolo fu quello di modernizzare il sistema difensivo di roccaforti e città, e la sua presenza a Halyč testimonia il prestigio della sua opera. Sebbene la documentazione sulla sua vita sia lacunosa, è evidente che Corazzini appartenesse a quella generazione di maestranze italiane che, tra tardo Rinascimento e Barocco, venivano richieste in tutta Europa orientale per la loro maestria nella progettazione di fortificazioni moderne.
Tra archeologia e memoria
La camera segreta di Halyč, tornata alla luce dopo secoli di oblio, non è solo un vano di pietra: è un ponte tra mondi e secoli diversi. Tra le pietre consumate dal tempo si annida una storia fatta di guerre, strategie, migrazioni e scambi culturali. Lì sotto, nelle gallerie buie e nei corridoi inesplorati, riecheggia ancora la voce di Francesco Corazzini, l’italiano dimenticato che contribuì a difendere un lembo di Europa minacciato dall’impero ottomano.
I prossimi mesi porteranno nuovi scavi, nuove ricerche e forse ulteriori aperture. Ogni centimetro svelato aggiunge un tassello alla storia della regione e alla mappa sempre più precisa del ruolo degli italiani nel plasmare il volto architettonico dell’Europa orientale. Con questa riscoperta, anche Corazzini – ingegnere, architetto, forse anche sognatore – torna a occupare il posto che gli spetta nella memoria storica del continente.