Archeologia. Scoperte strane ossa. Centinaia. Vengono dal forte romano. Trovati anche i doni del padrone al proprio cavallo morto: lucerna e brocche per l’aldilà. Chi erano questi militari romani? Cos’è stato trovato? Rispondono gli archeologi

L’azione è visibile dagli esiti del deposito. Chi pratica l’equitazione o conosce bene i cavalli è in grado di capire l’affetto che lega padrone ed animale; qualcosa di simile all’intesa tra uomo e cane. E provate ad immaginare cosa significasse essere in una zona di guerra o di pattugliamento, lontano da casa, con il proprio cavallo in grado di sentire, di capire, di uscire, con te da situazioni mortalmente pericolose. Tutti i giorni, insieme.

Così quando l’animale morì, il cavaliere si recò sulla fossa del cimitero dei cavalli del forte. Si inchinò. Depose una lucerna affinché l’animale potesse muoversi nell’oscurità; e tra petto e muso qualcosa da bere, durante l’attraversata.

Stoccarda, la necropoli dei destrieri: oltre 100 cavalli dell’esercito romano sepolti a Bad Cannstatt

Una scoperta eccezionale getta nuova luce sull’impiego militare ed emotivo dei cavalli nella Roma imperiale

Nel cuore della moderna Stoccarda, tra vie urbane e cantieri residenziali, affiora una pagina dimenticata della storia romana: oltre 100 scheletri di cavalli, risalenti al II secolo d.C., sono stati rinvenuti nel corso di uno scavo archeologico preventivo, svoltosi nell’area di Bad Cannstatt. Il ritrovamento, coordinato dalla società archeologica ArchaeoBW sotto la supervisione dell’Ufficio statale per la tutela dei monumenti storici (Landesamt für Denkmalpflege – LAD), si configura come una delle più significative scoperte archeozoologiche degli ultimi decenni in Germania e in Europa. La notizia è stata nelle scorse ore dal servizio archeologico di zona. Qui, nell’immagine sotto, il cimitero dei cavalli, durante lo scavo.


Un contesto militare di primaria importanza: Bad Cannstatt nel II secolo d.C.

Per comprendere il significato profondo di questo cimitero equino, è necessario contestualizzare l’area nel suo scenario storico. Nella prima metà del II secolo d.C., Bad Cannstatt rappresentava una delle basi strategiche più rilevanti della presenza romana in Germania sud-occidentale. In quest’area era stanziata un’unità di cavalleria romana, una “Ala”, composta da circa 500 cavalieri e da un numero complessivo di oltre 700 cavalli. Le “Alae”, a differenza delle coorti di fanteria, erano unità di cavalleria ausiliaria, spesso composte da non cittadini romani, ma perfettamente integrate nella struttura militare imperiale.

Il corpo militare era collocato nella zona di Hallschlag, mentre l’adiacente insediamento civile si sviluppava poco distante, in quella che oggi è Cannstatt. Era una guarnigione permanente, attiva indicativamente tra il 100 e il 150 d.C., e aveva la responsabilità di controllare l’area di transito tra il Reno e il Danubio, fondamentali arterie strategiche dell’Impero romano in Germania.


Una necropoli animale organizzata: logistica funeraria dell’esercito romano

La scoperta dei cavalli non è casuale. La loro sepoltura sistematica avveniva in un’area appositamente predisposta, circa 400 metri dal forte e 200 metri dall’abitato civile. Un’organizzazione che riflette un preciso ordine logistico e rituale. Quando un cavallo militare moriva, non veniva lasciato in decomposizione nei pressi del castrum: l’animale veniva trasportato e sepolto con cura, all’interno di fosse poco profonde, spesso adagiato su un fianco, con le zampe distese o piegate, come in un ultimo gesto di rispetto.

L’archeologa Sarah Roth, responsabile scientifica degli scavi per conto del LAD, sottolinea:

“Le prime ossa di cavallo scoperte ora sono state datate in modo casuale al II secolo utilizzando il metodo del radiocarbonio”.

Il sito non è inedito. Già negli anni ’20 del Novecento, durante i lavori edilizi presso la Nastplatz, erano stati trovati resti equini, interpretati come parte di uno “Schindanger”, ovvero un’area di smaltimento per animali. Tuttavia, mancava allora una visione complessiva del contesto. Le recenti indagini hanno definitivamente confermato l’identità di cimitero militare per cavalli.


Morte naturale o abbattimento? Le pratiche di fine vita dei cavalli militari

Un aspetto affascinante riguarda le modalità con cui i cavalli arrivavano alla sepoltura. Non si tratta di un unico evento catastrofico – come una battaglia o un’epidemia –, ma di un processo diluito nel tempo, coerente con la durata della presenza della cavalleria nell’area.

Ancora Sarah Roth chiarisce:

“Non sembra che i cavalli siano morti tutti simultaneamente in un evento importante. Si tratta piuttosto dei resti di animali morti per malattia, ferite o altre cause durante la presenza dell’Ala a Bad Cannstatt, oppure che non erano più in grado di svolgere il loro ruolo militare”.

Se il cavallo era ancora in grado di camminare, veniva condotto al luogo di sepoltura e ucciso sul posto, per evitare il trasporto della carcassa. Questo ci rivela una gestione razionale e pragmatica, ma anche un approccio ritualizzato, che differenziava i cavalli dell’esercito da animali da lavoro ordinari.


Corredi funerari equini: quando l’animale era più che uno strumento di guerra

Tra le tombe, gli archeologi hanno rinvenuto un caso eccezionale: due brocche e una piccola lucerna a olio, oggetti che normalmente accompagnano le sepolture umane, sono stati trovati nell’incavo della zampa di uno scheletro equino.

Secondo Roth:

“Qui vediamo un legame particolarmente stretto tra il proprietario e il suo cavallo. Anche dopo circa 1.800 anni, il dolore per la morte di questo singolo animale è ancora evidente”.

Questo singolo caso offre uno squarcio sull’affettività romana: il cavallo non era solo strumento bellico, ma compagno di vita e d’armi. Un gesto d’addio che rivela la presenza di un codice emotivo che va oltre la mera utilità.


Un uomo tra i cavalli: una sepoltura irregolare e inquietante

Accanto alle tombe equine, è stato rinvenuto anche lo scheletro di un uomo adulto, in posizione prona, privo di corredo e inserito nello stesso contesto dei cavalli. Si tratta di un’anomalia che ha sorpreso i ricercatori.

“Un ‘estraneo’ alla società antica potrebbe essere stato sepolto qui in modo irriverente”, afferma Roth.

Potrebbe trattarsi di un emarginato, uno schiavo, un criminale, o persino di un soldato caduto in disgrazia, sepolto volutamente in uno spazio non consacrato. La sua collocazione, lontana dalle necropoli umane tradizionali, suggerisce una forma di esclusione post mortem, un atto deliberato di spoliazione simbolica.


Il valore scientifico della scoperta: archeozoologia e nuove domande

Il ritrovamento rappresenta una miniera d’oro per l’archeozoologia. Gli studiosi stanno ora conducendo analisi per determinare:

  • Sesso e età dei cavalli al momento della morte
  • Dimensioni morfometriche e confronti tipologici
  • Tracce di malattie, patologie o lesioni da impiego militare
  • Tipologie di ferrature e bardature eventualmente conservate
  • Origine genetica degli animali, per comprendere se fossero importati o nati localmente

Un nodo chiave riguarda infatti la provenienza: i cavalli venivano allevati in loco o provenivano da allevamenti specializzati in altre regioni dell’Impero? Esistevano linee di selezione genetica per la cavalleria romana, analoghe a quelle dei cavalli da corsa moderni?

Domande di grande rilevanza, soprattutto considerando che Stoccarda prende il nome da un “giardino delle giumente” – Stutengarten – espressione che richiama una tradizione millenaria di allevamento equino.


Nel II secolo d.C., il forte di Bad Cannstatt – oggi quartiere di Stoccarda, in Germania – era parte integrante del Limes Germanico Superiore-Retico, la linea di fortificazioni che difendeva i confini settentrionali dell’Impero romano nella provincia della Germania Superior. La guarnigione che occupava questo castrum non era una legione a pieno organico, ma una unità ausiliaria – in particolare unità di cavalleria ausiliaria – sebbene in certi momenti potessero transitare o stazionare distaccamenti di legioni vicine.

Quali unità romane erano presenti a Bad Cannstatt?

Secondo le fonti archeologiche e i reperti epigrafici rinvenuti nell’area, tra cui iscrizioni e resti di strutture militari, nel II secolo Bad Cannstatt fu sede di una ala di cavalleria ausiliaria, molto probabilmente la Ala II Flavia Pia Fidelis Milliaria. Si trattava di una unità montata di mille uomini (da qui milliaria) reclutata inizialmente in province lontane come la Tracia o la Gallia e poi impiegata stabilmente lungo il Limes.

Il reclutamento di queste truppe, spesso originarie delle province, rifletteva una strategia romana consolidata: reclutare cavalieri là dove la tradizione equestre era consolidata. Così, i cavalieri traci o sarmati erano apprezzati per la loro perizia e disciplina. Anche i Galli erano molto apprezzati per l’abilità e la fedeltà. Non è raro che reparti ausiliari venissero spostati lontano dalla loro terra d’origine per motivi di sicurezza e per favorire l’integrazione nell’impero. Le sepolture accurate dei cavalli, una delle quali dotata di corredo, potrebbe lasciare intendere che fosse presente una realtà gallo-celtica di rilievo. A una prima vista, dal materiale fotografico dello scavo, gli stessi cavalli – alcuni dei quali sembrano di dimensioni non considerevoli – potrebbero essere di origine gallica.

Chi erano i cavalieri nell’esercito romano?

Nel mondo romano, la cavalleria (equites) aveva diverse declinazioni e si distingueva nettamente dalla fanteria (pedites), che rappresentava la massa dell’esercito.

Possiamo identificare tre principali categorie:

  1. Equites Romani: erano membri dell’ordine equestre, una classe sociale dell’aristocrazia romana. In origine combatterono come cavalleria cittadina, ma già in età repubblicana si orientarono verso ruoli amministrativi e finanziari. Nell’alto Impero, gli equites erano ufficiali e comandanti (ad esempio i praefecti alarum), ma non più semplici combattenti a cavallo.
  2. Cavalleria legionario-alleata: ogni legione disponeva di una piccola aliquota di cavalleria, ma la componente principale della cavalleria romana era formata dalle truppe ausiliarie (le alæ), interamente montate e spesso composte da provinciali non cittadini, ai quali veniva concessa la cittadinanza dopo il servizio (di solito 25 anni).
  3. Cavalleria pesante e specializzata: con l’evolversi delle tecniche belliche, soprattutto nel II e III secolo, comparvero reparti di cavalleria corazzata, come i cataphractarii, fortemente influenzati dalla tradizione partica e sarmatica.

La cavalleria si distingueva per il ruolo di ricognizione, intercettazione, inseguimento, ma anche per il prestigio attribuito al cavallo e alla mobilità in battaglia. A differenza del fante, il cavaliere era associato a valori di nobiltà, rapidità e maestria.

Cavalli e uomini: affetti profondi nel mondo romano

Il rapporto tra uomo e cavallo nel mondo romano può essere intimo e profondo, come ci rivelano numerose fonti letterarie, iscrizioni e perfino sepolture equine con tracce rituali.

Uno degli esempi più toccanti lo troviamo nell’epitaffio ritrovato a Roma, dedicato a un cavallo da un suo padrone:

Hierax, cavallo fedele e infaticabile, compagno delle campagne e degli agguati, al quale mai mancarono coraggio né resistenza. Più che un destriero, un amico.”

Ma un caso emblematico è quello dell’imperatore Caligola (37–41 d.C.), che si racconta nutrisse un affetto esagerato per il suo cavallo Incitatus. Sebbene il tono delle fonti sia spesso satirico o critico, l’episodio conserva un nucleo autentico: Caligola gli fece costruire una stalla in marmo, gli assegnò un collare d’oro, e secondo Svetonio, intendeva nominarlo console. Il fatto, che può apparire grottesco, rivela tuttavia l’alto status del cavallo e la simbologia del legame con il suo padrone.

In ambito militare, il riconoscimento dell’animale come soggetto quasi umano compare anche nelle iscrizioni funerarie. In Numidia, un soldato romano fece erigere una stele per il suo cavallo Victor, che “lo aveva salvato nella battaglia del fiume”, mentre in Pannonia sono note tombe equine con corredi paragonabili a quelli umani.

Più tardi, in età tardo-imperiale, il legame si esprimerà anche attraverso i mosaici raffiguranti cavalli da corsa con nomi propri, trattati come veri e propri eroi dello spettacolo circense. Ad esempio, il mosaico di Cartagine raffigura il cavallo Scirtus, vincitore in più gare, con espressione fiera e sguardo “umano”.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa