Sono emersi i resti di legno pregiato, lunghi, lavorati, oggetto di uno studio accurato. La posizione di questi reperti induce a pensare come siano mutati, in alcuni casi, i paesaggi dall’antichità. Qui c’era acqua.
Sei relitti di navi, affondate secoli fa nel porto medievale della città. Il ritrovamento è avvenuto nell’ambito del progetto infrastrutturale Varbergstunneln, e ha coinvolto un team di archeologi marini e storici del paesaggio culturale.

La scoperta è avvenuta a Varberg, in Svezia. L’Halland, oggi conosciuto per le sue spiagge e i paesaggi naturali, fu per secoli un nodo marittimo attivo, attraversato da commercianti, pescatori, mercanti del ferro e della pece. I relitti riaffiorati sotto Varberg ce lo ricordano con forza. Un nuovo rapporto pubblicato da Arkeologerna, in collaborazione con il Museo Bohuslän e il centro per l’ambiente culturale dell’Halland, presenta i risultati delle indagini su tre delle navi recuperate: Varbergsvraket 2, 5 e 6. I dati raccolti offrono uno sguardo inedito sulla cantieristica navale della regione tra la fine del Medioevo e il XVII secolo.
Il relitto 2: un veliero del Cinquecento
La nave meglio conservata tra quelle analizzate è il Varbergsvraket 2, un’imbarcazione costruita in quercia nella seconda metà degli anni Trenta del Cinquecento. I resti sono emersi durante uno scavo notturno nei pressi della linea ferroviaria esistente. I primi tronchi furono scoperti casualmente dagli operai incaricati di installare una palancola. Non essendoci archeologi presenti, il materiale fu messo da parte per essere analizzato il giorno seguente.
Gli studi hanno rivelato che si trattava di una nave a costruzione clinker, una tecnica nordica tradizionale in cui le tavole dello scafo vengono sovrapposte orizzontalmente, come tegole, garantendo flessibilità e resistenza. Della nave sono sopravvissute due sezioni del lato di dritta, oltre a elementi strutturali sparsi.
Un particolare interessante è la presenza di un berghult: una trave esterna utilizzata per rinforzare lo scafo, soprattutto durante l’attracco o per sostenere strutture sovrastanti. Tracce simili sono state osservate in altri relitti coevi, come l’Osmundsvraket dell’arcipelago di Stoccolma e il Riddarholmsskeppet, costruito tra il 1516 e il 1524. Anche in questi casi il berghult era visibilmente attaccato all’esterno dello scafo.
Analisi dendrocronologiche condotte sul legname hanno confermato che la quercia utilizzata proveniva dalla regione dell’Halland o dall’ovest della Svezia. È probabile che la nave operasse tra le due città medievali di Varberg e Ny Varberg, allora importanti centri portuali del Kattegat.
Una scoperta insolita riguarda le tracce di incendio individuate sul fasciame. Non è chiaro se si tratti di un evento che precedette l’affondamento, né se l’imbarcazione andò distrutta in seguito a un attacco o a un’esplosione accidentale.
Il relitto 5: frammenti dal Seicento
Meno documentato, ma comunque significativo, è il Varbergsvraket 5, risalente al XVII secolo. Anche in questo caso si tratta di una costruzione clinker, ma le condizioni di scavo non hanno permesso di recuperare una porzione significativa dell’imbarcazione.
Il relitto fu portato alla luce in una fase in cui i tempi di intervento erano estremamente ridotti. Gli archeologi hanno potuto documentare solo alcuni frammenti del fasciame e sezioni di strutture secondarie. Tuttavia, l’analisi del legno e della tecnica costruttiva suggerisce che si trattasse di una piccola nave da trasporto, forse impiegata nei commerci costieri del Mar del Nord.
Il relitto 6: una chiglia mobile e tracce olandesi
L’ultimo dei tre relitti oggetto del nuovo rapporto, Varbergsvraket 6, è l’unico a conservare una chiglia pressoché integra. Si tratta di un veliero realizzato con tecnica a cassone, costruito in quercia e dotato di una chiglia girevole: una soluzione ingegnosa che permetteva all’imbarcazione di affrontare fondali bassi, variando l’assetto della nave in navigazione.
Secondo gli studiosi, la struttura presenta elementi riconducibili alla tradizione cantieristica olandese, diffusa in Scandinavia tra XVI e XVII secolo. Tuttavia, le analisi dendrocronologiche non sono riuscite a determinare la data esatta dell’abbattimento degli alberi né l’area di provenienza del legno.
Il ritrovamento del Varbergsvraket 6 è avvenuto durante la fase più intensa degli scavi, mentre le squadre erano impegnate in altre attività. L’intervento è stato effettuato in condizioni di urgenza, ma ha comunque permesso di salvare e documentare una porzione significativa della nave.
Navi e città: la memoria sommersa del porto
Il progetto Varbergstunneln si sta rivelando uno dei più fruttuosi cantieri archeologici della Svezia contemporanea. Secondo Elisabet Schager, responsabile del progetto per Arkeologerna, “la presenza di relitti così ben conservati è un chiaro segno dell’intensa attività portuale che caratterizzava quest’area nel Medioevo e all’inizio dell’età moderna. I grandi lavori infrastrutturali odierni si sovrappongono spesso ad antiche zone d’acqua: bacini, banchine, darsene. È in questi luoghi che la storia riaffiora”.
I relitti non sono soltanto vestigia statiche, ma oggetti carichi di informazioni. Ogni sezione del fasciame, ogni asse o rinforzo racconta qualcosa sulle tecniche costruttive dell’epoca, sulle rotte percorse, sui materiali utilizzati. E sul modo in cui le città costiere si sono sviluppate intorno al commercio marittimo.
In attesa dei relitti 3 e 4
Oltre ai tre relitti appena documentati, gli archeologi stanno ora concentrando gli sforzi sui resti delle imbarcazioni 3 e 4. Si tratta di navi del XIV secolo, chiamate nel rapporto “gli ingranaggi”, termine che potrebbe riferirsi a piccole navi da carico medievali impiegate per brevi tragitti o per l’alimentazione dei porti locali.
Il lavoro di documentazione è ancora in corso, ma si prevede che i dati emersi potranno contribuire a una mappatura più precisa del porto medievale di Varberg e della sua importanza commerciale nella rete baltica.
Il rapporto completo su Varbergsvraken 2, 5 e 6 è disponibile in formato PDF attraverso il sito degli Arkeologerna e delle istituzioni partner.
Tutte le immagini sono pubblicate con licenza CC BY (Arkeologerna, Museo Bohuslän, Kulturmiljö Halland).