Archeologia. Scoperta ora nel fango di 1800 anni fa presso il “fortino” degli antichi romani. Cos’è questo reperto ancora intatto? A cosa serviva? Perché si è conservato come se fosse in un armadio prodigioso? Rispondono gli esperti

E’ il fossato dei reperti organici. Si sa che in questo punto cospicui materiali dell’occupazione romana potrebbero essere stati accantonati. La materia densa e viscida del suolo può avere conservato scarpe, oggetti di legno, tavolette lignee per la scrittura. Tutto ciò che, normalmente, il tempo estingue. Si scava allora con attenzione e prudenza, presso il vecchio muro.

Nel silenzio fangoso degli strati anaerobici della Britannia romana riemerge un pezzo di storia materiale. È accaduto ancora una volta a Vindolanda, nelle ore scorse, ma non nello scavo principale: nel cuore del Magna Roman Dig, uno dei progetti più appassionanti e meno noti del grande sito archeologico del Vallo di Adriano. Qui gli archeologi – dopo aver recuperato un’enorme suola di calzare – hanno ora riportato alla luce un reperto che promette di sollevare più interrogativi che certezze: un frammento di cuoio romano, che potrebbe essere appartenuto a una tenda. Ma che tipo di tenda? E come si colloca questo oggetto nel paesaggio delle legioni romane di frontiera?


Magna Dig: il nuovo fronte di scavo

Un cantiere parallelo ai campi delle legioni, immerso nel fango e nella gloria imperiale

Vindolanda, insediamento ausiliario a sud del Vallo di Adriano, oggi si trova nel Northumberland inglese, a circa 50 chilometri a sud del confine con la Scozia. L’area è celebre per la straordinaria conservazione di materiali organici — legni, stoffe, cuoio e persino scritture su tavolette lignee — grazie alla presenza di suoli saturi d’acqua e quindi privi di ossigeno. Per intenderci: il suolo saturo d’acqua si comporta come il fango e l’acqua della laguna di Venezia che mantengono pressoché intatti i pali di legno su cui sorge la città. Vindolanda è un’area torbosa. Quando piove, specie in alcuni punti, il terreno si inzuppa d’acqua ma una sorta di reticolo torboso permette di camminare senza infangarsi. Lì sotto, grazie a a queste particolari condizioni di mancanza di ossigeno, che impedisce ai batteri di vivere e, pertanto di destrutturare la materia, e di umidità – che conserva le fibre, evitandone l’essiccazione – gli oggetti organici si conservano. Quindi Vindolanda è preziosa per lo studio del mondo romano. L’ampia fortezza, in campagna, offre ancora materiale cospicui della quotidianità romana. Accanto allo scavo principale si estende una zona meno celebrata, chiamata Magna, un’area urbana romana ancora poco esplorata che include un vicus (villaggio civile) sorto accanto al forte militare.

La Magna Roman Dig è un progetto in corso coordinato dal Vindolanda Trust, che punta a scavare sistematicamente questa zona secondaria, alla ricerca di elementi che raccontino non solo la vita dei soldati, ma anche quella delle loro famiglie, dei commercianti, degli artigiani, degli osti e dei civili che gravitavano attorno alla macchina militare imperiale. E proprio qui, in una trincea aperta tra i fossi settentrionali — dove l’umidità ha creato condizioni anaerobiche simili a quelle del forte — è emerso il frammento di cuoio, a poche ore dal ritrovamento di una suola di scarpa della stesa epoca, di dimensioni notevoli – equivalente al numero 46-47 -.


Cuoio romano, corpo della tenda

Il mistero della pelle trattata: riparo, finestra o memoria della marcia?

Il breve comunicato diffuso dal Vindolanda Trust parla di manufatti in cuoio, tra cui uno che pare far parte di una tenda. Non si precisa se si tratti di una tenda militare, come potrebbe suggerire il contesto, o di un’altra struttura mobile o fissa: una copertura da finestra, un paravento, un telone da trasporto. L’ipotesi più suggestiva, e storicamente rilevante, rimane quella militare.

Le tende da campo erano un elemento fondamentale dell’ordinamento quotidiano delle legioni. Ogni contubernium — il nucleo base dell’esercito romano, formato da 8 soldati — condivideva una tenda da marcia, che veniva montata ogni sera negli accampamenti provvisori e smontata al mattino. Di solito, le fonti indicano che queste tende fossero fatte di pellame grezzo bovino — non lana, non lino, troppo deperibili — cucito con spago in fibra vegetale e impermeabilizzato con grassi o pece.

Il cuoio, dunque, era la scelta privilegiata. Ma non priva di problemi.


Il paradosso del cuoio

Pesante, scomodo, ma resistente: davvero il miglior compagno dei legionari?

I materiali organici rinvenuti nei depositi anaerobici di Vindolanda — dai sandali ai guanti, dai bordi di scudi alle cinghie per cavalli — testimoniano la diffusione del cuoio nell’equipaggiamento romano. Tuttavia, l’uso del cuoio per realizzare tende da campo ha sempre posto un problema che gli archeologi e i reenactors conoscono bene: il peso.

Una tenda in cuoio bovino per otto uomini può arrivare a pesare fino a 40 chili, senza contare pali, corde e picchetti. Trasportarla e montarla ogni sera era un’operazione faticosa, che tuttavia si giustificava con la durabilità del materiale e la sua resistenza alle intemperie. Il cuoio garantiva un’ottima tenuta contro la pioggia e il vento, nemici temuti nelle brulle terre del nord dell’impero.

Alcune fonti antiche parlano anche di tende in tessuto, ma pare che queste fossero utilizzate solo da ufficiali, in contesti più stabili. Dunque, il frammento rinvenuto a Magna potrebbe davvero appartenere a una di queste tende da contubernium. Ma senza ulteriori elementi (fettucce, fori per i pali, tracce di cucitura o bitume), si tratta di una ipotesi ragionevole, ma ancora aperta.


Vindolanda e la voce delle cose molli

Dove il fango conserva ciò che il fuoco cancella: archeologia dell’invisibile

La scoperta di questo frammento si inserisce in una lunga sequenza di ritrovamenti sorprendenti a Vindolanda, dove il fango — apparentemente vile — si è rivelato uno scrigno di tesori deperibili. Se altrove la materia organica viene divorata nel tempo da batteri e ossigeno, qui, nel buio saturo e umido del sottosuolo, tutto si è congelato nel tempo.

Negli ultimi vent’anni, proprio da questi strati sono emersi guanti da cavalleria con dita sagomate, mutande, calzari infantili, giocattoli, spugne igieniche, resti di mobili in legno decorato e soprattutto le famose tavolette di Vindolanda, lettere scritte a mano su legno d’ontano, che restituiscono la voce quotidiana degli uomini e delle donne di frontiera.

In questo contesto, anche un brandello di cuoio può parlare. Racconta il sudore del montaggio, il peso sulle spalle di un soldato, la notte umida in una brughiera. Oppure il vento che scivolava tra le case del vicus, trattenuto da una tenda stesa a mo’ di imposta. Due visioni diverse, una stessa materia: il cuoio romano, ancora vivo.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa