Archeologia. Scoperta ora una donna-cane di 6mila anni fa? Una femminista ante litteram? Una maga cinofila? Cos’hanno trovato nella sua tomba? Perché aveva 99 denti di cane dipinti? E perché tu ami i cani? Rispondono gli esperti

In un angolo apparentemente quieto della Germania centrale, il sottosuolo ha restituito un reperto che illumina, con rara intensità, le pratiche simboliche e rituali di una civiltà neolitica ormai scomparsa. Siamo a Saxony-Anhalt, una regione già nota per l’eccezionale densità di siti archeologici risalenti al Neolitico e all’Età del Bronzo. La notizia ha preso a circolare nelle ore scorse. Durante recenti scavi in un’area destinata a interventi infrastrutturali, archeologi tedeschi hanno portato alla luce la tomba di una donna vissuta oltre 4.000 anni fa, sepolta secondo i rituali della cosiddetta Cultura del Vaso Campaniforme (o Cultura delle anfore a cordicella), un insieme culturale che ha caratterizzato gran parte dell’Europa centro-orientale nel corso del III millennio a.C.

La particolarità che ha acceso immediatamente l’interesse degli studiosi non risiede però soltanto nel buon stato di conservazione della sepoltura, ma in un dettaglio insolito e suggestivo: intorno al cranio della defunta, disposti con evidente intenzionalità, sono stati ritrovati ben 99 canini di cane, tutti forati e, con ogni probabilità, cuciti su una struttura morbida, come un copricapo o una collana cerimoniale.

Il contesto funerario

La sepoltura segue il canone classico delle inumazioni del Vaso Campaniforme: la donna era disposta su un fianco, con le ginocchia piegate verso il petto, all’interno di una fossa modesta, scavata con cura. L’orientamento del corpo e la posizione suggeriscono la ripetizione di un rituale codificato, parte di una liturgia collettiva ben strutturata. Ma ciò che realmente distingue questa sepoltura è la quantità e il tipo degli ornamenti.

I canini, probabilmente appartenenti a diversi animali domestici, sono stati accuratamente selezionati per dimensione e forma. La loro disposizione attorno al capo, così come la perforazione sistematica in punti precisi della radice dentale, suggeriscono un utilizzo ornamentale di forte impatto visivo e simbolico. I denti non sono semplicemente sparsi nella tomba: l’archeologia moderna, grazie a tecniche di rilevamento in situ e rilievi tridimensionali, ha potuto stabilire che i denti erano verosimilmente cuciti su un tessuto ormai decomposto o applicati a una struttura lignea o di cuoio, anch’essa scomparsa con il tempo.

Canini di cane: ornamento o emblema?

La scelta del cane – e in particolare dei suoi canini – non appare casuale. Il cane è stato il primo animale domesticato dall’uomo, molto prima del Neolitico, e il suo ruolo all’interno delle società preistoriche è stato complesso e poliedrico. Oltre a fungere da ausilio per la caccia e la guardia, il cane ha probabilmente assunto, in molte culture, una dimensione simbolica che ne ha fatto un animale liminale, cioè capace di attraversare i confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

I canini, con la loro forma affusolata e la resistenza intrinseca alla decomposizione, potevano essere visti come potenti amuleti, dotati di una funzione protettiva o apotropaica. Indossare o essere sepolti con tali ornamenti poteva significare, per l’individuo o per la comunità che lo deponeva nella tomba, assicurarsi una forma di continuità o di passaggio sicuro nell’aldilà.

Inoltre, la ripetizione numerica – 99 elementi – potrebbe non essere casuale: in molte culture preistoriche, i numeri pari e dispari rivestivano significati distinti. Il numero 99, vicino alla soglia del “completo” ma volutamente imperfetto, potrebbe sottintendere una tensione verso l’eternità o, all’opposto, il riconoscimento della caducità terrena.

Donne e ornamenti: un indizio sul ruolo sociale?

Il fatto che un tale ornamento sia stato ritrovato in una sepoltura femminile apre interrogativi suggestivi sul ruolo della donna nella società del Vaso Campaniforme. Gli studiosi si sono spesso interrogati su quanto il corredo funerario potesse riflettere lo status sociale o le funzioni simboliche degli individui sepolti. In questo caso, l’evidente cura nella deposizione e la rarità dell’oggetto inducono a ipotizzare che la donna fosse una figura importante all’interno della comunità: una sciamana, una custode della tradizione, una matriarca?

Non è da escludere che l’ornamento in canini fosse legato a pratiche rituali di guarigione o di comunicazione con il mondo degli spiriti. Le oscillazioni prodotte dai denti durante il movimento, la loro capacità di riflettere la luce, o anche di emettere suoni tintinnanti, avrebbero potuto avere una funzione performativa durante cerimonie comunitarie. Gli oggetti mobili indossati sul corpo, capaci di accompagnare il gesto e la voce, erano strumenti potenti di evocazione e rappresentazione identitaria.

Il cane come mediatore simbolico

Non va dimenticato che in molte culture antiche il cane fungeva da guida nell’oltretomba. Da Anubi nell’antico Egitto ai cani psicopompi dell’iconografia romana, fino a Cerbero, custode degli Inferi, il cane ricorre spesso come figura-limite tra mondi diversi. Che tale immaginario fosse già presente, in forma aurorale, anche in contesti neolitici non è un’ipotesi da scartare. Il fatto che la donna sia stata accompagnata nella morte da una tale moltitudine di denti di cane potrebbe rappresentare l’investitura di un ruolo specifico nella società: una “mediatrice”, una figura in grado di collegare i vivi con i morti, il naturale con il soprannaturale. Nel mondo preistorico, il cane non fu soltanto un compagno dell’uomo nelle attività quotidiane, ma in numerosi contesti assunse un’aura sacrale, diventando intermediario tra i vivi e l’aldilà, psicopompo, simbolo di rinascita e protettore delle soglie. Le prime tracce del cane come figura simbolica si rintracciano nel Paleolitico superiore, ma è con il Neolitico che il suo ruolo cultuale si intensifica: sepolture canine ritrovate accanto a quelle umane – come a Ain Mallaha (Israele) o a Skateholm (Svezia) – testimoniano un legame che travalicava il semplice utilitarismo.

In numerose culture neolitiche dell’Eurasia, il cane assume qualità che lo rendono affine al mondo degli spiriti. In alcune necropoli dell’Europa centrale e orientale, i cani sono stati ritrovati sepolti con particolari attenzioni rituali, talvolta con offerte o oggetti simbolici. In Anatolia e nella regione del Caucaso, l’archeologia ha restituito immagini e statuette che paiono raffigurare canidi con tratti sovrannaturali, forse vere e proprie entità cultuali. Presso i popoli della steppa, il cane era associato alla guardia dell’aldilà e alla rigenerazione: in alcune tombe sono stati rinvenuti crani di cane deposti ai piedi o sul petto dei defunti.

In Siberia, in ambito sciamanico, il cane era guida delle anime e “messaggero” tra i mondi. Secondo alcune interpretazioni etnoarcheologiche, era considerato in grado di proteggere lo sciamano durante le sue transizioni nel mondo spirituale. Nella cultura di Ust’-Polui (I millennio a.C., bacino dell’Ob), sono stati scoperti resti canini associati ad altari e strutture sacre, suggerendo la presenza di un culto canino strutturato.

Anche l’arte rupestre preistorica offre indizi: in alcune grotte dell’Algeria e della penisola Iberica, figure canine compaiono accanto a scene di caccia o cerimonie, a volte in pose ieratiche o con segni astratti che potrebbero denotare un valore simbolico. In molte di queste rappresentazioni, il cane non è un animale subordinato ma partecipe o addirittura centrale.

Sebbene non esistano “divinità-cane” formalizzate come in epoche storiche (si pensi ad Anubi in Egitto), il cane nella preistoria fu talvolta venerato come spirito ausiliario, come archetipo liminale, come custode e come spirito guida. È probabile che questo ruolo ibrido, a metà tra il domestico e il sacro, abbia posto le basi per le successive divinizzazioni canine nelle civiltà antiche.

Un cane è divino. Conosce i nemici e la natura

L’addomesticamento del cane in Europa è un evento che si colloca in un passato molto remoto, con datazioni che risalgono a circa 15.000-17.000 anni fa, durante il tardo Paleolitico superiore. Si tratta del primo animale addomesticato dall’uomo, e l’unico che probabilmente fu domesticato prima dell’avvento dell’agricoltura. Per le sue caratteristiche di territorialità e di vita nel branco, per l’intelligenza e la capacità di comunicazione egli divenne una sorta di creatura angelica, capace non solo di difendere la comunità umana in cui si identificava, fino a ritenersi egli stesso un uomo, ma di mantenere vivi per tutta la vita i legami infantili particolarmente prolungati e intensi che esistono nelle comunità umane. Egli è quindi “bambino per sempre” e, al tempo stesso, “guerriero senza paura” e difensore strenuo dei propri genitori putativi.

Origini del cane domestico in Europa: lo stato della ricerca

Gli studi genetici e archeologici indicano che il cane (Canis lupus familiaris) deriva direttamente dal lupo grigio (Canis lupus), ma la questione del dove e quando questa trasformazione avvenne è ancora oggetto di dibattito. Per l’Europa, alcuni dei più antichi resti attribuiti a cani domesticati provengono da:

  • Bonn-Oberkassel (Germania): datato a circa 14.200 anni fa, qui è stato ritrovato uno dei più antichi cani sepolti accanto a esseri umani. Il cane fu seppellito con due individui, in un chiaro contesto rituale e affettivo.
  • Předmostí (Repubblica Ceca): sito gravettiano (circa 27.000 anni fa), dove alcuni resti di grandi canidi mostrano caratteristiche intermedie tra lupo e cane, suggerendo una fase precoce del processo di domesticazione.
  • Goyet (Belgio): alcuni reperti di 31.000 anni fa sono stati proposti come appartenenti a cani, ma studi recenti li interpretano piuttosto come lupi con particolarità morfologiche locali.

Come avvenne la domesticazione?

L’ipotesi più accreditata è quella di una domesticazione passiva: i lupi meno aggressivi si sarebbero avvicinati spontaneamente agli accampamenti umani, attratti dai rifiuti alimentari. Gli esseri umani avrebbero inizialmente tollerato (e forse favorito) la presenza di questi animali più docili, che col tempo avrebbero sviluppato comportamenti cooperativi. Questo rapporto di mutua utilità – l’uomo offriva cibo e protezione, il cane forniva aiuto nella caccia, allerta contro i predatori, e forse compagnia – avrebbe poi guidato un processo di selezione naturale e culturale.

Il ruolo del cane nelle società preistoriche europee

Nel Mesolitico e nel Neolitico, il cane era ormai pienamente integrato nelle società umane. Le sue funzioni erano multiple:

  • Aiuto nella caccia: in ambienti boschivi, il cane si rivelava un alleato indispensabile per localizzare e inseguire la selvaggina.
  • Guardiano degli accampamenti: la sua capacità di allerta notturna lo rese prezioso per difendere il gruppo umano da predatori o altri uomini.
  • Compagno rituale: alcune sepolture, come quelle di Uyun al-Hammam in Giordania (ma anche in Europa), mostrano cani seppelliti insieme agli umani, suggerendo un forte legame affettivo e simbolico.
  • Animale totemico: in molte culture preistoriche, il cane sembra aver avuto un ruolo spirituale, come mediatore tra i mondi, psicopompo o simbolo di rinascita.

Evoluzione morfologica

I primi cani europei erano in genere più piccoli e meno robusti dei lupi, con crani più corti e dentatura meno sviluppata per il taglio. Le mutazioni genetiche selezionate dall’uomo (volontariamente o meno) produssero una progressiva differenziazione del cane dal suo progenitore selvatico, portando nel tempo alla straordinaria varietà morfologica che conosciamo oggi.

In sintesi

Il processo di domesticazione fu probabilmente graduale e iniziò con un’associazione spontanea tra uomo e lupo.

Il cane fu addomesticato in Europa probabilmente tra i 17.000 e i 14.000 anni fa, nel tardo Paleolitico.

È il primo animale addomesticato dall’uomo.

Le evidenze archeologiche mostrano che già nel Paleolitico il cane aveva un ruolo non solo funzionale, ma anche simbolico e affettivo.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa