Archeologia. Sorpresa e tenerezza. Scoperta ieri nel forte romano di 1800 anni fa. Era di un bambino di 4 anni. Come si è conservata? Chi era questo Caligoletto? Rispondono gli archeologi

Il reperto è apparso ieri, scuro, nello strato romano dello scavo. Apparteneva a un bambino di circa quattro anni. L’oggetto in cuoio è stato rinvenuto nel fossato a nord della fortezza, nella zona degli scavi di “Magna”, adiacente al museo dell’Esercito Romano. Non si tratta di un caso isolato: all’interno della fortificazione, accanto ai reparti della cavalleria e ai fanti stanziati nella Britannia settentrionale, vivevano anche famiglie, con ogni probabilità legate ad alti ufficiali. Altri nuclei abitativi, civili e militari smobilitati, occupavano il villaggio che si era sviluppato al di fuori delle mura.

L’infanzia sul limes

La suola della piccola calzatura, emersa il 16 maggio 2025, è uno dei reperti più toccanti degli ultimi anni nel sito di Vindolanda. La dimensione ridotta e la foggia suggeriscono che fosse parte di una calzatura infantile: una scarpa leggera, probabilmente usata in ambito domestico o nei mesi meno rigidi. A colpire è lo straordinario stato di conservazione. La forma è leggibile, le cuciture resistono ancora al tempo e il profilo della suola sembra aver conservato l’impronta del piede che un tempo vi poggiava dentro.

Non è una rarità assoluta per Vindolanda, ma ogni nuovo ritrovamento offre un’occasione preziosa per comprendere meglio la vita quotidiana nella Britannia romana. Le scarpe da bambino, in particolare, sono testimonianze fragili e intime: raccontano la presenza di famiglie in un contesto apparentemente dominato dalla vita militare.

Il segreto del fango: come Vindolanda conserva la materia organica

La vera eccezionalità del sito risiede nel suo sottosuolo. A Vindolanda, l’argilla densa e il costante apporto idrico del suolo creano un ambiente privo di ossigeno — un contesto anaerobico — che impedisce la decomposizione della materia organica. È grazie a queste condizioni che oggetti solitamente deperibili come cuoio, legno e tessuti sopravvivono nei millenni.

In particolare, le calzature sono uno dei gruppi di materiali meglio documentati a Vindolanda: il sito ha restituito oltre 4.000 scarpe, appartenenti a uomini, donne e bambini. A questi si aggiungono tende in pelle, bardature per cavalli, borse e altri manufatti che componevano il corredo quotidiano di un presidio romano di confine. Qui sotto vediamo una scarpa femminile con una civettuola freccia che poteva voler dire seguimi: io vado qui.

Questo tipo di conservazione è raro. Solo altri pochi siti — come il villaggio vichingo di Jorvik o alcuni insediamenti in area nord-europea — hanno restituito una simile quantità e qualità di reperti organici. Ma Vindolanda si distingue anche per un altro aspetto: le tavolette scritte.

Non solo scarpe: il caso delle tavolette di legno

Il fango che ha protetto le suole ha preservato anche l’inchiostro. Le celeberrime tavolette di Vindolanda, in legno sottile e scritte con penna e inchiostro nero, costituiscono una delle più importanti scoperte epigrafiche del mondo romano. Si tratta di corrispondenze private, ordini di servizio, elenchi di viveri, lettere tra mogli di ufficiali, inviti a cena: frammenti straordinari della vita quotidiana in un avamposto dell’impero.

Le tavolette, come le scarpe, parlano una lingua semplice, concreta. Restituiscono i ritmi della logistica militare e le abitudini domestiche, i problemi d’approvvigionamento e le malinconie private. In questo contesto, la suola trovata nel fossato si inserisce con naturalezza: è la traccia tangibile di un’infanzia vissuta tra le baracche, le strade lastricate e gli spazi aperti del forte.

Il piccolo Caligola e l’infanzia nei forti romani

Quella minuscola suola emersa dal fango di Vindolanda ci obbliga a ripensare un aspetto spesso trascurato del mondo militare romano: la presenza dei bambini. L’immaginario collettivo ha a lungo relegato i forti a luoghi esclusivamente virili, popolati da soldati, cavalli, armature e strategie. Ma la realtà archeologica — e persino storica — racconta una storia diversa: tra le mura delle fortezze romane, in Britannia come sul Reno, vivevano anche donne e bambini. Non ufficialmente, certo. Le leggi romane vietavano il matrimonio ai soldati di carriera fino all’epoca di Settimio Severo (197 d.C.). Tuttavia, la pratica quotidiana si rivelava spesso più flessibile della norma.

Un caso emblematico è quello del giovane Caligola, il futuro imperatore. Nato nel 12 d.C., Gaius Iulius Caesar Germanicus trascorse la sua primissima infanzia negli accampamenti militari sul Reno, al seguito del padre Germanico, uno dei generali più amati della Roma imperiale. Calzava, secondo la tradizione, delle piccole caligae, le scarpe chiodate tipiche dei legionari, da cui prese il soprannome — Caligula, “piccola caliga”. Era diventato una mascotte tra le truppe, ma la sua presenza non fu un’eccezione: era piuttosto il riflesso di un mondo in cui le famiglie accompagnavano spesso gli ufficiali superiori nei loro incarichi provinciali.

Anche a Vindolanda, come dimostrano numerose lettere e materiali, la vita quotidiana era intrecciata con le dinamiche familiari. Le tavolette parlano di mogli, sorelle, inviti a feste, esigenze domestiche. E le scarpe ritrovate — non solo quella dell’ultimo scavo, ma anche decine di altri esemplari infantili — confermano questa presenza silenziosa ma costante. In molti casi, si trattava dei figli di ufficiali, nati in loco, cresciuti tra i soldati e, in alcuni casi, destinati a seguire la carriera paterna.

È ragionevole ipotizzare che, anche se in via informale, venissero concessi permessi taciti per permettere ad alcune famiglie di risiedere entro i forti, o nelle immediate adiacenze, specialmente quando si trattava di alte cariche del comando. L’amministrazione romana, pur rigorosa nei regolamenti, si dimostrava spesso pragmatica. Non sarebbe stato logico — né umanamente sostenibile — lasciare i figli degli ufficiali superiori in isolamento, privi di contatti con coetanei. E così, accanto ai figli degli alti gradi, anche altre famiglie venivano probabilmente tollerate, creando una microcomunità semi-civile all’interno dei forti.

L’archeologia, negli ultimi decenni, ha recuperato la voce dell’infanzia romana. Ossa minute in necropoli militari, piccoli utensili da gioco, amuleti apotropaici, pupazzetti in terracotta o legno: sono tracce discrete ma eloquenti, che raccontano di una quotidianità fatta anche di cure materne, di malattie infantili, di apprendistati, di affetti. E di piccoli piedi che correvano nei cortili dei forti, lasciando, a volte, un’impronta nel fango destinata a resistere ai secoli.

Quella suola, dunque, è molto più di un frammento materiale. È un appiglio narrativo. Un indizio che riapre uno spiraglio su uno dei volti meno raccontati della romanità: quello dei bambini che vissero, e a volte morirono, lontano da Roma, lungo i confini dell’Impero, tra le torri di guardia e le tende della legione.


Il forte di Vindolanda e il lavoro del Trust

Situato poco a sud del Vallo di Adriano, il forte di Vindolanda venne fondato attorno all’85 d.C., prima della costruzione del muro che avrebbe segnato il confine settentrionale dell’Impero. Fu ricostruito più volte nel corso dei secoli e ospitò diverse coorti, tra cui quella dei Tungri e dei Batavi.

Oggi il sito è gestito dal Vindolanda Trust, una fondazione indipendente fondata negli anni Settanta del Novecento, che si occupa di ricerca archeologica, conservazione e divulgazione. Il Trust organizza ogni anno campagne di scavo aperte a volontari di tutto il mondo, e il contributo di questi appassionati è parte integrante del successo di Vindolanda come progetto scientifico e culturale.

L’area degli scavi di Magna, dove è stata trovata la suola, è una delle più attive. Qui, a fianco dei resti del forte e del villaggio esterno, si continua a indagare sulle strutture difensive e sui sistemi di drenaggio e approvvigionamento idrico che sostenevano la vita della guarnigione.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa