Archeologia. Sotto le terme romane scoprono i resti di un vaso misterioso a tre camere: fiamma, gioco o magia? No bongo! A cosa serviva? E voi che ne pensate? Entrate, guardate e ipotizzate

Nel cuore di Luguvalium, durante lo scavo condotto sulle antiche terme, riaffiora una ceramica unica: era un lume sacro, un giocattolo d’élite o un oggetto rituale?


Un cantiere tra vapore, pietre e desiderio di scoperta
Gli archeologi riportano alla luce le terme di Luguvalium, dove il profumo del passato affiora tra sorprese e misteri

A Carlisle – elegante città del Cumbria a ridosso del Vallo di Adriano, 70.000 abitanti – si lavora senza sosta nel sito delle antiche terme romane. Sotto l’attuale Blackfriars Street, nel cuore dell’antico insediamento romano di Luguvalium, un’équipe di archeologi diretta da Wardell Armstrong Archaeology, in collaborazione con il Carlisle City Council, sta esplorando uno dei più importanti complessi termali della Britannia settentrionale.

L’intervento rientra in un vasto progetto di riqualificazione e valorizzazione dell’area romana, dove sorgerà un nuovo museo dedicato alla città antica. Ma i lavori stanno regalando ben più di quanto ci si aspettasse: tra pavimenti musivi, ipocausti e tubature in piombo, è emerso un oggetto tanto piccolo quanto straordinario. Si tratta di un vaso in ceramica a tre camere comunicanti, oggetti che, pu raramente, si trovano durante gli scavi in Britannia..


Un oggetto che sfida la logica
Tre camere, piedini da sostegno, comunicazione interna: la funzione resta un enigma

Il vaso, in ceramica color giallo sabbia, presenta tre contenitori affiancati – due integri, uno parzialmente fratturato – tutti interconnessi da piccole aperture interne. È sollevato da quattro piedini e presenta una finitura liscia, forse ottenuta con un trattamento al tornio e una cottura controllata in atmosfera ossidante.

Non è una lucerna nel senso classico, né una brocca, né una coppa. È un oggetto ambiguo e teatrale. Un contenitore pensato per stupire, per essere osservato, forse per essere manipolato in gesti lenti, rituali, quasi sacrali.


Rari precedenti nel nord romano
Un oggetto simile emerso a Botchergate. Un altro forse a York. Ma questo li supera tutti

Il reperto è stato classificato con il numero H-46 dagli archeologi del sito. Un esemplare analogo – seppur meno elaborato – venne ritrovato nel 1998 a Botchergate, un altro quartiere di Carlisle, sempre legato a livelli romani. Altri oggetti simili, chiamati dagli esperti “triple-cups”, sono conosciuti da contesti di York (Eboracum), capitale militare del nord romano.

Ma l’oggetto di Blackfriars Street è più complesso, più sofisticato. I suoi piedini, la geometria ben calibrata delle camere, la qualità dell’impasto e la collocazione all’interno di un complesso termale suggeriscono una funzione speciale. Non era un oggetto comune.


Tra le ipotesi: luce, vino o rito?
Le tre camere possono contenere liquidi diversi. O forse erano usate per alimentare fiamme?

Tre sono le interpretazioni attualmente allo studio:

  1. Lucerna: le camere avrebbero potuto contenere olio, ognuna con il suo stoppino. L’oggetto diventerebbe così un lume a tre fiamme, usato forse in ambito sacro, o in particolari cerimonie domestiche o per avere una triplice fiamma – più intensa, naturalmente – usando un solo contenitore. La disposizione sopraelevata e la forma insolita avrebbero accentuato la spettacolarità del gesto.
  2. Coppa da libagione: i tre contenitori potevano contenere liquidi diversi (vino, latte, acqua), usati in riti di offerta o purificazione. Il passaggio lento dei fluidi da una camera all’altra avrebbe avuto un significato simbolico.
  3. Gioco conviviale di élite: l’oggetto potrebbe appartenere alla sfera del convivium, usato per divertire ospiti in una cena ritualizzata. Forse una sfida nel bere o nel versare da un recipiente all’altro senza rovesciare, simile a certi giochi romani documentati a Pompei.
  4. Calamaio da ufficio con 3 scomparti. Per consentire a più persone di scrivere contemporaneamente, attorno a un tavolino tondo. Proprio in quell’epoca si diffonde l’inchiostro

Quando viene inventato l’inchiostro nel mondo romano?

Un prodotto di importazione adattato alla romanità

L’inchiostro, come sostanza nera fluida a base di carboni o di fuliggine mescolati ad acqua e gomma arabica, è attestato nel mondo ellenistico già nel IV secolo a.C. La sua diffusione nel mondo romano è relativamente precoce: Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia (Libro XXXV, 25), descrive la composizione dell’inchiostro (atramentum librarium) a base di fuliggine (fumo lampadis) e gomma. In altre fonti si distingue tra atramentum scriptorium (da scrittura), atramentum tectorium (per pitture murali) e atramentum officinarium (da bottega).

Quindi: sì, l’inchiostro esisteva in epoca romana imperiale, ed era usato comunemente in ambito amministrativo, epistolare e letterario.


Come venivano scritte le tavolette di Vindolanda?

Scrittura con stilo metallico? No: vera inchiostrazione liquida

Le tavolette di Vindolanda, ritrovate nel forte romano omonimo in Inghilterra, sono una delle più straordinarie testimonianze della scrittura quotidiana nel nord dell’impero.

Queste tavolette:

  • sono sottilissime assicelle di legno di ontano o betulla, ripiegate a libretto;
  • erano scritte con inchiostro liquido, non con stilo inciso;
  • l’inchiostro è stato identificato come carbon black (fuliggine) mescolata ad acqua e gomma;
  • erano vergate con un calamo o un pennino di metallo (non uno stilo da cera);
  • sono datate tra il 85 e il 130 d.C.

👉 Dunque: l’inchiostro liquido a base carboniosa era già in uso pienamente nel nord della Britannia entro il I secolo d.C.


Esistono supporti per inchiostro nel mondo romano?

Sì, ma sono rari. E la forma è diversa da quella di Carlisle.

Sono attestati in archeologia rari esemplari di contenitori da scrittura:

  • piccoli vasetti di bronzo, vetro o ceramica, a camera singola;
  • talvolta con beccuccio o chiusura in cera;
  • spesso ritrovati accanto a strumenti da scrittura (stili, calami, tavolette).

Il fascino delle terme, il mistero di un gesto
Sotto il vapore degli antichi bagni, affiora un manufatto che accende il desiderio di capire

Il fatto che il vaso sia emerso in un ambiente termale romano apre nuove possibilità: potrebbe essere stato un oggetto personale di un frequentatore d’élite, oppure una dotazione speciale legata a una stanza privata o a un’area cultuale all’interno delle terme. In alcuni casi, le terme romane ospitavano nicchie votive e ambienti dedicati a riti di purificazione.

Il gesto di lavarsi, versare, illuminare – così frequente nel mondo termale romano – si fonde qui con quello del mistero. Ogni piede del vaso, ogni foro, ogni camera racconta un gesto dimenticato. Una liturgia forse personale. Un atto di memoria nel silenzio caldo di un bagno romano.


Carlisle riscopre il suo cuore romano
Dal cantiere del nuovo museo emerge una civiltà intera, tra desiderio, corpo e materia

Il vaso H-46 sarà probabilmente uno dei pezzi forti del futuro Carlisle Roman Museum, in corso di progettazione presso il sito di Blackfriars Street. Un oggetto minuscolo, ma di una potenza evocativa straordinaria: non parla solo di artigianato, ma di gestualità antica, di sapienza simbolica, di desiderio di stupire.

In un mondo dominato dall’efficienza, questo piccolo vaso ci riporta a un tempo in cui il gesto era lento, pensato, pieno di significato. Dove anche una lampada o una coppa potevano contenere tre mondi diversi, pronti a fondersi in un rituale di luce, calore, profumo e sogno.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa