La cazzuola viene bloccata. Un oggettino minuscolo sta nel terreno, nell’area che doveva essere occupata dagli alloggiamenti dei soldati romani e dai servizi ad essi relativi. Nero-denso. E’ inequivocabile la forma del pendente, forse portato al collo da un militare e perduto a causa dello sganciamento del cordino. Un venerdì fortunatissimo, quello di ieri. Poche ore prima, nella stessa area è stato portato alla luce un vetro smeraldino – tecnicamente si chiama “perlina” – probabilmente parte di una collanina. Qui ci si vestiva e svestiva.


In un venerdì dal cielo terso, il sito archeologico di Vindolanda, uno dei cuori pulsanti della ricerca sulla presenza romana in Britannia, ha così restituito un reperto tanto minuto quanto emblematico: un piccolo ciondolo in pietra nera, raffigurante con immediata evidenza un simbolo maschile, potente e carico di significati ancestrali.

Scoperto durante le operazioni di scavo in corso nel quadrante nord-orientale del forte – l’ultima area ancora coperta d’erba all’interno della cinta muraria – il monile si aggiunge alla lunga serie di ritrovamenti che illuminano la quotidianità, i sentimenti e le credenze dei soldati romani stanziati ai confini dell’Impero.
Il contesto dello scavo: fra alloggi militari e fossato orientale
Gli archeologi e i volontari impegnati a Vindolanda stanno lavorando in un settore di grande interesse, che comprende gli alloggi dei militari e una porzione del fossato orientale, situata immediatamente al di là delle mura di pietra del forte. La parte che è oggetto degli scavi odierni è quella che vediamo ancora coperta dal prato, alla nostra destra e segnata da linee grafiche rosse.

È un’area che probabilmente vedeva una certa densità abitativa, fatta di soldati attivi, personale di supporto, animali e attività quotidiane: un microcosmo vivace, in cui il confine tra vita pubblica e privata era labile e fluido.
È qui, tra frammenti di vita ordinaria, che il piccolo ciondolo ha fatto la sua comparsa, carico di energia simbolica.
Il fascinum: un potente scudo invisibile
La figura rappresentata è inequivocabile: un evidente simbolo maschile, reso con una semplicità incisiva e vitalistica. In ambito romano, questa immagine era conosciuta come fascinum e godeva di una venerazione tanto diffusa quanto peculiare. Più che un oggetto “decorativo”, il fascinum era considerato un talismano potentissimo, capace di proteggere contro il malocchio (invidia fascinans) e di assicurare prosperità e successo.
Era comune trovare rappresentazioni di questo tipo lungo le strade, sugli edifici, sulle armature e persino sui carri da parata: ogni luogo o oggetto che potesse aver bisogno di protezione magica veniva “segnato” con il fascinum. La sua forza derivava dalla capacità di attirare e neutralizzare lo sguardo maligno, di cui i Romani avevano una paura profonda e atavica.
Indossato al collo: un talismano personale
Il ciondolo ritrovato a Vindolanda presenta due piccoli fori passanti, pensati per il passaggio di una cordicella o di una sottile catena. È altamente probabile che fosse indossato come monile portafortuna, un compagno discreto ma costante della vita quotidiana. La pietra nera, scelta non casualmente, accresceva la valenza apotropaica dell’oggetto: il colore scuro, infatti, era ritenuto particolarmente adatto ad assorbire e disperdere le influenze negative.
L’oggetto apparteneva a un giovane, forse una recluta appena arrivata alla frontiera. In questo senso, il ciondolo stabilisce un interessante collegamento ideale con la bulla che i maschi romani indossavano durante l’infanzia: una custodia contenente amuleti protettivi che veniva dismessa solo al raggiungimento della maggiore età.
Il fascinum e l’esercito: una relazione particolare
Nel contesto militare romano, il ricorso a simboli apotropaici come il fascinum assumeva un’importanza ancora maggiore. I soldati vivevano immersi in un mondo di pericoli costanti: il rischio di ferite, malattie, aggressioni reali, inquietudini soprannaturali o tradimenti incombeva sempre. Per questo motivo, i legionari e gli ausiliari erano spesso portatori di oggetti magici, talismani e amuleti.
Il fascinum – simbolo di virilità – era particolarmente adatto a questo ambiente: simboleggiava forza, vigore, fertilità e protezione, tutte qualità fondamentali per un soldato. Alcuni studi recenti hanno evidenziato come, nei campi militari, non fosse raro trovare graffiti o rilievi recanti l’immagine del fascinum nei pressi degli ingressi, a protezione dei varchi più vulnerabili.
Inoltre, esistevano vere e proprie cerimonie pubbliche in cui il fascinum veniva invocato: il ritus fascini era celebrato da sacerdoti particolari, i flamines, durante alcuni eventi pubblici e parate militari. Questo sottolinea come la sua presenza non fosse relegata alla sola sfera privata, ma avesse anche un riconoscimento ufficiale e comunitario.
Dove si trovano i simboli della virilità a Vindolanda?
Le rappresentazioni del simbolo della virilità scoperte nel forte sono incise su pietre miliari, su muri di edifici pubblici e privati, sulle pareti delle latrine e persino su strumenti militari. Ne sono state trovate decine, spesso in posizioni visibili, lungo i percorsi interni del forte, vicino alle entrate e agli edifici di comando. Alcuni sono semplici graffiti, altri sono bassorilievi ben lavorati, accompagnati da iscrizioni ironiche o da giochi di parole. In altri casi, come avviene a Pompei, costituiscono un’indicazione simile a una freccia stradale, dotata di eloquenza e di giocosità, oltre che a svolgere un compito di protezione magica.
Uno dei più noti segnali, a Vindolanda, è il simbolo maschile inciso in pietra accompagnato dalla scritta “SECUNDINUS CACOR”, ritenuto una sorta di insulto o commento beffardo rivolto a un individuo di nome Secundino. Alcuni studiosi italiani hanno ipotizzato che, considerate le dimensioni della scritta e dell’incisione del simbolo maschile, l'”avviso” potesse in verità fungere da indicazione goliardica della direzione delle latrine, accettata, in questa chiave, dai comandanti del forte. In altri casi il simbolo è stilizzato come un dardo o una freccia, chiamato ad indicare luoghi e a scacciare, al contempo, il male o l’influenza nemica.
L’aspetto performativo del simbolo
Le rappresentazioni del simbolo maschile a Vindolanda non sono solo ornamentali, né semplici gesti superstiziosi. Esse fanno parte di una vera e propria performatività simbolica, che potremmo leggere come una “messa in scena” quotidiana della forza militare e della superiorità culturale romana. In un luogo di frontiera come Vindolanda, dove il controllo romano non era mai del tutto garantito, questi segni diventano marcatori identitari, una forma di comunicazione diretta tra i soldati e il mondo esterno, tra l’ordine di Roma e il caos del “barbaricum”.
Il simbolo della virilità, dunque, assume anche un valore provocatorio, talvolta irridente. Alcune incisioni sono palesemente oscene, caricaturali, ma sempre legate a una funzione protettiva o scaramantica. In questo senso, la sessualità si fonde con la religiosità popolare, e con una gestualità magica che permeava la quotidianità dei soldati.
Il contesto rituale e religioso
Non mancano collegamenti con culti religiosi più strutturati. Il simbolo maschile era spesso associato al culto di Priapo, ma anche a Mercurio, divinità protettrice dei commercianti e dei viaggiatori, entrambi oggetto di devozione nei contesti militari e lungo le vie di comunicazione. In molti accampamenti romani, compreso Vindolanda, questi simboli erano orientati in direzione delle porte principali, quasi a fungere da guardiani simbolici.
Un esempio particolarmente raffinato è quello del simbolo della virilità scolpito su una soglia, quasi invisibile, ma strategicamente posizionato per essere calpestato o attraversato quotidianamente: un gesto rituale che implicava l’attraversamento di una soglia protetta.
Il lascito archeologico: oggetti, amuleti, graffiti
Accanto alle sculture e ai rilievi murari, sono stati rinvenuti anche amuleti fallici portatili, spesso in bronzo o in osso, alcuni dotati di ali (il cosiddetto fascinum volans) e talvolta dotati di campanellini: strumenti per allontanare gli spiriti maligni attraverso il suono oltre che attraverso l’immagine.
Questi oggetti erano probabilmente indossati dai soldati come talismani personali, a protezione nelle battaglie o nei momenti di difficoltà. Il fatto che molti siano stati trovati in contesti domestici e privati suggerisce però che la loro funzione non fosse limitata all’ambito bellico, ma si estendesse anche alla salute, alla prosperità, alla protezione del focolare.