Grande sportivo, il cercatore di tesori, nel proprio passato ha fatto il sub di professione. Ama la vita all’aperto. Cammina e si mantiene giovane. Ma certo non pensava che quella passeggiata nel campo agricoli si sarebbe trasformata in una meravigliosa sorpresa. Il tesoro andrà all’asta nei prossimi giorni.

Il tesoro argenteo dei Durotrigi: 67 stateri d’argento dell’Età del Ferro scoperti da un novantenne nel Dorset vanno all’asta da Noonans Mayfair
Nel cuore della verde campagna del Dorset, dove i pascoli si estendono placidi e le siepi delimitano le proprietà come da secoli, è emersa una storia di metallo e memoria, scavata con pazienza, dedizione e un pizzico di fortuna. Le monete furono battute da una delle tribù celtiche che abitavano in Britannia e che giungevano dal continente e – specificatamente – da un’area coincidente con i territori che attualmente costituisco la Francia e il Belgio. Popolazioni imparentate con tanti di noi italiani, se pensiamo che i Galli – cioè le popolazioni celtiche – si erano stabiliti anche in Italia settentrionale, spingendosi fino alle Marche.
Il prossimo 29 maggio 2025, la prestigiosa casa d’aste Noonans Mayfair metterà all’incanto i 67 stateri d’argento dell’Età del Ferro trovati dal cercatore novantenne, con una valutazione complessiva intorno alle 20.000 sterline. La cifra, naturalmente, potrà aumentare, nel corso della gara. Ma uel che è certo è il fatto che dietro le fredde cifre si cela una scoperta straordinaria, una narrazione che intreccia il presente e il passato, la vita di un uomo e la storia antica di un popolo misterioso: i Durotrigi.

Il ritrovamento: un colpo di genio e di cuore
Il ritrovatore, che ha preferito rimanere anonimo, vive a soli 24 chilometri dal luogo della scoperta, nei pressi del villaggio di Cranborne, nel Dorset, un’area nota per le sue stratificazioni storiche che risalgono alla preistoria.
Dopo aver dissotterrato un penny vittoriano presso una recinzione ottocentesca, l’uomo si è seduto per il pranzo sotto un albero. La pausa non è durata a lungo: attratto da singolari accumuli di terreno, intermittenti, ha deciso di insistere. Ed ecco affiorare il primo statere d’argento. Uno solo bastava a intuire la portata dell’evento. Con l’aiuto dei compagni del club di ricerca, nel giro di cinque giorni, ne ha dissotterrati 67 esemplari. Nessun contenitore, ma i gruppi compatti di monete fanno pensare a un singolo deposito andato in parte disperso o frammentato nel tempo, forse proprio durante l’erezione della recinzione ottocentesca che solca ancora oggi il prato, forse per antiche arature. Ricordiamo che la ricerca con metal detector, in Gran Bretagna è consentita, caso diverso rispetto all’Italia.
Le analisi e le ipotesi. Perché disegni strani?

Secondo Alice Cullen, esperta di monete presso Noonans, queste monete sono di straordinario interesse per gli studiosi, non solo per la quantità ma anche per la varietà metallurgica. Le analisi XRF (fluorescenza a raggi X) rivelano un panorama sorprendente: alcune monete presentano una composizione in “oro bianco”, cioè una lega con elevato tenore d’argento e piccole percentuali d’oro (fino all’11%), altre hanno un contenuto d’argento che sfiora il 93%, mentre altre ancora mostrano un rapporto argento/rame di circa 70/30. Anche il peso varia sensibilmente, da 6,09 g a 3,83 g.
Tali differenze non sono casuali. Riflettono, piuttosto, le fasi di emissione, la disponibilità di metallo pregiato e le strategie economiche del popolo che le batté: i Durotrigi. Le monete sembrano risalire alla fase iniziale della loro monetazione, probabilmente tra il 60 a.C. e il 20 a.C., un periodo di fermenti e transizioni, in cui le tribù britanne consolidavano le proprie identità mentre la minaccia (e il fascino) dell’invasione romana cresceva all’orizzonte.
I galli emettevano, in genere, monete caratterizzate da una forte valenza religiosa nel punto di raccordo con la politica politica. In genere le figure erano vicine all’astrazione e spesso erano composite, formate cioè da più oggetti, un po’ come le immagini di Arcimboldo. Erano destinate a chi le sapesse guardare e pertanto erano specchio dell’identità di un popolo. “I messaggi più diffusi, sotto il profilo simbolico, nelle aree celtiche – affermano gli studiosi di Stile arte – erano collegati all’abbondanza dell’agricoltura e ai doni celesti, protetti da un re o da un valoroso. Spighe o frutti, animali. Le immagini si componevano in modo diverso, ruotando su se stessa la moneta. E inducevano a meditare”.

Volete provare? Ecco.

“Osservata da questo punto – affermano i ricercatori italiani – la faccia della moneta, a sinistra, potrebbe rappresentare un altare offertoriale con frutti, pesci, oggetti – tra i quali una lucerna? – sotto il fregio di un tempio. L’immagine di destra – che vista nell’altro verso si riferiva al caricamento prodigioso di messi – diviene da qui una misteriosa figura antropomorfa. Alludere. Un gioco e una fonte di ispirazione, rispetto ai meandri che portano all’eterno”.
Un altro dato risulta interessante. Le monete non mostrano segni evidenti di circolazione. E’ legittimo ipotizzare, come fa la stessa Cullen, che esse siano state depositate intenzionalmente come offerta votiva. Un atto rituale, forse in un punto significativo del paesaggio, presso un crocevia, un albero sacro, un confine tra territori, un luogo magico. Il deposito potrebbe rappresentare un gesto di intercessione agli dèi, un’offerta per ottenere protezione, fertilità, buon raccolto o successo in battaglia. Il muro ottocentesco presso il quale sono stati trovati gli stateri potrebbe, in realtà, insistere su resti più antichi. Un’area di culto – legata al confine, come quella del contemporaneo dio Terminus romano? – o un’area di residenza. In quest’ultimo caso, il tesoretto potrebbe essere stato nascosto presso il muro, non lontano da un’abitazione. La parte dei muri di recinzione rivolta verso la casa era il luogo preferito, nell’antichità, per l’occultamento di valori di accumulo. Era infatti un punto discosto dalla casa, ma facilmente osservabile da essa. I piccoli risparmi venivano sepolti parzialmente in cantina o nascosti nei muri di casa. Le cifre più consistenti venivano, con frequenza, sistemate lungo il muro di recinzione, probabilmente coperte da qualche grossa pietra.
I Durotrigi: una tribù fiera, indipendente e “numismatica”
Ma chi erano i Durotrigi, protagonisti silenziosi di questa vicenda? Si trattava di una delle numerose tribù dell’Età del Ferro britannica, il cui territorio si estendeva nel sud-ovest dell’Inghilterra, includendo Dorset, Somerset e parte del Wiltshire. Il loro nome – probabilmente derivato da “duro”, che potrebbe significare “porta” o “mercato”, e “triges”, “abitanti” – suggerisce un popolo legato a insediamenti fortificati e a una certa vivacità commerciale.
Contrariamente alla credenza diffusa che i popoli britanni non usassero la moneta fino all’arrivo dei Romani, i Durotrigi svilupparono una fiorente produzione monetaria già prima dell’invasione cesariana. Le loro emissioni iniziano con imitazioni degli stateri gallici d’oro, ma ben presto assumono caratteristiche proprie: argento, poi leghe più povere, stili sempre più simbolici, fino ad arrivare a esemplari stilizzati in cui le figure perdono ogni naturalismo, quasi assumendo una valenza astratta o totemica.
Il centro economico e religioso dei Durotrigi era probabilmente situato attorno alla collina di Maiden Castle, una delle più grandi fortezze collinari dell’Età del Ferro in Europa, e altri siti di culto e commercio. La loro resistenza ai Romani fu tenace. Tacito e altri storici latini li descrivono come bellicosi e orgogliosi. Dopo l’invasione del 43 d.C., il loro territorio fu rapidamente occupato, ma molte delle loro tradizioni continuarono a vivere, integrate nel sistema romano.
Cranborne: terra di longitudine e di profondità storica
Il villaggio di Cranborne, sede del ritrovamento, non è un luogo qualunque. Situato nella Cranborne Chase, un altopiano calcareo attraversato da antiche rotte, conserva numerose tracce di insediamenti preistorici e dell’Età del Ferro. I tumuli, i recinti circolari, i confini fossati parlano di un paesaggio antropizzato fin dalla preistoria, in cui ogni metro di terra poteva essere sacro, conteso o venerato.
In epoca medievale, Cranborne fu centro monastico e sede di un importante priorato. Oggi è un borgo tranquillo, ma il suo sottosuolo conserva memorie millenarie. Il fatto che gli stateri siano riemersi proprio lì, in un angolo quasi anonimo di un prato, accentua il carattere simbolico del tesoro: il passato è vivo sotto i nostri piedi, pronto a emergere quando meno ce lo aspettiamo.
Una testimonianza di passione e di memoria
La scoperta del tesoro di Cranborne non è solo un evento numismatico. È una storia di resistenza personale e collettiva. La resistenza di un novantenne che, armato di pazienza e di metal detector, continua a interrogare la terra. La resistenza di una cultura, quella dei Durotrigi, che seppe creare simboli, economie e riti, e lasciarli lì, sepolti come semi, in attesa di essere riscoperti.
Il fatto che il ritrovatore abbia informato tempestivamente le autorità e condivida i proventi con il proprietario del terreno dimostra come la moderna attività di ricerca amatoriale, se ben regolata, possa dialogare proficuamente con la tutela del patrimonio.
Il Dott. John Talbot, uno dei maggiori esperti di numismatica celtica, includerà lo studio di questo tesoro nel suo prossimo volume sulle monete durotrigiane, atteso nei prossimi anni. In attesa della pubblicazione, l’asta di maggio offrirà ai collezionisti e agli studiosi la possibilità di possedere un frammento di storia sacra, tribale, britannica.
E a noi, la possibilità di ricordare che il passato, quando è trattato con rispetto, non è mai davvero sepolto.
Come verranno suddivisi gli introiti della vendita del tesoro secondo il Treasure Act
Il tesoro rinvenuto a Cranborne, composto da 67 stateri d’argento dell’Età del Ferro, rientra nei criteri stabiliti dal Treasure Act del 1996, la legge che regola in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord la gestione dei ritrovamenti archeologici di valore effettuati da privati cittadini, in particolare dai cercatori dotati di metal detector. Secondo questa normativa, se un oggetto ha almeno 300 anni e contiene una percentuale significativa di metalli preziosi, oppure se si tratta di un insieme di almeno due monete d’oro o d’argento sepolte insieme, il ritrovamento deve essere dichiarato alle autorità competenti entro 14 giorni.
Il ritrovatore di Cranborne ha seguito le disposizioni del Treasure Act, notificando prontamente il ritrovamento al proprio referente del Portable Antiquities Scheme, cioè l’ufficiale di collegamento per i ritrovamenti (Finds Liaison Officer). In seguito a tale notifica, le monete sono state esaminate, e non essendo state acquisite da alcun museo pubblico, è stato autorizzato il loro passaggio al mercato antiquario. Verranno dunque vendute all’asta da Noonans Mayfair il 29 maggio 2025, con una stima complessiva di circa 20.000 sterline.
Secondo il meccanismo previsto dal Treasure Act, i proventi derivanti dalla vendita di un tesoro riconosciuto vengono suddivisi in maniera equa tra due parti: da un lato il ritrovatore, cioè colui che ha materialmente scoperto il deposito; dall’altro il proprietario del terreno sul quale è stato effettuato il rinvenimento. In questo caso, sia il detectorista, un novantenne residente a pochi chilometri dal sito, sia il proprietario del campo presso Cranborne, riceveranno una somma approssimativamente pari a 10.000 sterline ciascuno.
La normativa britannica in materia di tesori archeologici si distingue a livello europeo per l’approccio collaborativo e incentivante. Il sistema infatti premia il comportamento corretto e trasparente dei ricercatori, incoraggiandoli a segnalare i reperti e a cooperare con studiosi e istituzioni. Questo modello ha favorito in modo significativo la conoscenza del passato britannico, contribuendo all’emersione di migliaia di nuovi dati scientifici, con benefici per la comunità accademica e per il patrimonio culturale nazionale.
Nel caso del tesoro di Cranborne, sebbene non sia stato coinvolto direttamente alcun museo, il ritrovamento non andrà perduto sul piano della ricerca. Il dottor John Talbot, studioso delle monetazioni celtiche, includerà infatti un’analisi dettagliata del ripostiglio nel proprio volume di prossima pubblicazione dedicato alle monete del popolo Durotrigan, di cui gli stateri di Cranborne rappresentano una testimonianza preziosa.
Fonti:
- Noonans Mayfair Press Release
- Intervista al ritrovatore (anonimo)
- Approfondimenti sulla Cranborne Chase e i Durotrigi (British Museum, Portable Antiquities Scheme,