Archeologia. Un fico spuntato dal ghiaccio e un vaso imperiale. Un avamposto degli antichi romani anche in Irlanda? Strutture commerciali? Che ci facevano là, così lontano?

Un vaso romano e un fico carbonizzato a Drumanagh: l’eco dell’Impero sull’Isola di Smeraldo
Nuove scoperte nella penisola irlandese testimoniano l’intensità dei contatti tra l’Irlanda protostorica e la potenza commerciale di Roma. Il ritrovamento di un frutto mediterraneo e di un vaso intatto solleva interrogativi e suggestioni sull’estensione invisibile del limes romano.


Una scoperta fuori dal tempo

Sotto pochi strati di torba, nel cuore del promontorio fortificato di Drumanagh, a nord di Dublino, gli archeologi hanno fatto due scoperte che sembrano contraddire la geografia e insieme completarsi: un fico carbonizzato, datato attorno al I secolo d.C., e un vaso romano intatto, la cui fattura evoca l’eleganza funzionale delle manifatture imperiali. Due oggetti tanto diversi – uno organico, l’altro ceramico – ma accomunati dal medesimo significato: la presenza di una rete di contatti tra l’Irlanda e il mondo romano, più profonda e capillare di quanto l’assenza di legioni su suolo irlandese potrebbe far pensare.

Il fico è il più antico mai ritrovato in Irlanda, un frutto che richiama le coste assolate dell’Asia Minore e della Campania, giunto qui probabilmente come alimento conservato o offerta rituale. Il vaso, invece, ha lasciato senza parole gli archeologi. “Abbiamo trovato cinque o sei diversi tipi di manufatti romani qui, tra cui il collo di un’anfora”, ha dichiarato l’archeologa Christine Baker, “ma nessuno aveva mai visto un vaso come questo prima in Irlanda”.


Drumanagh: un ponte tra mondi

Il sito di Drumanagh non è nuovo a rivelazioni che mettono in crisi la tradizionale geografia dei contatti romani. Costruito su un promontorio strategico che guarda il Mare d’Irlanda, il forte – probabilmente risalente alla tarda età del ferro – era protetto da una serie di fossati e bastioni che ne facevano una roccaforte imprendibile. Eppure, non si trattava di un insediamento militare permanente, bensì di un punto d’approdo, un luogo di scambio, forse una stazione di transito per merci e ambasciatori.

Già negli anni passati vi erano state segnalazioni di reperti romani secondari, come perle vitree, pedine da gioco, pettini d’osso. Ma il vaso e il fico cambiano la prospettiva: non si tratta più di oggetti dispersi, ma di un insieme coerente di testimonianze, che indicano uno scambio costante e organizzato.


Il commercio romano oltre i confini

La scoperta pone al centro della discussione il concetto di “limite” dell’Impero Romano. Se infatti è vero che l’Irlanda – Hibernia, come la chiamavano i Romani – non fu mai invasa né inclusa formalmente nei confini imperiali, è altrettanto vero che Roma estese la sua influenza ben oltre i suoi limes, attraverso rotte commerciali, alleanze, doni diplomatici e interazioni culturali.

Dalla Britannia romanizzata – specialmente dal settore delle città portuali come Londinium e Camulodunum – partivano carichi diretti verso l’Irlanda, trasportati da mercanti locali o tramite tribù clientelari. Le merci potevano arrivare a Drumanagh via nave, seguendo le rotte costiere, o tramite scambi diretti lungo itinerari fluviali interni.

Le fonti letterarie – benché scarse – non escludono affatto una conoscenza diretta dell’isola da parte romana. Tacito, nella Vita di Agricola, sostiene che il suocero stesse valutando una possibile spedizione militare in Irlanda, e che un “re esiliato” fosse tenuto pronto per una possibile invasione. Ma l’invasione non si concretizzò, e l’influenza romana si espresse soprattutto in termini economici e culturali.


Cosa vendeva Roma al mondo?

L’Impero Romano era il cuore pulsante di un sistema commerciale internazionale che si estendeva dall’Atlantico alla Siria, dalla Nubia alla Scozia. In questo contesto, Roma esportava soprattutto oggetti di prestigio e beni di lusso, che le élite locali utilizzavano come strumenti di legittimazione politica o come status symbol. Tra i principali prodotti esportati in aree non romanizzate figuravano:

  • Anfore vinarie, contenenti vino italico o iberico, destinato a un consumo cerimoniale e riservato;
  • Olio d’oliva e garum, trasportati in apposite anfore, spesso ricercatissimi nelle regioni del Nord;
  • Ceramiche fini, come la terra sigillata prodotta in Gallia o nell’Italia settentrionale;
  • Oggetti in vetro, tra cui coppe, unguentari e perle decorative;
  • Monete, anche in rame o bronzo, che non sempre venivano usate come moneta corrente, ma talvolta conservate come reliquie o offerte votive;
  • Giochi da tavolo e dadi, strumenti d’intrattenimento che rivelano una sorprendente permeabilità culturale.

Non è improbabile che il vaso trovato a Drumanagh appartenesse a questa categoria: un dono, un oggetto da ostentare, o forse un contenitore per beni più preziosi, come spezie, profumi, o unguenti medicamentosi.


Un fico che racconta una storia

Il fico carbonizzato, pur nella sua umile semplicità, è forse l’elemento più toccante della scoperta. Quel frutto, raccolto in una regione del Mediterraneo, essiccato e probabilmente trasportato in una cassetta insieme ad altra frutta secca, ci parla di gusti, desideri e bisogni. È un simbolo: la cultura del conforto, del dono, della cura del corpo e dello spirito che il mondo romano sapeva diffondere anche nei suoi angoli più remoti.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa