Archeologia. Fortezza romana emerge dal deserto egiziano. Gladio e bellezza. La scoperta annunciata ora. Cos’hanno trovato gli archeologi? Che funzione aveva? E gli alberi del viale trionfale? Architettura e psicologia di massa? Gli archeologi raccontano

Nuove scoperte mettono in luce le difese orientali d’Egitto tra l’epoca tolemaica e quella romana. Era la porta dell’Egitto, a nord est. Un punto strategico di fondamentale importanza. Per questo esso fu presidiato militarmente e dotato di una fortezza e di una cittadella per i legionari. Gli accessi al Paese erano controllati con severità. Uno stupefacente viale alberato, nel deserto, conduceva alla porta, ad edifici possenti, a servizi e a caserme. Era la soglia gloriosa del Paese.

Nel cuore della penisola del Sinai, la Missione Archeologica Egizia del Consiglio Supremo di Archeologia ha portato alla luce questo complesso militare d’eccezionale importanza, capace di ridefinire la comprensione delle strategie difensive egiziane lungo il confine orientale. Il sito in questione è Tel Abu Sifi, nella regione di Athar, nel Sinai del Nord: un altopiano sabbioso apparentemente inospitale, ma che oggi si rivela scrigno di un passato fortificato e pulsante.

Le mura che proteggevano l’Egitto

La scoperta, annunciata in queste ore dal Ministro egiziano del Turismo e dell’Archeologia, Sharif Fathi, riguarda i resti articolati di un complesso sistema difensivo che include fortificazioni militari, insediamenti abitativi per soldati, vie lastricate e trincee. Un ritrovamento che – come sottolinea lo stesso ministro – ha un valore storico di portata eccezionale, in quanto dischiude nuovi dettagli sulle strutture difensive egiziane durante le epoche tolemaica (detta anche baltica, nella traslitterazione araba) e romana.

È il dottor Mohamed Ismail Khaled, segretario generale dell’Alto Consiglio di Archeologia, a definire l’importanza strategica del sito: Tel Abu Sifi viene identificata come la prima linea di difesa dell’Egitto verso l’Oriente, una sentinella avanzata il cui ruolo militare è da rivalutare in profondità. In questa prospettiva, le recenti scoperte rafforzano l’idea che il Sinai non fosse una mera terra di passaggio, ma una vera e propria “porta d’Oriente”, strutturata, fortificata, sorvegliata.

Due castelli, una sola vocazione

Le indagini hanno riportato alla luce due complessi fortificati principali: uno risalente all’epoca tolemaica (finita con la morte di Cleopatra) l’altro a quella romana. Di particolare interesse è il ritrovamento dell’architettura delle porte orientali di entrambi i castelli: elementi che offrono nuovi strumenti per ricostruire l’ingegneria difensiva di quegli anni, ma anche l’evoluzione del concetto stesso di “accesso controllato” in epoca ellenistica e imperiale.

Accanto alle porte, è emersa una profonda trincea – oltre due metri di profondità – proprio all’ingresso del cosiddetto “Castello d’Oro”, presumibilmente legata a un complesso sistema difensivo pensato per rallentare o deviare eventuali forze d’attacco. Un sistema raffinato, che univa la potenza alla bellezza.

La strada monumentale e i suoi segreti

La veduta della struttura militare che costituiva la porta dell’Egitto, nel Nord Est. Davanti a noi, al centro, la strada romana. Immediatamente a destra vediamo la pietra bianca della torretta della porta del check point. A destra e a sinistra della strada, i forti militari e le caserme. L’accesso al Paese doveva essere una cornice trionfale, dopo una doppia linea di piante lussureggianti che volevano ricordare un’oasi. Le strutture arrotondate, sempre lungo la strada, alla nostra destra, erano forni per la produzione di calce, successivi all’insediamento romano. Essi furono probabilmente realizzati durante lo smantellamento delle strutture militari che dovette consistere anche nella demolizione dell’alzato degli edifici, delle mura e della porta. Il materiale lapideo fu trasformato in calce

Un altro elemento rivelatore della ricchezza logistica e infrastrutturale del sito è la strada scoperta dalla missione: larga ben 11 metri e lunga oltre 100, essa collega l’esterno della porta orientale del castello romano con il cuore dell’accampamento. Lastricata con basoli di pietra calcarea, questa via si sovrappone a una più antica, di epoca tolemaica, segnalando la continuità d’uso strategico dell’area. Straordinari, poi, i 500 cerchi di fango ritrovati ai lati della strada, prima che essa giungesse alla porta: probabilmente vasche per l’impianto di alberi ornamentali, che suggeriscono una scenografia fortemente simbolica dell’ingresso al castello, quasi una via sacra militare. Ma anche uno strumento per incanalare ordinatamente in fila uomini e carri, sia per motivi strategici e di ordine pubblico che per la necessità di incutere soggezione e sollecitare l’ammirazione dei viandanti.

Questi dettagli restituiscono un’immagine viva del sito non solo come bastione militare, ma come spazio articolato e “urbanizzato”, nel quale la funzione militare si intrecciava con esigenze cerimoniali, organizzative e, persino, estetiche.

Vita quotidiana e attività industriali

Le scoperte non si limitano agli aspetti militari. Gli scavi hanno riportato alla luce abitazioni di soldati risalenti all’epoca dei regni di Diocleziano e Massimiano, cioè tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C., offrendo una preziosa finestra sulla vita quotidiana delle truppe stanziate nel deserto. Da queste case si ricavano non solo le planimetrie delle unità abitative, ma anche informazioni sulle abitudini alimentari, sullo stoccaggio delle merci e sulla gerarchia militare dell’epoca.

Colpisce, inoltre, la scoperta di quattro grandi forni per la produzione di calce viva: un’indicazione chiara della trasformazione del sito in un centro industriale alla fine del periodo romano. È plausibile che, con il declino della funzione strategico-militare, l’area abbia conosciuto una rifunzionalizzazione a fini produttivi, segnando un nuovo capitolo nella lunga storia di Tel Abu Sifi. Tuttavia, questa metamorfosi avrebbe comportato – come osservato dagli archeologi – la distruzione sistematica di molte delle precedenti strutture in pietra.

Un castello perduto?

Come spesso accade nelle grandi scoperte archeologiche, ogni risposta apre la strada a nuove domande. Durante gli scavi è emersa una trincea finora sconosciuta che potrebbe indicare la presenza di un terzo castello, più antico, i cui resti – inclusi quattro pilastri angolari – sono stati appena identificati. Se confermato, questo rinvenimento amplierebbe notevolmente la cronologia del sito e confermerebbe la sua funzione difensiva per un arco di secoli ancora più esteso.

Il capo missione, il dottor Hisham Hussein, sottolinea anche la presenza di edifici rettangolari interconnessi che sembrano risalire all’epoca tolemaica e che, per la loro configurazione, dovevano servire da alloggiamenti a lunga permanenza, probabilmente per guarnigioni stabili.

Da Tharo a Tel Abu Sifi: la nuova geografia sacra e strategica

Un ultimo elemento, di natura geo-storica, getta ulteriore luce sull’importanza di questo sito. Tel Abu Sifi ha infatti assunto un ruolo sempre più centrale dopo il progressivo declino di Tel Habwa – la leggendaria città di Tharo, legata al mondo faraonico – a causa del mutamento del corso del Nilo e della conseguente perdita di accesso costiero. Il baricentro strategico e religioso si è così spostato da un punto all’altro del Sinai, e Tel Abu Sifi è assurta a nuovo bastione del confine orientale egiziano.

La conquista romana dell’Egitto e la presenza militare e civile dei Romani nel Paese del Nilo

La conquista romana dell’Egitto segna uno spartiacque decisivo nella storia del Mediterraneo antico, aprendo un nuovo capitolo nella lunga e affascinante vicenda del Paese delle Due Terre. Quando Ottaviano, futuro Augusto, sbaragliò le forze congiunte di Marco Antonio e Cleopatra VII nella celebre battaglia di Azio nel 31 a.C., non si trattò solo della vittoria di un pretendente al potere su un altro: fu l’atto finale del mondo ellenistico e l’ingresso definitivo dell’Egitto nella sfera imperiale romana.

L’anno successivo, nel 30 a.C., con l’ingresso trionfale di Ottaviano ad Alessandria e la tragica fine degli sconfitti, l’Egitto cessava di essere un regno indipendente per divenire una provincia romana sui generis, direttamente controllata dall’imperatore. Augusto ne fece un dominio personale, sottraendolo al controllo del Senato romano e affidandone il governo a un prefetto di rango equestre – non senatorio – per evitare che un personaggio potente potesse usarne le immense risorse economiche come base per usurpare il potere.


Un’amministrazione imperiale efficiente e strategica

Dal punto di vista amministrativo, l’Egitto fu dotato di una struttura peculiare, con il prefetto al vertice dotato di poteri civili, militari e giudiziari. Alessandria, già capitale culturale in età ellenistica, conservò il suo prestigio, divenendo una delle metropoli più dinamiche e cosmopolite dell’Impero. Il suo porto era uno snodo nevralgico del commercio mediterraneo, in particolare per l’export di grano, vero e proprio oro bianco destinato a sfamare Roma.

La cultura greca, retaggio della dinastia tolemaica, continuò a permeare la vita civile e culturale del paese. Il greco restò la lingua dell’amministrazione e della vita quotidiana, mentre il latino fu riservato agli atti ufficiali e all’ambito militare. Gli Egiziani, specialmente nelle campagne, mantennero anche l’uso del demotico e poi del copto, segno della complessa stratificazione linguistica del Paese.

Dal punto di vista fiscale, l’Egitto era una gallina dalle uova d’oro: enormi quantità di cereali, lino, papiri e minerali fluivano verso Roma. L’economia era amministrata con efficienza, mediante un complesso sistema di censimenti, catasti e registri, spesso gestiti da una classe media greco-egiziana istruita e fedele al potere imperiale.

Nel 212 d.C., con l’editto di Caracalla, la cittadinanza romana fu estesa a tutti gli abitanti liberi dell’Impero, includendo anche gli Egiziani. Questo gesto, di forte impatto simbolico e fiscale, sancì la piena integrazione del Paese del Nilo nel tessuto imperiale.


La presenza militare: fortezze, legioni e controllo del territorio

Dal punto di vista militare, l’Egitto rappresentava un nodo delicatissimo nella strategia imperiale. Era fondamentale assicurare il controllo del grano, ma anche delle rotte carovaniere verso il Mar Rosso, il Sudan, l’Etiopia e la Penisola Arabica. Per questo il Paese fu pesantemente presidiato da legioni e truppe ausiliarie.

Le legioni stanziate in Egitto, come la Legio III Cyrenaica, la Legio XXII Deiotariana (attiva almeno fino al II secolo) e, successivamente, la Legio II Traiana Fortis, erano dislocate in posizioni chiave, a partire dalla grande guarnigione di Alessandria. Nella parte meridionale del Paese, soprattutto nella Tebaide, le truppe garantivano il controllo delle vie commerciali verso la Nubia e la protezione da eventuali incursioni.

Oltre alle legioni, era essenziale il contributo delle truppe ausiliarie, composte da alae di cavalleria e cohortes di fanteria, spesso reclutate tra i provinciali e i nativi. Questi contingenti erano spesso distribuiti lungo il Nilo, negli avamposti del deserto e nelle oasi del Sahara egiziano, che fungevano da punti di controllo e di ristoro per le carovane.

Un esempio simbolico e imponente della presenza militare romana in Egitto è rappresentato dalla Fortezza di Babilonia, presso l’attuale Cairo. Situata in un punto strategico lungo il Nilo, essa controllava l’accesso ai canali che collegavano il fiume con il Mar Rosso. Rafforzata durante il regno di Traiano e restaurata da Diocleziano, questa roccaforte costituiva uno dei pilastri difensivi e logistici del controllo romano sulla regione.


Un Egitto romano ma non romanizzato

L’Egitto rimase una provincia speciale per tutta la durata dell’Impero, e benché fosse inserito pienamente nelle dinamiche politiche e amministrative di Roma, non fu mai del tutto romanizzato. Non si costruirono colonie di veterani in grande numero, come accadde altrove, e la romanizzazione linguistica fu superficiale. Il latino restò la lingua delle élite e delle truppe, mentre la cultura e la religione tradizionale egiziana continuarono a prosperare, spesso sincretizzandosi con il pantheon romano.

Fu in Egitto che, per esempio, il culto di Iside conobbe una straordinaria diffusione nell’Impero, fino a diventare una delle religioni misteriche più popolari in Occidente. Anche il culto del dio Serapide, creato in epoca tolemaica per unificare elementi greci ed egiziani, ebbe vasta fortuna, e l’iconografia egizia sopravvisse fino a tarda età imperiale.


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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa