Nel cuore dell’antica città di Carsulae, l’Associazione Culturale ASTRA ha presentato, in queste ore, un’importante scoperta archeologica, avvenuta nel secondo semestre del 2024. Si tratta di un raro opàion, emerso nel corso degli scavi condotti presso il saggio G, situato nella zona settentrionale del Foro, un’area dedicata agli edifici pubblici. La campagna di scavo, diretta dagli archeologi Luca Donnini e Massimiliano Gasperini, ha riportato alla luce questo interessante manufatto, all’interno dell’ambiente B1.

Carsulae: antica città romana
Carsulae, uno dei più affascinanti siti archeologici dell’Umbria, si sviluppò lungo la via Flaminia a partire dal III secolo a.C. Fiorente durante l’epoca imperiale, la città decadde progressivamente fino al suo definitivo abbandono tra il IV e il V secolo d.C. Oggi il sito conserva numerose strutture di grande interesse, tra cui il Foro, il Teatro, l’Anfiteatro e l’Arco di San Damiano.
Cos’è un opàion?

Il termine opàion deriva dal greco ὀπή (“apertura”, “foro”) e indica sia l’oculo di un edificio che una particolare tegola di terracotta dotata di un foro destinato a facilitare la fuoriuscita di fumi da focolari o bracieri. Questo dispositivo aveva inoltre la funzione di migliorare l’areazione e l’illuminazione degli ambienti interni. La minuscola ed elegante struttura veniva appoggiata al tetto, in corrispondenza con il foro nel soffitto. Per essere così dislocata disponeva di una base ampia e piatta di terracotta.
L’uso degli opàia è attestato sin dall’epoca etrusca e arcaica, con diversi esempi noti nelle abitazioni e negli edifici pubblici dell’Italia centrale. Le varianti di questi dispositivi differivano per forma e materiali, adattandosi alle necessità climatiche e architettoniche delle diverse regioni. Alcuni opàia erano semplici aperture circolari, mentre altri erano dotati di coperchi mobili per regolare la dispersione del calore e dei fumi.
Esemplari analoghi, dotati di coperchio di chiusura, sono stati rinvenuti nelle coperture del palazzo etrusco arcaico di Aquarossa, nel Viterbese. Si tratta di un elemento architettonico che, per la sua efficacia funzionale, rimase in uso per tutta l’epoca romana senza subire significative modifiche. Durante il periodo romano, infatti, l’opàion assunse una forma più elaborata, con elementi decorativi e strutture integrate nelle coperture degli edifici. In alcune ville e abitazioni private, questi dispositivi venivano arricchiti con modanature e finiture elaborate, rendendoli anche un elemento estetico oltre che pratico.
L’opàion carsulano: un reperto unico

Un opaion restaurato da Salvatore Patete è esposto presso il museo di Faeto, proveniente da uno scavo in località Tre sportelli che ha riportato alla luce una antica costruzione, utilizzata nell’ultima sua fase prima dell’abbandono, come taverna e stazione di posta. La struttura fu abbandonata dopo un incendio.
L’opàion rinvenuto a Carsulae si distingue per la sua struttura frammentaria ma in buona parte ricomponibile. L’elemento più caratteristico è il suo comignolo sporgente, realizzato in un unico pezzo con la tegola. Questa struttura è dotata di tre aperture laterali che facilitavano la dispersione dei fumi e di un grande bottone sporgente sulla sommità, decorato con linee disposte a raggiera. Questi “comignoli” molto complessi apparivano con ali e forme mosse, sul tetto. Il design, come possiamo vedere, è sobriamente molto raffinato e pare frutto di una ricerca formale novecentesca. Questo perché architetti e designer osservarono e, in alcuni casi reinterpretarono, strutture antiche.

La scoperta di questo manufatto arricchisce ulteriormente la nostra conoscenza sulle tecniche costruttive e sulle soluzioni architettoniche adottate a Carsulae, confermando l’importanza del sito come preziosa testimonianza della cultura materiale romana. Gli scavi proseguiranno nei prossimi mesi con l’obiettivo di approfondire il contesto in cui l’opàion era inserito e di individuare eventuali altri reperti connessi a questa affascinante scoperta.