Non si tratta di un tesoro, né di un’opera monumentale, ma di qualcosa di più sottile e altrettanto potente: una punta di lancia a tre rebbi, corrosa e annerita, che alcuni hanno già ribattezzato, con ammirata ironia e un pizzico di fervore mitologico, il “tridente di Poseidone”. Ma è un’arma romana, una fiocina antica, qualcosa utilizzato in agricoltura? Provate a guardare e fate le vostre ipotesi.

L’oggetto dalle “linee classiche” è emerso in Turchia, dalle acque tranquille del lago Iznik – l’antico Ascanio – .

Il ritrovamento
Osman Erim, pescatore esperto e profondo conoscitore di queste acque, si trovava nei pressi del villaggio di Göllüce insieme ai suoi compagni. La pesca, una pratica che qui si tramanda da secoli, stava seguendo i suoi ritmi consueti, quando nella rete, accanto a piccoli pesci d’argento, è comparso qualcosa di diverso: un oggetto metallico, annerito, la cui forma evocava immediatamente tempi remoti. Non era una semplice asta appuntita, ma un elemento forgiato con tre rebbi curvati.
Osman ha compreso che quell’oggetto può avere un valore storico, e lo ha consegnato immediatamente alla Direzione del Museo di Iznik, dando avvio a una serie di analisi e valutazioni che, giorno dopo giorno, stanno tracciando un quadro sempre più affascinante del passato.
Iznik: antica Nicea, crocevia di civiltà
L’attuale Iznik era, in epoca classica e tardo-antica, la celebre Nicea, una delle città più importanti dell’Asia Minore, fondata dai Macedoni e fiorita sotto Roma e Bisanzio. La città era situata in posizione strategica, sulle rive di un lago navigabile, lungo le rotte che collegavano Costantinopoli all’interno anatolico, e circondata da fertili campagne.
Ma Nicea fu anche teatro di eventi che cambiarono la storia del mondo: nel 325 d.C., ospitò il Primo Concilio ecumenico della Chiesa cristiana, convocato da Costantino, in cui fu definito il Credo Niceno, prima sintesi teologica ufficiale del cristianesimo ortodosso. Le sue mura, che ancora oggi si ergono in alcuni tratti, hanno protetto imperatori, soldati, vescovi, mercanti e pellegrini.
Eppure, la storia della città e del lago non si esaurisce nelle cronache ufficiali. Le acque di Iznik celano memorie più antiche, legate a culti precristiani, mitologie elleniche e pratiche rituali di cui ci restano solo frammenti.
Tridente o forcone? Le ipotesi degli archeologi
L’oggetto recuperato da Osman Erim non ha ancora ricevuto una classificazione definitiva. È indubbiamente antico, probabilmente di epoca romana imperiale, tra il I e il III secolo d.C., e presenta le tipiche tracce dell’ossidazione subacquea: incrostazioni calcaree, deformazioni dovute alla pressione, ma anche segni evidenti di lavorazione manuale, con rebbi affilati e simmetrici.
La forma a tre punte ha suscitato varie ipotesi:
- Un’arma da combattimento cerimoniale – Le armi tridentate non erano comuni tra le legioni romane, ma potrebbero essere state usate in contesti rituali o scenici, come nei munera, i giochi gladiatori. I retiarii, ad esempio, utilizzavano tridenti per affrontare i loro avversari in arene che simulavano l’ambiente marino. Tuttavia, l’uso in un’arena richiederebbe un contesto urbano che, per ora, non è attestato nelle immediate vicinanze del lago.
- Uno strumento da pesca – L’interpretazione più funzionale è che si tratti di un forcone da pesca, uno strumento usato per arpionare pesci nelle acque basse o nei pressi della riva. Ma il tridente sembra troppo grosso per i pesci di lago.
- Un oggetto rituale o votivo – La terza ipotesi, la più affascinante, è quella di un manufatto votivo. Lanciato nel lago come offerta, forse durante un rito in onore di Poseidone o di una divinità sincretica locale. Le acque, in molte culture antiche, erano ritenute dimore degli dei o portali verso il mondo degli spiriti. Non a caso, il tridente è simbolo per eccellenza di Poseidone, dio delle acque, dei terremoti e delle tempeste.
Poseidone ad Ascanio?
L’idea che un culto di Poseidone potesse essere praticato a Nicea non è così peregrina. Pur essendo una città dell’entroterra, Nicea si trovava in un’area culturalmente greca, e i culti ellenici sopravvissero a lungo sotto Roma. Poseidone, come dio delle acque dolci e salate, ma anche delle scosse telluriche (frequenti in Anatolia), aveva certamente un suo spazio nel pantheon della regione.
È possibile, quindi, che il tridente fosse parte di un rituale dedicato a lui, magari come ex voto per placare le acque o ottenere pesca abbondante. Oppure potrebbe trattarsi di un simbolo destinato a proteggere i naviganti del lago – il tridente come amuleto, come strumento apotropaico.
Una città sommersa di memorie
Il tridente non è l’unica meraviglia riemersa dalle acque di Iznik. Nel 2014, le immersioni nel lago portarono alla luce i resti di una basilica paleocristiana sommersa, attribuita a San Neofito, costruita nel V secolo e sommersa da un terremoto intorno al X secolo. Le immagini sonar mostrarono una pianta a tre navate, con colonne, abside e persino mosaici ancora leggibili. Un’intera chiesa, nascosta per secoli sotto il pelo dell’acqua, a pochi metri dalla riva.
La scoperta fu talmente significativa che si ipotizzò la creazione di un museo subacqueo, unico nel suo genere. Lì, tra colonne sommerse e reliquie sepolte, la punta di lancia – o tridente – oggi ritrovata si inserisce in una narrazione più ampia: quella di un lago che custodisce la stratificazione di molte civiltà, e che continua a svelare i suoi segreti.
Domandarsi perché un oggetto romano – e in particolare manufatti come il “tridente” recentemente ritrovato – giaccia oggi sul fondale del lago di Iznik, significa interrogarsi non solo sulla storia materiale del reperto, ma anche sul destino geologico, idrografico e urbanistico dell’antica Nicea. In effetti, il fenomeno per cui resti architettonici, cultuali o militari si trovano oggi sommersi sotto metri d’acqua è tutt’altro che raro in Anatolia e nel bacino del Mediterraneo. Nel caso di Iznik, possiamo delineare quattro cause principali che spiegano questo affascinante fenomeno di “archeologia sommersa”.
1. Mutamenti geologici e sismici
Iznik (Nicea) si trova in una zona sismicamente attiva, situata vicino alla faglia anatolica settentrionale, una delle linee tettoniche più pericolose della Turchia. La regione ha subito, nei secoli, numerosi terremoti devastanti, alcuni dei quali ben documentati nelle fonti bizantine.
Uno dei casi più emblematici è proprio quello della basilica sommersa di San Neofito, che si ritiene sia sprofondata a causa di un terremoto nel X secolo, probabilmente l’evento tellurico dell’840 o quello del 1065, che colpirono l’area con estrema violenza. Quando una scossa è sufficientemente forte, può causare il cedimento di porzioni di terreno lungo la riva, facendo “scivolare” interi edifici nella fascia lacustre, dove vengono rapidamente sommersi e poi protetti dal sedimento.
È quindi del tutto plausibile che alcuni insediamenti o strutture romane, costruiti in prossimità delle rive, siano finiti sotto il livello dell’acqua proprio a causa di sprofondamenti locali o fenomeni di subsidenza indotti dai terremoti.
2. Innalzamento del livello del lago
Nel corso dei secoli, i laghi possono subire oscillazioni di livello, causate da fattori naturali come:
- Aumenti delle precipitazioni (cicli climatici),
- Mutazioni nei bacini di afflusso (ad esempio, deviazioni di fiumi e torrenti),
- Diminuzione della portata di deflusso, per eventi naturali o per interventi umani.
Nel caso del lago Iznik (Ascanio), si ritiene che il livello dell’acqua sia cresciuto gradualmente durante il Medioevo e in epoca moderna, come attestato anche dalla progressiva immersione di strutture portuali, chiese, e forse interi quartieri suburbani.
Se dunque una punta di lancia, un oggetto votivo o una statua si trovano oggi sotto tre o quattro metri d’acqua, non è necessariamente perché siano stati lanciati in profondità, ma perché la riva su cui erano posati è stata sommersa lentamente nei secoli.
3. Deposizione rituale volontaria
Alcuni oggetti rinvenuti nel lago – e questo potrebbe includere il presunto tridente – non sono stati persi accidentalmente, né sono affondati a causa di terremoti o variazioni idriche, ma sono stati volontariamente gettati nelle acque come offerte votive.
La deposizione rituale di armi, punte di lancia, spade, oggetti metallici o ceramici nelle acque – laghi, fiumi, sorgenti – è ampiamente documentata in ambito greco, romano e anatolico, e spesso connessa al culto di divinità legate alle forze naturali, alla fertilità, alla guerra o alla protezione dei viaggiatori.
Nel caso del lago Iznik, è ragionevole ipotizzare che alcuni manufatti siano stati offerti alle acque come doni propiziatori a divinità come Poseidone, ma anche a dee locali sincretizzate con Artemide, o a figure misteriche come le ninfe lacustri. Il fatto che il tridente sia un simbolo iconico di Poseidone alimenta quest’ipotesi.