Come oggi, anche gli antici romani riempivano il suolo di rifiuti. Perché? Una pratica illegale anche allora?

Se pensiamo che il problema dei rifiuti sia una questione tutta moderna, ci sbagliamo di grosso. Anche gli antichi romani, a quanto pare, avevano l’abitudine di «nascondere sotto il tappeto» i loro scarti, riempiendo il suolo con i rifiuti urbani. A confermarlo è un recente studio archeologico condotto a Porta Stabia, a Pompei, che getta nuova luce sulle pratiche di gestione dei materiali di scarto nell’antichità.

Uno studio archeologico tra necropoli e rifiuti

Pubblicato nel nuovo e-journal del Parco Archeologico di Pompei, l’articolo “Rubbish and public memory at the Stabian Gate: when archaeology defines an urban gateway” esplora i risultati degli scavi condotti tra il 2021 e il 2024 nella zona delle tombe di M. Tullius e M. Alleius Minius. Un team internazionale di studiosi ha analizzato l’evoluzione dell’area, scoprendo che, prima della costruzione dei monumenti funerari, il terreno era stato livellato e riempito con rifiuti urbani.

Le analisi stratigrafiche hanno rivelato che i riempimenti del II secolo a.C. erano composti da materiali di scarto provenienti da un fossato preesistente, databile all’inizio del I secolo a.C. Questa pratica, tutt’altro che casuale, aveva un preciso scopo urbanistico: creare un terreno stabile e pronto ad accogliere i monumenti funebri della nobiltà locale.

Perché i romani usavano i rifiuti per riempire il suolo?

L’uso di rifiuti come materiale di riempimento era una strategia piuttosto comune nelle città antiche. I motivi? Principalmente pratici ed economici. Riutilizzare gli scarti come materiale di riempimento permetteva di livellare il terreno in modo rapido ed efficiente, senza dover trasportare e smaltire grandi quantità di rifiuti altrove. Inoltre, la stratificazione dei rifiuti consolidava il suolo, rendendolo più adatto alla costruzione di strutture monumentali.

A Pompei, questa tecnica è stata osservata anche in altre zone, ma gli scavi di Porta Stabia mostrano come il fenomeno fosse strettamente legato alla trasformazione dell’area in una necropoli d’élite. In un certo senso, i resti della vita quotidiana dei pompeiani hanno fatto da base per le tombe dei loro concittadini più illustri.

Una pratica illegale anche allora?

La pratica di usare rifiuti urbani come riempimento del suolo non era illegale nell’antica Roma, anzi, era abbastanza diffusa e spesso funzionale all’urbanistica. I romani erano pragmatici nella gestione degli spazi urbani, e il riutilizzo degli scarti per livellare il terreno, colmare fossati o consolidare strutture era un metodo economico e pratico.

A Roma e nelle altre città dell’Impero, la gestione dei rifiuti era regolata da norme specifiche, e la pulizia delle strade era affidata a magistrati chiamati aedili, responsabili dell’ordine pubblico e della manutenzione urbana. Tuttavia, gli scavi archeologici dimostrano che spesso i rifiuti venivano accumulati in aree poco frequentate, come fuori dalle mura cittadine, nei pressi delle necropoli o nelle cave dismesse. A Pompei, per esempio, sono stati trovati accumuli di rifiuti anche lungo le mura della città e nei pressi di alcune strade secondarie.

Dunque, il riempimento con rifiuti non era visto come un abuso, ma come un modo efficiente per sfruttare materiali altrimenti inutili. Tuttavia, vi erano delle regole: in alcune città, le leggi vietavano lo scarico di rifiuti in punti specifici, come nelle strade principali o nei canali di scolo, e chi trasgrediva poteva essere multato. Questo spiega perché i materiali di scarto venissero spesso accumulati in zone destinate a trasformazioni urbanistiche, come avvenuto a Porta Stabia.

In definitiva, era una pratica tollerata e comune, anche se soggetta a regolamentazioni a seconda del contesto.

Dai rifiuti alla memoria collettiva

Oltre al valore archeologico, questa scoperta solleva una riflessione interessante: ciò che oggi consideriamo scarto, nel tempo diventa parte della storia e della memoria collettiva. Gli strati di rifiuti sepolti sotto le tombe di Porta Stabia raccontano la vita quotidiana della Pompei repubblicana, i suoi consumi, le sue abitudini e persino il modo in cui la città evolveva dal punto di vista urbanistico.

Chi avrebbe mai detto che la gestione dei rifiuti potesse rivelare così tanto sulla storia di una civiltà? Forse, in un lontano futuro, anche i nostri scarti diventeranno materia di studio per gli archeologi, pronti a raccontare chi eravamo attraverso ciò che abbiamo lasciato dietro di noi.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa