Escursionisti camminano verso un mistero tra i rovi. Nella sabbia del torrente trovano una straordinaria moneta celtica in oro. Il significato dei misteriosi simboli e il dio che si materializza dal bucranio

Sole filtrato tra i rami, profumo di resina e terra umida. Il cuore della foresta si apre a un segreto nascosto da duemila anni

Si cammina in silenzio lungo un sentiero, tra ramaglie spezzate e aghi di pino. Il terreno è soffice, scuro, percorso da radici esposte come vene su una pelle antica. La vegetazione si infittisce, arbusti bassi e conifere giovani sembrano custodire gelosamente qualcosa. Si avanza ancora, finché si incontra un piccolo corso d’acqua: lo si attraversa su pietre instabili, con attenzione, lasciando che lo scroscio sottile accompagni i pensieri.

Pochi passi oltre, il metal detector emette un segnale nitido, preciso. La lama di un piccolo badile affonda nella terra morbida, e un luccichio emerge quasi subito tra il muschio e l’humus scuro. È oro. Oro antico.

Il tesoro tra i rovi: uno statere d’oro celtico del tipo “Bucranium”

Quella che affiora tra le radici, parzialmente incrostata, è una moneta straordinaria: uno statere celtico d’oro coniato fra il 20 e il 1 a.C., attribuito con ogni probabilità alle tribù dei Trinovantes e dei Catuvellauni, due importanti popolazioni dell’Inghilterra sud-orientale preromana. Il pezzo, recuperato in Suffolk, corrisponde al cosiddetto tipo “Bucranium”, nome che deriva dall’immagine stilizzata di un teschio bovino al rovescio, simbolo di fertilità, sacrificio e potere.

Il nome del re coniatore è inciso in caratteri curvi: ANDOCO, figura poco nota, ma storicamente affascinante. Il suo regno potrebbe essersi sviluppato proprio in una fase cruciale: quella immediatamente precedente all’invasione romana della Britannia.

Chi era Andoco? Breve identikit di un principe dimenticato

Il nome Andoco non compare nelle fonti scritte romane, ma le monete ci raccontano della sua esistenza. Egli potrebbe essere stato un sovrano minore, forse vassallo o rivale dei più potenti Tasciovano o Addedomaro. Le emissioni con il suo nome sono rare e di pregevole fattura: lo statere in questione, in particolare, presenta un volto fortemente stilizzato sul diritto — probabilmente un retaggio dell’iconografia alessandrina passata attraverso la Gallia — mentre sul rovescio campeggia la misteriosa immagine del bucranio, affiancata da simboli geometrici e da elementi vegetali astratti.

Questa stilizzazione spinta non era solo arte: era un linguaggio simbolico, una forma di comunicazione visiva fra iniziati, capace di trasmettere potere, appartenenza tribale, spiritualità. Ogni linea, ogni spirale aveva un significato sacro.

La zona del ritrovamento: Suffolk, terra di confine e di passaggi

Il ritrovamento è avvenuto in Suffolk, contea dell’Inghilterra orientale, affacciata sul Mare del Nord. In età pre-romana, l’area era un territorio conteso tra i Trinovantes, insediati nella regione di quello che oggi è l’Essex, e i Catuvellauni, che espandevano il loro potere da ovest verso l’est. La zona di Suffolk rappresentava un punto strategico, probabilmente crocevia di commerci e migrazioni interne.

È in questa terra verdeggiante, tra foreste fitte e corsi d’acqua tortuosi, che la moneta è riemersa. La sua posizione, lontana dai centri urbani noti dell’epoca, suggerisce un possibile percorso rituale o l’abbandono in occasione di un sacrificio votivo. Non si esclude che lo statere potesse essere stato interrato come offerta agli dèi, secondo pratiche ben documentate presso le popolazioni celtiche.

Il termine bucranium deriva dal latino e indica un teschio bovino, spesso raffigurato nei fregi architettonici dell’antichità classica. In ambito celtico, però, questo simbolo assume una valenza diversa, più primitiva e spirituale: richiama il toro sacro, la fertilità della terra, ma anche la forza e la resistenza. Il suo utilizzo su una moneta suggerisce un’intenzione sacrale oltre che politica: lo statere diventava veicolo di un’identità religiosa tribale, non mero strumento economico.

Il fatto che il metallo sia oro puro conferisce alla moneta un’aura ancora più potente. Era probabilmente destinata a pochi: capi tribù, druidi, guerrieri d’élite. Un oggetto carico di simboli, di fortuna e di mistero.

La moneta è stata segnalata alle autorità locali, secondo il Treasure Act britannico, e sarà oggetto di analisi e studio da parte del British Museum o di uno dei musei della rete archeologica regionale. Al momento non sono emersi altri reperti associati, ma l’area sarà sottoposta a ulteriori indagini con georadar e scavi mirati.


Un mondo di oro e simboli

L’incredibile statere gallico in oro: tra cavalli, piante sacre e metamorfosi divine

In uno scintillio caldo e antico, questa piccola moneta d’oro — un statere gallico — si offre come una mappa spirituale dell’immaginario celtico. Forgiata probabilmente tra il II e il I secolo a.C., è l’espressione simbolica di un mondo che si fonda sulla metamorfosi, sulla sacralità della natura e sull’interazione magica tra le forze del cielo e quelle della terra.

Ma non si tratta solo di un oggetto monetario. Questa moneta è una visione, un’allegoria, un talismano.


Il lato del cavallo

Il corpo animale che si fa simbolo: forza, libertà e connessione con l’aldilà

La scena è dominata da una figura equina stilizzata, quasi dissolta nel movimento: un cavallo, che si slancia verso destra. La resa grafica, con curve fluide e anatomie composte, ha poco di naturalistico e molto di visionario. Il cavallo è figura archetipica nei mondi celtici: guida dell’anima, messaggero degli dèi, incarnazione del passaggio e della forza.

Sopra il dorso dell’animale, in posizione insolita, si nota una testa umana o semiumana, rivolta anch’essa verso destra. È difficile stabilire se sia un cavaliere, uno spirito o un dio: nella sintassi simbolica gallica, le figure si fondono e si trasformano.


Il bucranio che diventa divinità

Lo scheletro sacro si anima: una maschera votiva? Un dio dalla doppia natura?

In alto rispetto al cavallo, compare un elemento ambiguo, ma potentemente evocativo: un bucranio, ovvero il cranio taurino stilizzato, che era usato nei rituali di sacrificio e nelle decorazioni templari. Ma se si guarda con attenzione, le corna sembrano farsi braccia, il muso un busto, e dalla simmetria del cranio emerge la sagoma antropomorfa di una piccola figura centrale.

Una divinità celata nel simbolo sacrificale? Oppure un gioco di trasformazione tipico del pensiero druidico, in cui ogni elemento della natura cela un’anima? È in queste ambiguità che si annida il fascino profondo dell’arte celtica.


Il vischio e le curve del mondo vegetale

La linfa sacra della natura si imprime sull’oro eterno

Nel settore sinistro e superiore della moneta, quasi a fare da corona alla figura animale, si sviluppa una sequenza di motivi vegetali curvilinei, forse interpretabili come rappresentazioni simboliche di rami di vischio. Pianta sacra presso i druidi, il vischio non era solo elemento medicinale, ma anche strumento di collegamento con il divino, in quanto cresce “senza toccare la terra”, sospeso tra cielo e albero.

Le curve ricordano anche quelle della scrittura o delle spirali cosmiche, tipiche della decorazione celtica: segni che evocano il flusso dell’energia vitale, la ciclicità della rinascita e il legame con l’invisibile.


Simboli in fusione: il potere della visione

La lettura composita: tra reale e immaginato, tra potere e magia

L’intera superficie della moneta, per quanto limitata, è concepita come un piano di realtà aumentata ante litteram, dove ogni linea è doppia, ogni figura è fusione. Il cavallo è anche spirito, il bucranio è dio, il ramo è vischio, ma anche respiro, ma anche scrittura. L’oro stesso è al tempo stesso valore economico, sacralità e luce.

Questo approccio alla raffigurazione, proprio dell’arte celtica, non obbedisce ai canoni dell’imitazione greco-romana, ma risponde a logiche animistiche e metamorfiche. Non si tratta di rappresentare, ma di rivelare.


Una moneta, un incantesimo

Tra magia, economia e culto, ecco l’identità mobile degli stateri gallici

Gli stateri in oro, come questo, venivano probabilmente coniati in ambito cerimoniale e non solo per scambi quotidiani. Portavano inciso, in modo astratto o semi-simbolico, il potere del clan, l’identità del capotribù, il nume tutelare e la visione del mondo della comunità. In questo senso, ogni statere è anche amuleto, messaggio e dono agli dèi.


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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa