Esplosione nella notte. Un commando assalta museo pieno d’oro per una mostra archeologica. Rubati pezzi importanti. Presi per fonderli?Qui il primo bilancio dello spaventoso blitz

L’esplosione risuona nel quartiere. Un allarme giunge ai vigili del fuoco. Si accorre sul posto. Si trova la porta aperta, sfondata dall’esplosivo. Le vetrine sono state aperte e svuotate. All’esterno un’auto è in fiamme. Forse è una delle macchine del gruppo. Ora gli allarmi suonano, ma è troppo tardi. Si cercano immagini dei ladri nel girato delle telecamere. Un commando. E’ stato un commando che ha saccheggiato il museo. Si cerca di capire perché l’istituto non fosse dotato di vigilanza interna, che normalmente viene richiesta dalle direzioni o dagli assicuratori, in caso di allestimento di mostre di materiali con elevato valore. Una delle piste è romena. I capolavori potrebbero essere stati rubati da una banda proveniente da quel Paese.

Un’immagine della notte del furto. In primo piano uno dei pezzi di pregio sottratti

Nella tranquilla città di Assen, nei Paesi Bassi, alle prime ore dell’alba di oggi, precisamente intorno alle 3:45, un’esplosione al Drents Museum ha aperto la strada a un furto clamoroso che ha visto trafugare alcuni dei più preziosi manufatti esposti, tra cui l’iconico elmo d’oro di Cotofenesti, alto 24,2 centimetri. Un manufatto antichissimo – ha circa 2400 anni – che pesa 770 grammi ed è d’oro massiccio a 20 carati. La speranza è che la banda non abbia agito per sottrarre l’oro e fonderlo. Certo è il fatto che non è facile piazzare, oggi, pezzi rubati poiché le fotografie fanno il giro del mondo e vengono memorizzate dalle banche dati degli inquirenti. Venderli così? E’ molto difficile perché potenziali acquirenti, provenienti anche dal mondo della malavita, evitano di finire in un pasticcio enorme per un pezzo d’arte. Chiedere un riscatto? Con i nuovi sistemi di rilevamento è difficile farla franca. Per questo – terribilmente – può prendere piedi l’ipotesi che l’oro venga fuso. Un chilo d’oro, al cambio di oggi, 25 gennaio 2025, vale 85.100 euro. Una cifra appetibile, per una piccola banda e per poche ore di “lavoro”-

Il Museo Drents ospita attualmente una grande mostra sull’antico impero della Dacia, che si trovava nell’attuale Romania. Gli oltre 600 oggetti dei tesori d’oro e d’argento provengono da almeno 15 diversi musei in tutta la Romania.

Per la mostra, il Museo Drents collabora con il Museo di Storia Nazionale della Romania. Direttore Dott. Ernest Öberlander-Târnoveanu è curatore ospite di Dacia. I pezzi risalgono a un periodo compreso tra il XX secolo a.C. e il III secolo d.C. Non si sa quanti di questi oggetti siano stati trafugati. Per ora si parla di 4 reperti.

L’accaduto

La polizia, giunta immediatamente sul posto dopo la segnalazione di un forte boato, ha constatato che l’ingresso principale del museo era stato forzato utilizzando esplosivi. Questo atto brutale non solo ha danneggiato gravemente la struttura del museo, ma ha anche messo in pericolo l’integrità delle altre opere esposte.

Le indagini preliminari confermano che i malviventi si sono concentrati su oggetti di altissimo valore storico e archeologico, come l’elmo d’oro di Cotofenesti, un capolavoro della cultura geto-dacica risalente al IV secolo a.C., noto per la sua straordinaria fattura e il valore simbolico.

Il Drents Museum e la perdita inestimabile

Il Drents Museum, situato nel cuore di Assen, è celebre per la sua ricca collezione di reperti archeologici, con un focus particolare sull’età del bronzo e del ferro. La mostra temporanea, che invece includeva anche l’elmo d’oro, era stata inaugurata con grande successo durante l’estate scorsa, attirando studiosi e appassionati da tutto il mondo. L’elmo di Cotofenesti, al centro della mostra, rappresentava una testimonianza unica delle abilità artigianali e dell’iconografia sacra dell’antichità.

L’intervento della polizia e le indagini in corso

La polizia ha immediatamente avviato un’ampia indagine, mobilitando esperti forensi e raccogliendo testimonianze nella zona circostante il museo. Le immagini delle telecamere di sorveglianza sono attualmente al vaglio delle autorità, mentre l’Interpol è stata coinvolta per contrastare la possibilità che i reperti trafugati vengano trasferiti oltre confine.

Un elemento cruciale delle indagini è rappresentato da un’auto sospetta rinvenuta in fiamme nei pressi di Rolde, a circa 15 chilometri da Assen. Questo veicolo, incendiato intorno alle 4:15, è considerato un possibile mezzo utilizzato dai ladri per la fuga. Si sospetta che gli autori abbiano abbandonato l’auto per passare a un secondo veicolo, rendendo più complessa la loro identificazione.

Appello alla comunità

Le autorità hanno rivolto un accorato appello. Chiunque abbia notato movimenti sospetti, veicoli anomali o persone in atteggiamenti insoliti tra le 3:00 e le 4:30, è invitato a contattare immediatamente la polizia. La polizia chiede anche una collaborazione internazionale poiché notizie riservate sul furto potrebbero essere raccolte anche in altri Paesi. Anche le immagini raccolte da videocamere di sorveglianza private, dashcam o campanelli smart potrebbero fornire indizi fondamentali.

Contatti utili:

  • Linea per le segnalazioni: 0800-6070
  • Squadra di intelligence criminale: 088-6617734
  • Segnalazione anonima: 0800-7000

Un colpo al patrimonio culturale

La perdita subita non riguarda solo il valore economico degli oggetti trafugati, ma rappresenta un danno culturale inestimabile. L’elmo di Cotofenesti non è solo un manufatto archeologico, ma un simbolo della nostra connessione con il passato. La sua scomparsa dal Drents Museum priva non solo la comunità accademica, ma l’intera umanità, di un prezioso frammento della nostra storia condivisa.

Le reazioni del mondo accademico

La notizia ha suscitato reazioni immediate da parte di storici, archeologi e istituzioni museali di tutto il mondo. “Questo furto è un attacco al nostro patrimonio collettivo,” ha dichiarato un portavoce dell’International Council of Museums (ICOM). Numerosi esperti hanno sottolineato l’urgenza di implementare misure di sicurezza più rigorose nei musei che ospitano reperti di tale rilevanza.

L’elmo d’oro di Poiana Coțofenești: un enigma storico e artistico

Ora questo pezzo straordinario è nelle mani dei banditi. La sua storia? Era il 1929 quando, in un angolo remoto della contea rumena di Prahova, un giovane di nome Traian Simion si trovò di fronte a una scoperta straordinaria. Nella località denominata Vârful Fundăturii, situata nei pressi del villaggio di Poiana Coțofenești, il ragazzo si imbatté per caso in un oggetto che avrebbe catturato l’attenzione del mondo accademico: un elmo d’oro, massiccio e squisitamente decorato. Sebbene incompleto – mancava infatti la parte superiore della calotta – l’elmo si presentava in condizioni eccezionali, tanto da offrire un affascinante spaccato sulla storia e la cultura delle antiche popolazioni della regione.

La scoperta e i primi studi

Nonostante la mancanza di un contesto archeologico preciso – l’elmo non fu rinvenuto in una tomba o in un deposito cerimoniale, circostanze che avrebbero potuto fornire dettagli fondamentali sulla sua origine – il reperto giunse presto nelle mani di Ioan Andrieșescu, illustre professore di Preistoria all’Università di Bucarest. Insieme a un gruppo di esperti, Andrieșescu visitò il luogo del ritrovamento, cercando di ricostruire le circostanze che avevano portato l’elmo a giacere dimenticato tra i frammenti di ceramica di epoca hallstattiana, riconducibili alla prima età del ferro.

Questi frammenti, sebbene interessanti, non avevano alcun legame diretto con l’elmo. Gli studiosi conclusero che il prezioso oggetto doveva essere stato abbandonato per ragioni ignote, forse durante una migrazione, un saccheggio o un atto di offerta rituale, lasciando aperti molti interrogativi sul suo passato.

Un’opera della cultura geto-dacica

L’elmo di Poiana Coțofenești fu rapidamente associato alla cultura La Tène, un vasto movimento culturale celtico che, a partire dal V secolo a.C., si diffuse in gran parte dell’Europa centrale e orientale. Tuttavia, le sue peculiarità stilistiche e iconografiche lo collocarono più specificamente nell’ambito delle popolazioni geto-daciche, che abitavano la regione carpato-danubiana. Questo oggetto, con la sua raffinata lavorazione in oro a 20 carati (833 parti su 1.000), era chiaramente destinato a un personaggio di rango elevato, forse un sovrano o un sacerdote, il cui nome e la cui storia rimangono avvolti nel mistero.

Descrizione e decorazioni simboliche

L’elmo, oggi conservato nel Museo Nazionale di Storia della Romania, è alto 24,2 centimetri e sorprende per la ricchezza e la complessità delle sue decorazioni a sbalzo. Ogni dettaglio sembra raccontare una storia mitica o rituale, benché la loro interpretazione rimanga incerta.

Nella parte alta dell’elmo compaiono figure enigmatiche: esseri antropomorfi dotati di code, forse spiriti o divinità, accompagnati da bestie feroci che digrignano i denti in atteggiamento minaccioso. L’effetto complessivo è quello di una narrazione cosmologica che si snoda su più livelli, suggerendo un legame profondo con la mitologia locale.

Particolarmente suggestive sono le scene incise sulle protezioni laterali, dove si osserva un uomo intento a sacrificare una pecora, un gesto che richiama antichi riti propiziatori o votivi. Anche la parte superiore dell’elmo, adornata con borchie a forma di mezza sfera, denota una cura artigianale straordinaria, segno di una società con una profonda conoscenza delle tecniche metallurgiche.

Gli occhi dello scudo contro il male

Uno degli aspetti più affascinanti dell’elmo sono gli occhi stilizzati, posti sotto sopracciglia marcate, che sembrano scrutare il mondo con uno sguardo penetrante. Secondo gli studiosi, questa caratteristica potrebbe avere una funzione apotropaica, cioè di protezione contro il male, gli incantesimi e le forze oscure. Il messaggio visivo, potente e diretto, doveva trasmettere un senso di invincibilità e sicurezza, tanto per chi indossava l’elmo quanto per la comunità che lo venerava.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa