La mostra “Ghitta Carell. Ritratti del Novecento”, in programma a Villa Necchi Campiglio, celebra la fotografa che ha immortalato il potere e la società, raccontando la sua complessa storia di creatività, censura e rinascita.
Ghitta Carell – Un’artista in bilico tra gloria, censura e sopravvivenza
Un’infanzia lontana e l’approdo in Italia
Nata nel 1899 nella contea ungherese di Szatmár, Ghitta Klein, in seguito divenuta nota col nome d’arte Ghitta Carell, è partita da umili origini per creare il suo futuro in una nuova terra. Giunta in Italia nel 1924, durante un viaggio a Firenze, decise di fermarsi e intraprendere la carriera di fotografa. Ghitta scelse un nome che evocasse sofisticatezza e nobiltà, forse trascinata dalla volontà di reinventarsi completamente.

La giovane donna si lanciò subito in un’ardua sfida: entrare nei circoli dell’élite italiana. Prima a Firenze, poi a Roma, si avvicinò alla borghesia e all’aristocrazia italiana grazie a legami con intellettuali e artisti. Determinata e intraprendente, ottenne il primo grande riconoscimento fotografando la principessa Maria José di Savoia. Da quel momento, il suo studio diventò un porto sicuro per i volti più illustri del tempo.
Il ritratto del potere e del glamour
Ghitta Carell seppe unire arte e strategia. Il suo obiettivo fotografico catturò personaggi come Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini, Margherita Sarfatti, Walt Disney, Cesare Pavese e persino Neville Chamberlain, la regina madre inglese Elizabeth e sua figlia Margaret. Fu una ritrattista amata dal potere, simbolo di eleganza e modernità, capace di immortalare i soggetti con uno stile che mescolava il classicismo rinascimentale al glamour hollywoodiano.

La particolarità di Carell risiedeva nelle sue tecniche di manipolazione fotografica. Lavorava su lastre di vetro di grande formato (18 × 24 cm), utilizzando strumenti artigianali come matite, raschietti e pennelli per modificare l’immagine e migliorare le sembianze dei soggetti fotografati. Quest’accuratezza, unita al suo talento, trasformava ogni ritratto in un’opera d’arte, tanto che il suo atelier ricordava più uno studio di pittura che una semplice sala fotografica.
Un periodo oscuro: le leggi razziali e l’oblio
Tuttavia, nel 1938, la promulgazione delle leggi razziali fasciste segnò uno spartiacque drammatico nella vita di Carell. In quanto ebrea, il suo nome fu censurato, la sua carriera subì un duro colpo, e fu costretta a vivere nascosta tra Roma e Milano durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante non fosse perseguitata direttamente, il clima oppressivo costrinse Carell a ritirarsi dalla scena pubblica che fino a pochi anni prima l’aveva celebrata. Gli anni trascorsi in clandestinità la cambiarono profondamente: il dopoguerra vide una Ghitta diversa, segnata dalla necessità di sopravvivere a un periodo buio e dalla perdita di quel fervore che aveva caratterizzato i suoi anni migliori.

Declino e l’addio all’Italia
Con la fine della guerra e l’avvento di nuovi gusti estetici, la carriera di Carell conobbe un graduale declino. Nel 1969, ormai anziana e malata, lasciò l’Italia per trasferirsi ad Haifa, in Israele, dove vivevano sua sorella e sua nipote. Qui morì nel 1972, lontana dai riflettori che l’avevano resa celebre. Alla sua morte, lasciò alcune stampe e lastre fotografiche all’Istituto Italiano di Cultura di Haifa, quasi a simboleggiare un legame mai del tutto spezzato con l’Italia.
Eredità e riscoperta critica
La storia di Ghitta Carell, un’artista che fotografava re e dittatori, intellettuali e icone di Hollywood, è affascinante non solo per il suo incredibile talento, ma anche per la sua resilienza. Costretta a ricostruirsi più volte, riuscì a navigare tra successo e censura, tra arte e sopravvivenza. Come osserva Susan Sontag: “L’innocenza della sua fotografia è tale da mettere in dubbio che possa davvero essere innocente.”

Oggi, il suo lavoro è finalmente oggetto di una rivalutazione critica che mette in luce la complessità della sua biografia e del suo contributo al panorama artistico del Novecento. La fusione di avanguardia e tradizione nei suoi ritratti e l’abilità tecnica con cui modificava immagini senza lasciare tracce evidenti restano simboli di un talento unico, spesso troppo avanti per essere pienamente compreso.
La mostra a Villa Necchi Campiglio: un omaggio alla complessità di Carell
Dal 15 maggio al 12 ottobre 2025, la mostra Ghitta Carell. Ritratti del Novecento, curata da Roberto Dulio, riporta alla luce più di 100 opere originali, tra fotografie vintage, lettere, documenti e attrezzature. Gli spazi di Villa Necchi Campiglio offrono una cornice unica: alcune fotografie saranno esposte accanto agli arredi della villa, come fossero parte della quotidianità degli anni Trenta.
Tra i pezzi più significativi:
- Ritratti della famiglia Necchi (Nedda e Gigina).
- Iconiche fotografie di Maria José di Savoia, Benito Mussolini e Papa Giovanni XXIII.
- Autoritratti della Carell, che raccontano la sua personalità affascinante e enigmatica.
La mostra non è solo un’esposizione di immagini, ma anche una riflessione su temi senza tempo: potere, bellezza, costruzione dell’identità e manipolazione della realtà.
Informazioni utili
- Luogo: Villa Necchi Campiglio, Via Mozart 14, Milano
- Date: Dal 15 maggio al 12 ottobre 2025
- Orari: Mercoledì-Domenica, 10:00-18:00 (ultimo ingresso ore 17:00)
- Biglietti:
- Intero: €15
- Ridotto (6-18 anni): €9
- Bambini sotto i 5 anni: Gratuito
- Studenti fino a 25 anni: €9
- Famiglia: €39
- Iscritti FAI: Gratuito
Per maggiori informazioni, visita il sito del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano o scrivi a fainecchi@fondoambiente.it.