I cannibali tra di noi. Attenti a questa grotta. Cosa hanno trovato gli archeologi? E perché questo tipo di pasti? Cosa accadde nell’oscurità? Cosa abbiamo nella nostra psiche? Rispondono gli studiosi e psicologi

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Le recenti indagini condotte da un team internazionale guidato da IPHES-CERCA e CSIC hanno portato alla luce prove inequivocabili di cannibalismo cultuale tra le comunità magdaleniane della Grotta Maszycka, situata nella valle del Prądnik, circa 20 km a nord di Cracovia. Questo sito archeologico, noto da tempo per le sue ricche testimonianze preistoriche, è tornato al centro dell’attenzione grazie a una ricerca pubblicata sulla rivista Scientific Reports, che ha rivelato dettagli significativi sul trattamento dei resti umani risalenti a circa 18.000 anni fa.

La Grotta Maszycka e la cultura magdaleniana

La cultura magdaleniana rappresenta una delle fasi più avanzate del Paleolitico superiore, caratterizzata da una sofisticata produzione di strumenti litici e ossei, nonché da un’elevata capacità artistica testimoniata da incisioni e pitture rupestri. Derivata in gran parte dalle popolazioni Cro-Magnon dell’Europa occidentale, questa cultura si diffuse tra Francia, Germania, Polonia e altre regioni dell’Europa centrale e orientale.

La Grotta Maszycka è stata identificata come un sito magdaleniano di primaria importanza grazie al ritrovamento di numerosi strumenti in pietra, ossa animali e frammenti scheletrici umani. Questi ultimi, analizzati nel corso di decenni, hanno sempre rappresentato un enigma per gli archeologi, fino alle recenti rivelazioni.

Analisi tafonomiche: prove di cannibalismo

Lo studio ha preso in esame 63 frammenti ossei umani utilizzando avanzate tecniche di microscopia 3D per distinguere segni lasciati da strumenti umani da quelli dovuti a processi naturali o all’azione di animali spazzini. I risultati sono stati sorprendenti: numerosi segni di taglio e fratture intenzionali sulle ossa suggeriscono pratiche sistematiche di smembramento e consumo umano.

In particolare:

  • I segni presenti sui resti cranici indicano la rimozione del cuoio capelluto e della carne del viso.
  • Le fratture osservate sui femori e sugli omeri mostrano chiaramente l’intenzione di accedere al midollo osseo, una fonte preziosa di nutrienti.
  • Tracce di percussione sulle ossa suggeriscono l’estrazione della materia cerebrale, un organo particolarmente ricco di sostanze nutritive.

Questi dati hanno permesso agli archeologi di escludere l’ipotesi di un semplice trattamento funerario, confermando invece una vera e propria strategia di sfruttamento nutrizionale dei corpi. Francesc Marginedas, autore principale dello studio, ha dichiarato: “La posizione e la frequenza dei segni di taglio e delle fratture intenzionali sulle ossa sono chiaramente evidenze di sfruttamento nutrizionale dei corpi, escludendo l’ipotesi di un trattamento funerario senza consumo”.

Contesto del cannibalismo nel Paleolitico

Il cannibalismo è un comportamento documentato in vari momenti dell’evoluzione umana. Le ragioni dietro questa pratica possono essere molteplici: necessità di sopravvivenza in situazioni di crisi alimentare, rituali culturali o dinamiche di violenza intergruppo.

Nel caso delle comunità magdaleniane della Grotta Maszycka, l’ipotesi più probabile sembra essere quella di un cannibalismo culturale legato a pratiche rituali o simboliche. La complessità delle operazioni di smembramento e l’attenzione posta sull’estrazione di specifiche parti del corpo suggeriscono una conoscenza approfondita dell’anatomia umana e un comportamento sistematico piuttosto che sporadico.

Altri casi di cannibalismo preistorico in Europa

Le evidenze di cannibalismo nel Paleolitico superiore non sono limitate alla Grotta Maszycka. Diversi altri siti in Europa hanno restituito prove simili:

  • Nella Grotta di Gough, in Inghilterra, sono stati trovati resti umani con segni di smembramento e lavorazione delle ossa risalenti a circa 15.000 anni fa.
  • In Francia, il sito di Les Pradelles ha rivelato tracce di consumo umano su ossa risalenti a circa 17.000 anni fa.
  • In Spagna, il sito di El Sidrón ha fornito evidenze di cannibalismo tra gruppi di Neanderthal.

Questi ritrovamenti suggeriscono che il cannibalismo, pur non essendo una pratica universale, fosse presente in diverse comunità paleolitiche, talvolta come risposta a condizioni ambientali estreme, altre volte come componente rituale o simbolica.

Implicazioni antropologiche e culturali

Lo studio dei resti umani nella Grotta Maszycka offre importanti spunti di riflessione sulle dinamiche sociali e culturali delle comunità magdaleniane. Il cannibalismo cultuale può essere interpretato come un modo per stabilire relazioni di potere, consolidare l’identità del gruppo o affrontare situazioni di crisi.

Inoltre, la scoperta mette in luce l’importanza di un approccio interdisciplinare nello studio delle società preistoriche. L’integrazione di analisi archeologiche, antropologiche e tafonomiche permette di ottenere una comprensione più completa e sfumata del comportamento umano nel corso dei millenni.

Cannibalismo verso nemici o prigionieri: una forma di dominazione

L’antropofagia rituale nei confronti di nemici o prigionieri è attestata in varie società tradizionali. Gli studi su popolazioni come i Tupinambá del Brasile e i Maya mostrano che il cannibalismo, in questi contesti, non era un semplice atto di sopravvivenza ma un gesto altamente simbolico.

  1. Assorbimento del potere del nemico: In molte culture, si credeva che consumare parti del corpo di un avversario valoroso trasferisse al consumatore la forza, il coraggio o le virtù del nemico sconfitto. Questo concetto trova riscontri tra i popoli dell’Amazzonia, come i Jívaro, e nella tradizione guerriera dei Māori della Nuova Zelanda.
  2. Umiliazione totale: L’atto di mangiare il nemico simboleggiava la completa sottomissione di quest’ultimo. Privarlo della dignità anche nella morte consolidava il potere del vincitore.
  3. Riti di sacrificio propiziatorio: In alcune culture mesoamericane, come quella azteca, il cannibalismo rituale seguiva il sacrificio umano agli dèi. Il consumo delle vittime si inseriva in un quadro cosmologico in cui la carne umana rappresentava un’offerta divina.

Cannibalismo interno: punizione e purificazione

Il cannibalismo rivolto contro membri della propria comunità appare come una pratica più rara, ma non meno significativa.

  1. Espiazione collettiva: In alcune società arcaiche, si riteneva che mangiare un individuo macchiato da colpe gravi — come tradimento o comportamenti considerati tabù — servisse a purificare l’intera comunità. Questo atto avrebbe neutralizzato la “contaminazione spirituale” portata dall’individuo deviante.
  2. Rito punitivo estremo: Presso alcune tribù Melanesiane, il cannibalismo era una forma di giustizia rituale riservata ai traditori o a coloro che minacciavano l’unità del gruppo. In questo contesto, l’antropofagia agiva come un deterrente contro comportamenti devianti.
  3. Trasformazione simbolica: In certi casi, mangiare parti del corpo di un individuo condannato poteva rappresentare un tentativo di “riassorbirlo” simbolicamente nella comunità, cancellando la separazione creata dal suo comportamento deviante.

Interpretazione psicologica

Dal punto di vista psicologico, il cannibalismo rituale riflette dinamiche profonde legate alla gestione della paura, del potere e della morte.

  • Feticizzazione del nemico: L’idea di consumare il corpo del nemico può essere letta come una risposta primordiale alla paura dell’altro, che viene neutralizzato attraverso l’ingestione. Questa pratica ricorda il fenomeno del “totemismo invertito”, in cui ciò che è temuto viene fatto proprio per esorcizzarne la minaccia.
  • Catarsi comunitaria: Il cannibalismo interno può essere visto come un meccanismo per ricostruire l’unità sociale. Freud, in Totem e tabù, suggerisce che alcune forme di antropofagia rituale derivano dall’elaborazione simbolica di un complesso fratricida primordiale.
  • Tabù e trasgressione: L’atto di mangiare un proprio simile rappresenta la rottura di un tabù universale, ma allo stesso tempo può simboleggiare la potenza catartica della trasgressione ritualizzata.

Evoluzione e declino del cannibalismo culturale

Con l’espansione delle religioni monoteiste e il consolidamento degli stati centralizzati, il cannibalismo culturale è stato progressivamente stigmatizzato e bandito. Tuttavia, la memoria simbolica di queste pratiche è sopravvissuta in miti, leggende e persino in alcuni riti contemporanei depurati della loro componente antropofagica.

In definitiva, il cannibalismo culturale nei confronti di nemici o membri della propria comunità appare come una risposta rituale a sfide profonde: la gestione del potere, la purificazione del gruppo e il tentativo di controllare simbolicamente la paura della morte e della disgregazione sociale.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa

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