Imboccano un pertugio e trovano una città sotterranea. Esplorazione al via. Perché costruirono nell’oscurità? Che funzioni avevano quelle stanze e quei corridoi? Rispondono gli archeologi

C’è un mondo articolato, sotto la roccia. Dall’imbocco di una vecchia casa raggiungi una cantina e da questo vano, attraverso il pertugio presente in una parete murata – dal quale fiotta un’aria fresca, in risalita – accedi a un reticolo di corridoi sotterranei, scale, stanze.

Nel cuore della provincia di Yazd, una scoperta straordinaria ha portato alla luce un pezzo fondamentale della storia iraniana: una città sotterranea nascosta, che si sviluppa a partire dalle cavità sottostanti cinque case storiche nella città antica di Abarkuh. Il governatore Hossein Hatami, in un’intervista con la testata IRNA, ha descritto questa scoperta come un evento di grande portata che potrebbe ridefinire la comprensione del tessuto storico della regione.

Hatami ha affermato che queste strutture sotterranee erano probabilmente progettate per molteplici scopi: garantire sicurezza, facilitare la vita quotidiana e gestire l’acqua in una regione che storicamente ha affrontato sfide ambientali significative. L’entusiasmo del governatore si è riflesso nelle sue parole, sottolineando la necessità di ulteriori scavi e studi per rivelare l’intera estensione di questo insediamento sotterraneo.


L’importanza di Abarkuh

Abarkuh è una città che vanta un passato glorioso, trovandosi al crocevia di rotte commerciali e culturali cruciali per l’antica Persia. Situata nel cosiddetto “triangolo d’oro” tra Shiraz, Yazd e Isfahan, la città ha sempre avuto un ruolo strategico. La scoperta della città sotterranea rafforza questa centralità, dimostrando come gli abitanti abbiano saputo affrontare le difficoltà ambientali e geopolitiche con soluzioni innovative.

La regione è anche nota per il suo cipresso millenario, un albero monumentale che si ritiene abbia tra i 4.000 e gli 8.000 anni. Questo simbolo di resilienza naturale si riflette nella capacità degli antichi abitanti di costruire infrastrutture sotterranee per sopravvivere in un ambiente ostile.


La scoperta: strutture sotterranee e acque

La scoperta include una rete di tunnel, camere e un complesso sistema idrico basato sui qanat, antiche infrastrutture per la gestione dell’acqua, alcune delle quali risalgono a oltre 2.500 anni fa. Le indagini iniziali indicano che circa 60 ettari dei 170 ettari del tessuto storico di Abarkuh contengono queste strutture sotterranee, molte delle quali ancora inesplorate.

L’acquedotto in pietra

Uno degli elementi più significativi è un acquedotto costruito con pietre scolpite, la cui architettura ricorda quella degli edifici dell’era Qajar (1794-1925). Le pietre utilizzate suggeriscono che queste strutture fossero realizzate con grande cura, riflettendo la profonda conoscenza degli abitanti nella gestione delle risorse idriche.

Gli antichi residenti avevano progettato gradini nelle case che conducevano direttamente ai tunnel, consentendo un accesso agevole al sistema idrico. Questi passaggi non solo permettevano la distribuzione dell’acqua, ma fungevano anche da sistemi di raffreddamento naturale, essenziali per sopravvivere ai caldi estivi.

Camere funzionali e rifugi

Nel tempo, i tunnel furono ampliati con l’aggiunta di camere più grandi e alcove, che probabilmente servivano come aree di riposo o come residenze estive. Secondo Hatami, queste strutture offrivano anche un rifugio sicuro in caso di guerre o invasioni. La città sotterranea, dunque, non era solo una soluzione pratica, ma anche strategica.


Tecniche costruttive: una fusione di funzionalità e innovazione

La scoperta rivela l’ingegnosità degli antichi abitanti di Abarkuh. Costruire in profondità non era solo una risposta alle condizioni climatiche estreme, ma anche un metodo per ottimizzare lo spazio disponibile.

Le fondamenta rocciose

Vecchie fotografie aeree mostrano che le case storiche di Abarkuh erano spesso costruite su fondamenta rocciose.

I qanat

I qanat, un sistema di gallerie scavate per canalizzare l’acqua dalle montagne alle aree abitate, erano integrati nei tunnel sotterranei. Questa tecnica, diffusa in tutto l’Iran, rappresentava un’innovazione senza pari nella gestione sostenibile delle risorse idriche.

La costruzione in zone rocciose ha spesso rappresentato una soluzione ingegnosa che ha sfruttato al massimo le risorse del territorio, trasformando il paesaggio naturale in un alleato per l’architettura. Questo approccio prevedeva il recupero diretto dei materiali di costruzione dalla stessa area in cui sarebbe sorto l’edificio, con vantaggi sia pratici che economici.

1. L’estrazione locale dei materiali

In molte aree rocciose, come Napoli, la roccia calcarea, il tufo o altre pietre facilmente lavorabili venivano estratte direttamente dal terreno sottostante al punto sul quale doveva sorgere l’edificio. Le cave erano spesso scavate sul luogo stesso della costruzione, riducendo i costi di trasporto e sfruttando le caratteristiche geologiche del suolo. Questo tipo di estrazione trasformava le cavità lasciate dall’escavazione in spazi utili per altre funzioni, come depositi, cisterne d’acqua o cantine. Realizzate questa cavità esse potevano essere interconnesse con altre cavità vicine. Spesso scale e cunicoli e pozzi sotterranei consentivano di raggiungere serbatoi di accumulo dell’acqua.

2. Cave pubbliche e private

Le cave potevano essere di due tipologie principali:

  • Cave pubbliche, gestite dall’autorità locale o dallo Stato, venivano sfruttate per grandi opere pubbliche come acquedotti, mura cittadine o templi. L’organizzazione era centralizzata, con operai specializzati e precise norme di gestione per evitare sprechi.
  • Cave private, invece, erano utilizzate per edifici residenziali o strutture locali. Spesso, i proprietari del terreno avevano il diritto di estrarre la pietra necessaria per le proprie costruzioni.

3. Cave e sistema idrico

Una delle innovazioni più notevoli legate a queste cave è il loro uso integrato nel sistema idrico:

  • Cisterne per l’acqua: Le cavità lasciate dall’estrazione venivano adattate a raccogliere e conservare acqua piovana o di sorgente, diventando serbatoi naturali.
  • Acquedotti sotterranei: In molte città, come Napoli, i tunnel di estrazione venivano trasformati in acquedotti, garantendo un flusso costante d’acqua potabile.
  • Pozzi e accessi multipli: Le cave e i cunicoli scavati fungevano anche da pozzi o da sistemi di drenaggio per la gestione delle acque reflue.

4. L’esempio di Napoli

Napoli è forse uno degli esempi più spettacolari di questo tipo di ingegneria. La città poggia su un substrato di tufo, una roccia vulcanica leggera e facile da lavorare. Le enormi cave sotterranee lasciate dall’estrazione del tufo formano oggi una rete complessa di gallerie, cisterne e rifugi sotterranei. Questi spazi non erano solo funzionali, ma svolgevano un ruolo fondamentale anche in tempi di emergenza, come durante la Seconda guerra mondiale, quando vennero usati come rifugi antiaerei.

Allo stesso modo, molte città mediorientali sfruttavano le cave sotterranee per creare sistemi idrici complessi, come i qanat (una serie di tunnel inclinati che portavano l’acqua dalle falde sotterranee in superficie). Queste strutture, oltre a garantire l’approvvigionamento idrico, costituivano il nucleo infrastrutturale della città, integrando architettura e risorse naturali.


Funzioni e significato culturale

La città sotterranea di Abarkuh non era solo un’infrastruttura funzionale, ma anche un riflesso delle necessità sociali e culturali del tempo.

  1. Climatizzazione e comfort: Durante le estati torride, gli spazi sotterranei offrivano un rifugio fresco, grazie al flusso d’acqua che attraversava i tunnel.
  2. Sicurezza e difesa: In periodi di instabilità, queste strutture fornivano un luogo sicuro dove gli abitanti potevano rifugiarsi.
  3. Vita sociale e commercio: Alcune camere più grandi potrebbero essere state utilizzate per scambi commerciali o come luoghi di incontro, dimostrando che la vita sotterranea era integrata con quella in superficie.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa

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