Meraviglioso. Cammina lungo la riva del fiume. E che trova? Scoperta, sorpresa, mistero, e l’eco dei Templari nella corrente. Perché gettavano, come Excalibur, le spade nell’acqua?


Il fiume maestoso e a tratti malinconico, mostra una delle sue mille facce: quella inquieta e mobile del fondale, rimescolato da piogge e da correnti insidiose. Negli ultimi giorni i movimenti sono maggiori, a causa delle piogge. Poi esce dal varco una lama di sole e il fiume sembra placarsi. Almeno per qualche ora. Le rive sono domestiche. Piccoli sentieri si addentrano in meandri di vegetazione. Un pescatore, camminando nei pressi di Tarchomin — un quartiere settentrionale della capitale polacca — sta cercando un punto adatto per calare la sua esca, quando qualcosa di inaspettato attira la sua attenzione: una figura lunga e sottile emerge obliquamente da un banco di sabbia, seminascosta dai detriti. E’ una spada. E non una qualsiasi. La recupera, la appoggia su un panno per poi avvolgerla, morbidamente. E’ bellissima.


Il ritrovamento casuale

Un gesto semplice che restituisce un frammento di Storia

Chi l’ha ritrovata, anonimo cittadino armato solo di canna da pesca e buon senso civico, ha agito come richiesto dalla legge polacca in questi casi: mercoledì ha consegnato la spada all’ufficio del conservatore dei monumenti della capitale. “È fantastico che sapesse cosa fare”, ha dichiarato con soddisfazione Michał Krasucki, conservatore dei beni culturali di Varsavia.

Le prime analisi visive hanno confermato che si tratta di un’arma medievale ben conservata: la lama, pur se corrosa, è quasi intera; l’elsa, con la sua caratteristica impugnatura a croce e pomolo sferico, reca incisa una croce realizzata con incisione ad altorilievo, simbolo che ha subito evocato nei restauratori e nel pubblico l’ombra degli ordini religiosi militari — dai Templari agli Ospitalieri.


Un tesoro tra i flutti

Il fiume Vistola come necropoli invisibile

Krasucki ha ricordato che il fiume custodisce ancora innumerevoli segreti: “La Vistola modifica continuamente il suo letto, portando alla luce — o seppellendo — oggetti dimenticati. Solo recentemente, poco distante, all’altezza di via Tamka, sono emerse altre reliquie, tra cui una pistola a pietra focaia.”

Ogni oggetto recuperato dal sottosuolo o dalle acque in territorio polacco è, per legge, proprietà del Tesoro dello Stato. Ecco perché la spada è stata immediatamente trasferita al Laboratorio di Conservazione dei Metalli del Museo Archeologico Statale, dove gli specialisti analizzeranno il metallo, l’origine e il possibile contesto storico del reperto.

Ma la domanda più affascinante, che ancora non ha risposta, rimane: chi la impugnò l’ultima volta? E perché fu gettata nel fiume?


Spade gettate nell’acqua

Riti, sconfitte e disattivazione simbolica delle armi nel Medioevo europeo

Il gesto di gettare una spada in un fiume ha una lunga tradizione nel mondo antico e medievale. Dai racconti mitologici come Excalibur — la spada restituita alle acque dopo la morte di Re Artù — fino alle prassi rituali delle culture nordiche e germaniche, le armi venivano talvolta consacrate o “disattivate” simbolicamente attraverso l’immersione in corsi d’acqua, specchi lacustri o paludi.

Nell’archeologia dell’Europa centro-settentrionale sono centinaia i casi documentati: spade, lance, elmi gettati intenzionalmente nei fiumi come la Mosa, il Reno, il Danubio. Il significato? Molteplice. In certi casi si trattava di offerte votive agli dèi, nei momenti cruciali di una battaglia o alla vigilia di una missione; in altri, come nei rituali cristiani posteriori, la spada poteva essere dismessa dopo la morte del proprietario, o abbandonata in segno di sconfitta o pentimento.

Quando queste armi recano simboli sacri — come la croce — non è raro pensare a guerrieri consacrati: i membri degli ordini cavallereschi cristiani erano tenuti a una stretta osservanza rituale, e potevano dismettere le armi in acqua dopo la caduta della loro roccaforte o la fine di un conflitto, affinché non cadessero in mani infedeli.

Non sempre si trattava di atti volontari: in molte occasioni le armi venivano trascinate via da battaglie fluviali, travolte dalla piena, perse durante una fuga precipitosa. Ma ciò che più colpisce gli archeologi è la presenza ricorrente di armi intere abbandonate nei fiumi, non smontate né riutilizzate, come se l’acqua avesse ricevuto — o preteso — il tributo ultimo.


Il simbolo inciso

Croce templare o semplice marchio di forgia?

La croce incisa sull’impugnatura apre scenari suggestivi ma ancora tutti da verificare. Le croci erano un elemento decorativo, sì, ma anche funzionale, usato come segno di riconoscimento del fabbro, come simbolo cristiano o di appartenenza a un ordine. Nel caso di questa spada polacca, la tipologia dell’elsa e la forma del pomolo sferico suggeriscono una datazione tra il XIII e il XIV secolo, periodo d’oro per l’attività dei Templari e degli Ospitalieri nella regione baltica.

Dopo la dissoluzione dell’Ordine del Tempio (1307-1312), molte delle loro armi vennero riassorbite da altri ordini, nascoste, o disperse. In Polonia, l’Ordine Teutonico aveva una forte presenza, e non è da escludere che l’arma possa appartenere a quel contesto.

Ulteriori analisi metallografiche e tipologiche potranno forse dire se la croce è ornamentale, funzionale o devozionale, e se la spada fu fabbricata localmente o importata.


Il corpo e la lama

Un ponte fra mani vissute e mani moderne

Chi impugnò quella spada per l’ultima volta? La domanda rimane sospesa, come il profilo dell’arma che emergeva dalla sabbia. Che fosse un cavaliere, un pellegrino armato, un mercenario, un monaco guerriero — ciò che rimane oggi è il gesto del pescatore, che ha restituito alla collettività un oggetto profondamente personale.

Ogni spada è un prolungamento del corpo, un oggetto costruito con arte, portato con orgoglio e usato con forza. Ogni segno, ogni abrasione racconta una storia invisibile. E anche l’atto di abbandonarla — volontario o forzato — dice molto della cultura del suo tempo: un tempo in cui le armi erano non solo strumenti di morte, ma simboli di potere, fede, onore.


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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz

Maurizio Bernardelli Curuz è uno storico e un critico d'arte. Fondatore di Stile arte, è stato direttore dei Musei Bresciani (Fondazione Brescia Musei, Pinacoteca Tosio Martinengo, Santa Giulia e Castello dal 2009 al 2014) coordinando, tra le altre cose, il dossier della candidatura Unesco di Brescia e dell'Italia Longobarda, titolo concesso dall'ente sovrannazionale. Ha curato grandi mostre sia archeologiche - Inca - che artistiche - Matisse - con centinaia di migliaia di visitatori. Ha condotto studi di iconologia e di iconografia. Ha trascorso un periodo formativo giovanile anche in campo archeologico. E' uno specialista della pittura tra Cinquecento e primo Seicento ed è uno studioso del Caravaggio. E' iscritto all'Ordine dei professionisti professionisti E' stato docente di Museologia e Museografia all'Accademia di Brescia