Nel cuore della terra, dove l’argilla si compatta in silenzio e le radici degli alberi sfiorano il passato, qualcuno ha dormito per più di duemila anni. Non in un sarcofago monumentale, né sotto una stele: solo pochi oggetti, una tegola ricurva e il profumo perduto di unguenti. Ma tra le tombe, una in particolare lascia sgomenti. Non c’è il corpo. Solo due vasi antichi, intatti, come se l’anima fosse stata portata via, ma non la memoria. Chi fu deposto lì, e perché ne furono rimossi i resti poco dopo la sepoltura?
E ancora: cosa significa trovare, tra le tombe, una tegola sacra forse proveniente da un tempio? Perché qualcuno avrebbe dovuto usarla per coprire un morto? E che dire di quella roccia scavata, piena di frammenti di ceramica legati al vino o all’olio, forse luogo di un rituale mai documentato?
Il racconto prende forma nel Sud più antico, tra le vestigia di una città greca nata sulle rive del Mediterraneo. Un frammento dimenticato della Sicilia arcaica torna a parlare. La scoperta è stata documentata dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta.

La scoperta: nel sottosuolo della Sicilia arcaica
La necropoli è riemersa a Gela , sul versante sud-occidentale della Sicilia, in un’area oggi urbanizzata ma un tempo viva di storia e mito. Fondata nel 688 a.C. dai Greci, Gela fu uno dei principali centri della colonizzazione ellenica in Occidente. Un destino spezzato dalla furia cartaginese nel 405 a.C., quando il generale Himilko la rase al suolo. I resti precedenti a quella distruzione sono rari e preziosi, ed è proprio per questo che la scoperta attuale ha un valore straordinario.
I lavori di scavo sono stati avviati in via precauzionale, prima della trasformazione dell’area urbana in una zona verde. Il sottosuolo, in effetti, si è rivelato una miniera di memorie: sei sepolture, alcune integre, altre enigmatiche, e una cavità artificiale nella roccia che potrebbe cambiare ciò che sappiamo delle pratiche funerarie locali.
Sei tombe, sei storie da ricostruire
Le tombe, databili tra il VI e il V secolo a.C., testimoniano un uso continuato del sito per generazioni. Due appartenevano ad adulti, due a bambini, e due restano ancora non attribuite. I sepolcri sono disposti in modo ravvicinato, in uno spazio contenuto ma organizzato, come se appartenessero a una stessa unità familiare. È una possibilità che gli archeologi stanno valutando, in attesa delle analisi stratigrafiche e antropologiche sui resti ossei.

Una tomba in particolare colpisce per l’assenza del corpo. Nessun segno di saccheggio: solo due lekythoi, piccoli recipienti da unguenti, databili tra il 500 e il 475 a.C.. Gli studiosi ipotizzano che il cadavere sia stato rimosso poco dopo la sepoltura, forse a causa di un evento naturale, come uno scivolamento di argilla che obbligò i familiari a traslare in fretta il corpo, lasciando sul posto gli oggetti rituali.
Tra i reperti, una tegola sacra e ceramiche rituali
Tra i rinvenimenti più significativi spicca un kalypter hegemon, una tegola ricurva in terracotta usata in origine per coprire le giunzioni delle tegole piane nei templi. Questo esemplare, riutilizzato in contesto funerario, era probabilmente parte di un edificio sacro vicino, la cui memoria è ora doppiamente sepolta. L’uso di materiali architettonici sacri in contesti sepolcrali è noto nel mondo greco, ma la presenza di un kalypter in un sito periferico come Gela solleva nuove domande: da quale edificio proveniva? Perché fu scelto proprio per coprire una tomba?
In un’altra parte dell’area è stata individuata una roccia scavata, che custodiva frammenti ceramici riconducibili a un cratere e ad alcune anfore: recipienti tipici per il vino o l’olio. Le ipotesi sono due: potrebbe trattarsi di un’antica cava dismessa, poi usata come deposito, oppure di un luogo rituale legato alle sepolture. Gli archeologi stanno ora analizzando i materiali per una classificazione tipologica e cronologica più precisa.
Ipotesi, dubbi e valore della scoperta
Questa piccola necropoli getta nuova luce sulla vita — e sulla morte — nella Gela arcaica, mostrando una continuità d’uso del suolo urbano e una possibile struttura familiare dietro alle sepolture. La rimozione del corpo dalla tomba dei lekythoi pone interrogativi su fenomeni naturali finora non documentati in quell’area.
Il riutilizzo di elementi templari in sepolture private suggerisce dinamiche di appropriazione del sacro che potrebbero riflettere lo status sociale dei defunti o mutate condizioni urbane.
Infine, la presenza della cavità scavata nella roccia apre un filone ancora tutto da esplorare: si trattava davvero solo di un deposito o di uno spazio liminale tra vita e aldilà? Le risposte verranno con le analisi in corso, ma la scoperta promette di arricchire il quadro delle pratiche funerarie nella Sicilia greca e, soprattutto, di restituire voce a chi finora era rimasto in silenzio.