Ritrovato un inno di 3000 anni fa alla città di Babilonia. Una poesia perduta tra i frammenti di argilla: ora la voce antica riemerge grazie all’IA. Eccola

C’era una volta un canto d’amore inciso sull’argilla.
Celebrava la bellezza di Babilonia, la città regale che regnava sull’Eufrate.
Poi si frantumò. Si disperse. Scomparve.

Fronte e retro della tavoletta dell’inno. Foto di Gütschow

Ora, dopo tremila anni, quelle parole tornano a vibrare grazie a una rivoluzionaria collaborazione tra l’uomo e la macchina.
Un’équipe guidata dal professor Enrique Jiménez dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco ha ricostruito un antico inno di lode alla città di Babilonia, risalente al I millennio a.C., utilizzando intelligenza artificiale per unire oltre trenta frammenti dispersi di tavolette cuneiformi.

Il risultato? Un capolavoro letterario riemerso dalla polvere dei secoli, che restituisce voce, emozioni e dettagli di vita quotidiana di una delle civiltà più affascinanti dell’antichità.
Una scoperta straordinaria, pubblicata nel 2025 sulla rivista IRAQ (Jiménez & Fadhil, 2025).


Frammenti lontani, un’unica melodia

L’intelligenza artificiale ricompone ciò che il tempo aveva spezzato

Per oltre due millenni l’inno era rimasto sepolto, rotto in frammenti di tavolette d’argilla sparpagliati tra collezioni pubbliche e private, dal British Museum alla Biblioteca di Bagdad.
Molti di questi provenivano dalla leggendaria Biblioteca di Sippar, che – secondo tradizione – sarebbe stata nascosta dallo stesso Noè prima del Diluvio Universale.

Grazie alla Babylonian Text Corpus, una colossale banca dati digitale sviluppata presso il Dipartimento di Assiriologia della LMU in collaborazione con la Università di Bagdad, Jiménez e colleghi hanno potuto usare algoritmi IA per identificare sequenze comuni nei testi.
Un lavoro che, in passato, avrebbe richiesto decenni di comparazione manuale e consultazione incrociata.

«Grazie alla nostra piattaforma digitale supportata dall’IA – ha spiegato Jiménez – siamo riusciti a individuare 30 manoscritti aggiuntivi appartenenti al medesimo inno, completando un puzzle che sembrava impossibile da ricostruire».


Un canto popolare, dimenticato per millenni

Era recitato nelle scuole, copiato dai giovani scribi: ora lo leggiamo di nuovo

Il testo si compone di circa 250 versi. Si tratta di un inno di lode a Babilonia, descritto con una vividezza che sorprende anche i maggiori esperti di letteratura mesopotamica.
Secondo Jiménez, fu composto da un autore locale, probabilmente legato agli ambienti religiosi, e diffuso capillarmente nelle scuole scribali, a giudicare dal numero di copie rinvenute.

L’elemento straordinario? La ricchezza poetica.
Le descrizioni naturali – assai rare nella letteratura mesopotamica, normalmente più austera – evocano i prati in fiore bagnati dal fiume Eufrate, i canali che nutrono i raccolti, le mandrie nei pascoli.

Ecco alcune delle strofe originali, riportate nella traduzione del team:

L’Éufrate è suo fiume, creato dal saggio signore Nudimmud.
Satura i prati, gonfia i canali,
Versa le sue acque in lagune e mari…
I campi fioriscono, la terra produce orzo,
I greggi si sdraiano su pascoli verdi,
Ricchezza e splendore… concessi con maestà agli uomini.


Donne, sacerdotesse e rispetto per lo straniero

Il testo rivela dettagli inediti sulla vita sociale e religiosa della città

Ma l’inno non è solo un poema paesaggistico.
Contiene preziose informazioni storiche sulla vita babilonese intorno al 1000 a.C.: dalla struttura della società urbana al ruolo delle donne.

Emergono con nitidezza le figure femminili legate al culto religioso – in particolare sacerdotesse – che finora erano scarsamente documentate nelle fonti scritte.
Un passaggio del testo le celebra come intermediatrici tra gli uomini e le divinità, figure sacre di grande autorevolezza.

Inoltre, il testo loda la convivenza armoniosa tra cittadini e stranieri, segno di una società inclusiva e strutturata, ben diversa dalle visioni stereotipate del passato mesopotamico come esclusivamente bellicoso o gerarchico.

«È affascinante osservare come l’autore non celebri solo i palazzi e le mura, ma anche la vita collettiva e il rispetto tra individui, che ci parlano di un senso di comunità forte e condiviso», ha affermato il professor Jiménez.


L’eco ritrovata della città dalle mura d’oro

Babilonia, oggi sito UNESCO, torna a parlare con la sua voce antica

Le rovine di Babilonia si trovano oggi a circa 85 km a sud di Baghdad, nella provincia di Hillah, Iraq.
Dal 2019 sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità UNESCO, ma per decenni sono rimaste in parte trascurate, anche a causa delle instabilità geopolitiche della regione.

La riscoperta di questo inno perduto, attraverso un lavoro di archeologia digitale, rappresenta non solo un trionfo scientifico, ma anche un ritorno emotivo: Babilonia non è più solo un nome leggendario, ma una voce che canta.

Il progetto si inserisce in una più ampia iniziativa di recupero letterario della Mesopotamia, che ha già portato alla pubblicazione di una collana scientifica sul contenuto della Biblioteca di Sippar: Literary texts from the Sippar Library V, curata da Anmar A. Fadhil ed Enrique Jiménez per la rivista IRAQ (articolo completo con DOI attivo).


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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa