Scoperta eccezionale sotto un colle: riaffiora l’antica città di Imet, con case a torre e templi perduti. L’annuncio ora dell’Egitto. Tutto ciò che è stato scoperto. E tutti gli elementi per capire cos’è stato trovato


Una città dimenticata risorge tra i profumi del limo
Un’antica metropoli riemerge nel sole della Bassa Egitto, tra templi alla dea cobra, statue di faience e suoni sacri perduti

Nel cuore della fertile e struggente pianura del Delta, dove il Nilo si divide in mille rivoli come dita che accarezzano la terra, la sabbia ha restituito una pagina straordinaria dell’antico Egitto. A Tell el-Fara’in, noto anche come Tell Nebesha, presso il centro di El-Husseiniya nella governatorato di Sharqiya – a circa 80 chilometri a nord-est del Cairo –, un’équipe britannica dell’Università di Manchester ha riportato alla luce una parte dell’antica città di Imet, un tempo pulsante crocevia della vita agricola, religiosa e commerciale dell’Egitto nord-orientale.

La scoperta, annunciata dal Ministry of Tourism and Antiquities egiziano, arriva al termine dell’attuale campagna di scavi e si rivela densa di implicazioni storiche, culturali e religiose, offrendo nuove chiavi interpretative sulla vita quotidiana e i culti tra la fine del periodo tardo (XXVI dinastia) e l’inizio dell’epoca tolemaica.


Abitazioni a torre nella nebbia del tempo
Case di mattoni per famiglie numerose, solide come fortezze, immerse nella brezza del Delta

Uno degli elementi più affascinanti del ritrovamento riguarda le strutture abitative, particolarmente ben conservate. Le rilevazioni satellitari, condotte con tecnologia avanzata (immagini multispettrali Landsat e sensori radar), avevano già segnalato anomalie nelle stratificazioni del terreno. Le indagini sul campo hanno confermato la presenza di abitazioni “a torre” – edifici su più piani con fondamenta massicce – risalenti alla prima metà del IV secolo a.C.

Queste case erano concepite per ospitare più nuclei familiari, forse intere linee parentali, e sono caratterizzate da una sorprendente solidità strutturale. Diffuse nella Bassa Egitto tra il tardo periodo faraonico e l’età romana, queste abitazioni rivelano una società stratificata e complessa, dove lo spazio domestico veniva modellato secondo necessità demografiche e logiche economiche. Accanto alle dimore residenziali sono emerse strutture funzionali: magazzini per i cereali, stalle e spazi per animali domestici, segno di un’economia agricola articolata.


Un percorso sacro e due colonne dimenticate
Sul cammino delle processioni, tra intonaci perduti e la voce delle divinità

Nella zona occidentale del sito, corrispondente all’antica area templare, sono state individuate le tracce di un grande basamento in calcare e due colonne in mattoni crudi, un tempo forse ricoperte di gesso bianco. Gli archeologi ritengono che queste strutture appartenessero a un edificio cerimoniale eretto lungo un antico viale processionale che univa due luoghi sacri: un tempio di epoca tarda e il tempio di Uadjet, la dea-cobra protettrice del Basso Egitto.

Le evidenze stratigrafiche suggeriscono che questo cammino cerimoniale venne abbandonato entro la metà dell’epoca tolemaica, forse in seguito a trasformazioni urbanistiche o a cambiamenti nelle pratiche cultuali. È importante ricordare che il tempio originario dedicato a Uadjet fu ricostruito per la prima volta sotto il regno di Ramses II (XIII sec. a.C.), e poi nuovamente restaurato durante il governo del faraone Ahmose II (XXVI dinastia, VI sec. a.C.).


Oggetti sacri tra le mani degli dei
Faience, bronzo e figure divine: piccole meraviglie nella polvere del tempo

Accanto alle strutture architettoniche, gli scavi hanno restituito una serie di reperti straordinari per qualità e significato religioso. Tra questi spicca un frammento di ushabti in faience verde, appartenente alla XXVI dinastia (664-525 a.C.), realizzato con una raffinatezza che lascia ancora oggi senza fiato. L’ushabti, statuetta funeraria destinata ad accompagnare il defunto nell’aldilà, è simbolo di una fede tenace e operativa, radicata nel quotidiano.

Non meno impressionante è la stele in pietra raffigurante Horus nell’iconografia di dominatore del caos: in piedi su due coccodrilli, regge in pugno serpenti e animali velenosi, mentre sopra di lui campeggia l’immagine del dio Bes, protettore delle nascite e dei momenti intimi, simbolo di gioia e danza. Questo tipo di raffigurazione, tipica delle cosiddette “stele magiche”, fungeva da strumento apotropaico, usato nei rituali contro i mali e gli spiriti.

A completare il quadro delle scoperte, una strumentazione musicale – un sistro in bronzo decorato con due teste della dea Hathor, dea dell’amore, della bellezza e della musica – chiude il cerchio delle pratiche liturgiche, evocando i suoni che un tempo animavano i rituali sacri.


Imet: un crocevia religioso e agricolo nel cuore del Delta
Tra la palude e il raccolto, tra i canti delle sacerdotesse e i granai pieni

Il sito di Tell el-Fara’in corrisponde all’antica città di Imet, menzionata nei testi del Nuovo Regno e conosciuta come uno dei centri nevralgici della vita religiosa del nord. Ospitava un grande tempio dedicato a Uadjet, la cui potenza simbolica affonda nel mito della regalità egizia. Secondo la cosmogonia eliopolitana, la dea cobra incarnava la protezione divina del faraone e il potere di annientare i nemici con un solo sguardo.

La città visse una prima fase di fioritura nel Nuovo Regno (XVI–XI sec. a.C.), per poi conoscere un’importante ripresa sotto le dinastie saite (XXVI dinastia) e, successivamente, nei primi decenni del dominio tolemaico (dal 332 a.C. in poi), periodo in cui il sincretismo tra religione egizia e ellenismo diede vita a forme cultuali miste e sorprendenti.


Una scoperta che apre nuove domande
I segreti di Imet non sono finiti. Gli occhi degli archeologi si riempiono ancora di desiderio

Il direttore della missione, Dr. Nicky Nielsen, ha sottolineato come Imet rappresenti una tappa cruciale per comprendere i mutamenti socio-culturali del Delta nei secoli di transizione tra dominazione indigena e occupazione greco-macedone. “Abbiamo appena grattato la superficie”, ha detto con emozione, “e già questo sito ci parla con la voce di secoli. È un invito a proseguire.”

L’impegno della Ministry of Tourism and Antiquities in questa campagna è parte di una strategia più ampia per il rilancio del turismo culturale egiziano, in linea con gli obiettivi di sostenibilità e valorizzazione diffusa del patrimonio nazionale.


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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa