Scoperta. Giallo di archeologia. Durante lavori edilizi trovano un uomo di 2000 anni fa. Gettato in una fossa a pancia in giù. Ha un pugnale romano sulla schiena. Lo vedete? Un legionario punito? Studi e ricerche. Chi era? L’indagine, i risultati

Impressionante. Il volto verso il terreno, le braccia abbandonate, dopo la caduta, le gambe leggermente divaricate. Non ci fu pietà, per questo giovane uomo. Ma perché, poco sotto il fianco, sulla schiena, aveva questo possente pugnale romano? Perché quell’amputazione, nella parte inferiore, all’estremità delle gambe? Aveva sognato amore, salute, pace, forse affidandosi alle preghiere della Fortuna del reduce, la dea che riportava i militari a casa. Per lui non ci fu rientro.

IMPERO ROMANO. Durante le indagini preliminari per la realizzazione di un parco solare fotovoltaico nella tenuta del Marchese dell’Encomienda, un team di ricerca archeologica di Tera SL ha portato alla luce un sito di straordinaria importanza storica, in cui a distanza di molto tempo, si alternarono uomini dell’età del Rame e legionari romani. L’attenzione degli studiosi è stata catturata non solo dalla scoperta di una possente fortezza, risalente a circa 4.900 anni fa, ma anche dai resti di un possibile legionario romano, sepolto in maniera insolita, con un pugio – il pugnale standard dei soldati romani – posizionato sulla schiena.

Questi ritrovamenti, che spaziano dalla sofisticata architettura difensiva dell’età del rame fino alla presenza militare romana nel II–III secolo d.C., offrono uno spaccato affascinante e complesso di una storia multilivello, in cui ogni pietra e ogni reperto raccontano di un passato ricco di ingegno, violenza e mistero.


Una fortezza senza tempo: l’opera calcolitica a Cortijo Lobato

Il sito difensivo è molto antico. Per le caratteristiche del luogo è stato oggetto dell’interesse di chi, nell’antichità, doveva assumere una posizione difensiva, Circa 4.900 anni fa, durante l’età del rame, un gruppo di antichi artigiani decise di edificare una roccaforte imponente su una collina che domina il paesaggio odierno di Almendralejo, nella provincia di Badajoz. Il complesso, esteso su 13.000 metri quadrati, fu concepito come una barriera quasi inespugnabile, una vera cittadella progettata per resistere agli assalti dei nemici.

La struttura originaria si articolava attorno a una fortezza pentagonale, posta a 314 metri sul livello del mare, protetta da un muro in adobe spesso tra 1,3 e 1,5 metri e dotata di cinque bastioni. L’unico ingresso, lungo appena 70 centimetri e descritto come “a forma di chele di granchio”, evidenziava l’intento di rendere il sito praticamente inviolabile. Successivamente, furono erette altre due mura concentriche, integrate da tre fossati difensivi larghi fino a quattro metri e profondi due metri ciascuno. I 25 bastioni semicircolari, disposti strategicamente, non solo permettevano di massimizzare gli angoli di tiro, ma agivano anche come deterrente psicologico, imponendo ostacoli fisici e mentali a chiunque osasse avvicinarsi.

All’interno del sito sono stati rinvenuti numerosi reperti – punte di freccia, idoli, asce, macine, piatti, ciotole e componenti di telaio – che offrono preziosi spunti sulle attività quotidiane e sulle tecniche costruttive dell’epoca. La presenza di capanne e di una riserva d’acqua suggerisce, inoltre, un’organizzazione comunitaria avanzata, in grado di sostenere la popolazione durante gli assedi e le crisi, e testimonia l’esistenza di una leadership in grado di coordinare un progetto di tale portata.

Nonostante la sua formidabile struttura, la fortezza non poté sfuggire al fato. Un incendio devastante – probabilmente provocato intenzionalmente, come dimostrato dalla combustione isolata delle porte in legno incastonate nei muri di adobe – segnò il declino dell’insediamento. La datazione al carbonio-14 dei resti animali rinvenuti tra le ceneri indica che Cortijo Lobato fu definitivamente abbandonato intorno al 2450 a.C., appena 400 anni dopo la sua costruzione. Il parallelo con Los Millares, modello di riferimento per gli insediamenti calcolitici nel sud-est della penisola iberica, ne aumenta la rilevanza internazionale, suggerendo scambi culturali e conoscenze tecniche condivise in tutta l’antica Iberia.


Nel fossato, appena coperto

Dopo il drammatico epilogo della fortezza calcolitica, il sito rimase in un silenzio archeologico per circa 2.700 anni, fino a quando il territorio non fu nuovamente abitato durante il tardo impero romano, nel II–III secolo d.C. È in questo contesto che emerge uno degli elementi più affascinanti e misteriosi della scoperta: una tomba insolita rinvenuta nei pressi del secondo fossato difensivo.

In questa sepoltura è stato ritrovato il corpo di un uomo, di età compresa tra i 25 e i 35 anni, deposto a faccia in giù in una fossa poco profonda. Particolarmente sorprendente è il pugio, reperto in uno stato di conservazione eccezionale e ancora nella sua guaina, che giaceva sulla schiena del defunto. La posizione del pugio e il trattamento frettoloso della sepoltura – evidenziato anche dalla mancanza dei piedi – hanno portato gli studiosi a ipotizzare che si trattasse di una sepoltura disonorevole, riservata a un membro dell’esercito romano. E’ probabile che sia così. Il volto verso il terreno normalmente indica una sepoltura di un reo o di un traditore. In diversi Paesi nei quali i romani erano presenti troviamo sepolture di questo tipo, in cui furono collocati legionari, anche se meno sommarie, ma caratterizzate dal corpo bocconi. In molti casi si può notare anche la resezione della testa, all’altezza del collo, probabilmente per un’esecuzione capitale. Ma i soldati venivano sepolti accuratamente e con un certo rigore, come se il fatto d’essere soldati romani – pur rei o traditori – implicasse un particolare trattamento, dopo la fine.

Il pugio, risalente alla fine del I secolo a.C., rappresenta un’evoluzione delle armi usate precedentemente nella Hispania preromana. Mentre i Celtiberi impiegavano armi simili dalla fine del IV secolo a.C., popolazioni come gli Autrigoni, i Vettones, i Vacceos e i Berones preferivano un modello a bordo curvo, diffuso dalla fine del III secolo a.C. Durante le battaglie del II secolo a.C., questi strumenti bellici vennero adottati e, col tempo, divennero equipaggiamento standard dei legionari romani.

L’ipotesi che l’individuo potesse appartenere alla Legio VII Gemina – l’unica legione romana di stanza in Hispania in quel periodo, fondata nel 74 d.C. e acquartierata nella Legio (l’odierna León) – trova così una plausibilità inaspettata. Le funzioni di scorta, sorveglianza stradale e sicurezza provinciale attribuite a questa legione rendono plausibile la presenza di un soldato in un’area strategica come quella di Cortijo Lobato.


Un dialogo di epoche: tra difesa e scontro

Il contrasto tra l’ingegnosità difensiva dell’età del rame e la drammatica sepoltura romana crea un dialogo affascinante tra due epoche lontane ma profondamente interconnesse. Da un lato, la fortezza calcolitica testimonia una cultura antica in grado di realizzare opere ingegneristiche di grandissima precisione, sfruttando il territorio per creare una barriera quasi impenetrabile. Dall’altro, la presenza del pugio romano e la sepoltura atipica raccontano di un periodo in cui la rapidità degli eventi bellici poteva condurre a esiti tragici e misteriosi.

L’incendio che distrusse la fortezza, con la combustione mirata delle porte in legno incastonate nei muri in adobe, rappresenta non solo la fine di un’organizzazione sociale complessa, ma anche il passaggio da una fase storica all’altra. Il successivo insediamento romano, segnato da pratiche funerarie insolite e dalla presenza militare, suggerisce un territorio che, pur attraversando millenni di silenzio, continuava a essere teatro di eventi di grande rilevanza storica e culturale.


Le analisi in corso, tra cui il consolidamento del pugio sotto la guida del restauratore Maicu Ortega dell’Università Complutense di Madrid e i tentativi di estrarre il DNA da uno dei denti del defunto, promettono di fornire ulteriori elementi di risposta a questi interrogativi.




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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa