Il FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano ha inaugurato il Salone dei Savoia al Castello di Masino, in provincia di Torino, dopo tre anni di restauri che hanno riportato in luce un sorprendente ciclo di affreschi di fine Seicento, perfettamente conservato e finora nascosto da mani di pittura di un successivo allestimento.
Il risultato dei restauri è impressionante: fino al 2019 il Salone dei Savoia era una quadreria ottocentesca dalle pareti dipinte di semplice bianco; si intuiva a sprazzi una decorazione sottostante, che è stata dapprima indagata con saggi sotto i quadri, ma era inimmaginabile una simile scoperta. Rimossa la pittura su 480 mq di superfici, infatti, il Salone dei Savoia oggi si rivela del tutto diverso, nell’aspetto che aveva alla fine del Seicento: un salone di rappresentanza sontuosamente affrescato con architetture dipinte a trompe l’oeil che inquadrano vedute paesaggistiche di 22 città del Piemonte e della Savoia, con un fregio di 147 stemmi nobiliari, culminanti nel simbolo dell’unione matrimoniale di Vittorio Amedeo II e Anna d’Orléans, nipote di Luigi XIV, sposi nel 1684, rappresentata al centro della volta, e con un albero genealogico alto 3 metri sul camino. Si tratta di un programma iconografico ad oggi senza confronti, che attraverso l’uso consueto, ma qui particolarmente insistito, dell’araldica, celebra la dinastia sabauda, cui la famiglia Valperga, proprietaria da secoli del Castello – e in particolare il conte di Masino Carlo Francesco Giuseppe (1655-1715) – era strettamente legata e fedele.
Il Salone, monumentale nella decorazione scoperta e nella dimensione – il più grande del Castello -, oltre che restaurato è stato riarredato com’era, con poltrone alle pareti e grandi lanterne dorate al centro, ed è oggi il fulcro del percorso di visita, com’era del cerimoniale seicentesco, quando Carlo Francesco, il favorito della reggente, Maria Giovanna Battista di Savoia-Némours, e primo scudiero di suo figlio, il futuro re Vittorio Amedeo II, riceveva qui ambasciatori, membri di dinastie e casate straniere e gli stessi Savoia, a Masino quale sede di una piccola corte.
Inaspettate sono l’integrità della decorazione, la vivacità dei colori, ma soprattutto l’originalità e la ricchezza del programma decorativo, concepito dallo stesso Carlo Francesco combinando insieme diversi modelli coevi a stampa – primo tra tutti il Theatrum Sabaudiae del 1682, già allora custodito nella biblioteca del Castello di Masino, ma anche la Généalogie de la Royale Maison Savoie del 1680 – realizzati a corte per la propaganda ufficiale, al fine di celebrare la dinastia sabauda – da cui derivavano potere e prestigio della stessa famiglia Valperga – esaltandone le origini mitiche, le alleanze con i reali di tutta Europa, dal Portogallo a Cipro, e dunque la secolare continuità, dal capostipite Beroldo di Sassonia all’attuale Vittorio Amedeo II, garanzia di un governo solido, autorevole ed efficace, nella politica estera come nell’amministrazione del territorio.
Più che nella qualità artistica, infatti, il valore di questi inediti e inaspettati affreschi è nelle piccole e grandi storie che raccontano e ancora da scoprire, che arricchiscono il patrimonio di conoscenza del Castello su personaggi, vicende storiche, funzioni e decorazioni delle sale, ma che soprattutto aprono la strada a ulteriori, inesauribili e promettenti ricerche. Studi e indagini, che siano negli archivi o sulle pareti dipinte, sono il fondamento e l’alimento della valorizzazione secondo il FAI, e il Castello di Masino ben rappresenta questo approccio: dal 1988, quando ha acquistato il Bene, ancora abitato dall’ultimo discendente, Luigi Valperga, la Fondazione non ha mai smesso di dedicarsi alla cura di questo patrimonio investendo complessivamente quasi 16 milioni di euro in manutenzione, conservazione e nuovi cantieri di restauro che sono sempre, inevitabilmente, “cantieri di conoscenza”.
Infine, per raccontare al pubblico il Salone dei Savoia appena restaurato, e per invitarlo alla scoperta delle tante storie, dei simboli e dei riferimenti che contiene, il FAI ha aggiunto al percorso di visita un nuovo spazio dedicato all’approfondimento nella ex-loggia affacciata sul paesaggio adiacente al Salone, con quattro video touch-screen e una copia del Theatrum Sabaudiae a disposizione dei visitatori.
L’inaugurazione del Salone dei Savoia si svolge il 29 aprile alle 11.30 nel Salone da Ballo del Castello alla presenza di Marco Magnifico, Presidente FAI, Bruna Flecchia, Vice Sindaco di Caravino, Alberto Cirio, Presidente Regione Piemonte, Massimiliano Caldera, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e Daniela Bruno, Vice Direttrice Generale FAI per gli Affari Culturali. Ai saluti e all’illustrazione del risultato dei lavori di restauro segue una breve tavola rotonda cui partecipano quattro ambasciatori: Christian Masset, Ambasciatore di Francia in Italia; Alfonso Dastis, Ambasciatore di Spagna in Italia; Jan Kickert, Ambasciatore d’Austria in Italia; Michele Valensise, Ambasciatore, già Segretario Generale della Farnesina.
Il FAI vuole così rievocare la funzione di massima rappresentanza che avevano, alla fine del Seicento, il Salone dei Savoia e le tre sale adiacenti, concepite proprio per accogliere diplomatici stranieri e infatti tradizionalmente denominate “camere degli Ambasciatori” di Spagna, Austria e Francia; ma soprattutto, prendendo spunto dall’intreccio araldico dipinto nel Salone dei Savoia che lega dinastie e casate di tutta Europa attraverso i simboli di alleanze matrimoniali e politiche, pare questa l’occasione per una riflessione, oggi quanto mai attuale, sul senso e il valore dell’unità europea e dell’identità comune su cui storicamente si fonda.
Il cantiere nel Salone dei Savoia rientra nel più ampio programma di interventi di restauro e valorizzazione avviato nel 2019, dedicato alla decorazione pittorica (2000 mq di superfici dipinte), prevalentemente seicentesca, degli ambienti più monumentali del Castello – Salone degli Stemmi, Sala del Biliardo, Sala dei Gobelins e Salone da Ballo – e reso possibile grazie al fondamentale contributo di Deutsche Post Foundation.
Realizzato all’interno del mastio medievale, il Salone dei Savoia è il più grande salone di rappresentanza del Castello di Masino – 16 metri di lunghezza, per 8 di larghezza e 9 di altezza – e si raggiunge salendo lo Scalone d’onore e percorrendo la Galleria dei Poeti al piano nobile. Quest’ultima oggi presenta affreschi ottocenteschi con le effigi dei maggiori letterati italiani, ma nel Seicento si chiamava “Galleria dei Savoia” ed era una sfilata di ritratti della dinastia, che si intravedono a sprazzi sotto l’attuale decorazione. La Galleria conduceva al Salone dei Savoia, anch’esso ridecorato nell’Ottocento e allestito in forma di una quadreria, e anch’esso, nel Seicento, dotato di tutt’altra decorazione, celebrativa dei Savoia, e portata in luce dai restauri del FAI. Grazie a questi lavori, il Salone oggi rivela sontuosi affreschi che ricoprono interamente pareti e volta: rappresentano la genealogia dei Savoia, gli emblemi delle loro alleanze matrimoniali e una serie di vedute delle città del ducato. Committente di questo programma decorativo fu il conte di Masino Carlo Francesco Giuseppe Valperga (1655-1715) che immaginò il Salone come fulcro di un percorso cerimoniale e di rappresentanza, tipico delle regge, che includeva la Galleria e, oltre il Salone, tre camere intitolate ai regni di Spagna, Austria e Francia, cosiddette “camere degli ambasciatori”.
Nel Seicento questi spazi ospitavano udienze, incontri e soggiorni di diplomatici e personaggi della nobiltà italiana e straniera, ma anche gli stessi membri di Casa Savoia, compresa con ogni probabilità la Reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, in virtù dello stretto legame tra la corte sabauda e Carlo Francesco Giuseppe, primo scudiero del futuro re Vittorio Amedeo II dal 1680 e in seguito comandante delle milizie sabaude. Il Castello di Masino poteva dirsi allora una piccola sede di corte. Nel Settecento il Salone cambiò funzione e fu destinato all’intrattenimento, arredato per il gioco del trucco, una variante del biliardo, con pochi tavoli e sedie. Nell’Ottocento, infine, come testimoniano gli inventari conservati nell’archivio storico del Castello, fu gradualmente allestito come quadreria. Fino al 2019, quando hanno preso avvio i restauri del FAI, alle pareti erano 97 quadri di Sei e Settecento, piccoli e grandi ritratti di personaggi della corte sabauda e delle dinastie e casate nobiliari dell’Europa di allora. La quadreria è stata disallestita per consentire i lavori, e nell’occasione è stata avviata una campagna, prima di diagnostica e oggi di restauro e di studio; il FAI ha in programma di riallestire il Salone nel suo aspetto ottocentesco periodicamente, alternando questo all’allestimento seicentesco emerso dai restauri.
I restauri
Fin dall’acquisizione del Castello da parte del FAI le pareti del Salone dei Savoia, dipinte di bianco, lasciavano intravedere una decorazione sottostante, sulla quale erano stati effettuati dei primi saggi negli anni Novanta ma che tuttavia non era mai stata oggetto di un’indagine approfondita ed estesa. I lavori sono iniziati nel 2018 quando uno dei dipinti di grande formato della quadreria, raffigurante Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, è stato concesso in prestito per la mostra Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a Torino (20 dicembre 2018-6 maggio 2019), svoltasi a Torino presso il Museo Civico d’Arte antica-Palazzo Madama. Con l’occasione si è potuto fare un primo saggio di pulitura di grandi dimensioni, che ha svelato la decorazione sottostante in ottimo stato di conservazione. Dai primi mesi del 2019 si è proceduto con un’ampia campagna di saggi, realizzata dal Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale” e condotta su porzioni differenti di ogni parete, al fine di verificare la qualità delle decorazioni al di sotto dello strato ottocentesco monocromo. Gli interventi sono stati condotti dietro ai quadri e ai mobili, in modo da lasciare inalterato l’allestimento della quadreria, sempre aperta al pubblico.
I saggi hanno dato lo stesso risultato su tutte le pareti, dando ragionevole certezza della presenza di un apparato decorativo completo e di un valore storico maggiore rispetto alle scialbature monocrome soprastanti.
Fin dai primi momenti si è instaurata una costante relazione tra il monumento e le fonti storiche a disposizione: le indagini sulle pareti sono state accompagnate da disegni e rilievi dettagliati, e parallelamente da ricerche storiche e d’archivio, con l’apporto della documentazione coeva presente nella Biblioteca del Castello. Dopo alcuni mesi di incontri e confronti con la Soprintendenza ai Beni Archeologici, Artistici, Architettonici e Paesaggistici del Piemonte, che ha seguito e appoggiato questo progetto sin dall’inizio e lungo tutto il suo percorso, si è deciso di procedere con la realizzazione del restauro che ha portato alla riscoperta della decorazione seicentesca.
Il progetto di restauro delle pareti decorate è stato elaborato dall’Ufficio Restauri e Conservazione del FAI insieme alla Scuola di Restauro della Venaria Reale di Torino. Negli ultimi mesi del 2019 è stato completato il progetto esecutivo, approvato dalla Soprintendenza, e indetta la gara d’appalto, conclusa con l’aggiudicazione alla Ditta Doneux e Soci di Torino. Per motivi legati alla pandemia e alle ricadute della stessa sulle attività della Fondazione, è stato possibile dare inizio ai lavori a settembre del 2020.
Il cantiere di restauro: la rimozione delle dipinture ottocentesche
La campagna di saggi ha permesso di verificare le tecniche più efficaci a garantire l’accurata rimozione delle pitture, a preservare gli affreschi sottostanti più antichi e a effettuare il successivo consolidamento.
Dopo numerose prove, si è scelto di procedere con l’asportazione manuale delle dipinture ottocentesche con il bisturi, spesso operata in due fasi, una prima di sgrossatura e una seconda di accurata finitura.
Questo minuzioso intervento è stato realizzato su tutte le pareti e sulla volta per una superficie totale di circa 480 mq, con un impegno complessivo di quattro mesi di lavori e una media di almeno 3 restauratori esperti sempre presenti in cantiere. Un’operazione molto lunga, sia per la modalità scelta sia per la consistenza tenace della pittura nelle aree più degradate, ma che ha permesso di portare al ritrovamento di oltre il 95% degli affreschi seicenteschi.
Una volta completato lo scoprimento, si è provveduto alla cura delle parti ammalorate, con iniezioni di malte consolidanti, stuccature degli intonaci lacunosi e riadesione di parti di pellicola pittorica in fase di distacco tramite impacchi di carta giapponese. Dopo aver risanato tutte le superfici e il loro supporto, si è passati quindi alla fase di presentazione estetica, oggetto di numerose campionature per ogni tipo di decorazione, nella consapevolezza della necessità di dare il giusto risalto a ogni elemento e di rispettare al contempo la visione complessiva.
L’integrazione finale ha riguardato le parti che avevano perso la pellicola pittorica ed è stata realizzata con “velatura” ad acquarello: il colore è applicato in modo puntuale, avendo cura di inserire un tono più chiaro dell’esistente.
Il cantiere della conoscenza
Il restauro del Salone dei Savoia è stato accompagnato da un approfondito cantiere della conoscenza: si tratta di un esteso lavoro di ricerca avviato al principio dei lavori e che proseguirà nei prossimi anni. Lo studio prevede anche la collaborazione del FAI con l’Università di Torino per approfondimenti scientifici che saranno assegnati a giovani ricercatori con borse di studio finanziate dalla Fondazione.
Le ricerche sono state condotte secondo quattro assi principali:
1. Ogni porzione degli affreschi – 22 vedute di città, l’albero genealogico dei Savoia, la finta intelaiatura architettonica, l’unione matrimoniale rappresentata sulla volta (che celebra Vittorio Amedeo II di Savoia e Anna Maria di Borbone-Orléans, sposi nel 1684) e i 147 stemmi (della linea sabauda femminile sul fregio e di quella maschile sulla volta) – è stata studiata nel dettaglio: dall’identificazione dei singoli edifici rappresentati, di tutti gli stemmi e dei cartigli sino alla corretta lettura della sequenza di lettura araldica.
2. Gli affreschi sono stati analizzati anche dal punto di vista storico-artistico per comprenderne le scelte compositive, i modelli iconografici, i tempi dell’esecuzione e le modifiche in corso d’opera, oltre che, più in generale, il contesto storico e culturale.
3. Allo studio dell’araldica è stata dedicata una ricerca specifica. Se nel tardo Medioevo e nell’Antico regime gli stemmi sono un elemento onnipresente nella decorazione dei saloni di rappresentanza di tutta l’Europa occidentale, a Masino questo fenomeno esplode in ben cinque sale come una vera e propria “araldomania” che non trova confronto in altre dimore aristocratiche piemontesi. Con questo studio sono stati ricostruiti il contesto storico e il significato della rappresentazione degli stemmi del Salone dei Savoia, concentrati non solo nei due fulcri classici di camino e volta ma disposti nell’intera estensione delle pareti, lungo il fregio e nel punto di innesto della volta.
4. La ricerca d’archivio è stato l’altro essenziale filone di ricerca. Il ricchissimo Archivio Storico del Castello di Masino si è rivelato ancora una volta cruciale perché ha consentito di ancorare le scoperte emerse via via dal restauro ai dati storici certi offerti dai documenti. Lo stretto legame fra documenti, volumi e affreschi è un vero e proprio fil rouge al Castello di Masino: ricostruire la scansione cronologica dei fatti ha permesso di restituire i vari allestimenti del Salone dei Savoia lungo i secoli, capire la consistenza e gli spostamenti nel tempo della quadreria, per definire in ultima analisi le ragioni celebrative e di autopromozione sottese alla decorazione della sala. L’Inventario dei libri del conte Carlo Francesco I, fatto compilare nel 1699, ha rilevato la presenza della prestigiosa opera in due volumi nota come Theatrum Sabaudiae, un aspetto che acquisisce significato proprio in relazione al Salone dei Savoia, dato che le vedute riprodotte a stampa sono il modello per le città dipinte nella stanza.
Salone dei Savoia: una nuova offerta di visita
Dopo l’inaugurazione del Salone dei Savoia il pubblico potrà tornare a visitare la stanza e fruire degli affreschi liberati dall’intonaco di epoca successiva e finalmente riportati alla luce. È stata arricchita la proposta di visita al Castello di Masino con ulteriori schede di approfondimento per favorire la comprensione degli affreschi e del loro significato.
A questo fine è stata allestita, nella Galleria “delle donne”, una nuova sala dedicata alla valorizzazione, nella quale i visitatori potranno consultare un software interattivo installato su touch-screen per approfondire la storia del Salone, navigare attraverso gli affreschi, ingrandendoli a piacimento ed esplorandone i dettagli. Lo strumento è interattivo e consente di fornire numerose informazioni in modo chiaro e semplice: dal contesto storico all’identificazione di edifici e stemmi, dalla comprensione degli elementi architettonici dipinti alla lettura dell’apparato araldico.
Inoltre, sono a disposizione del pubblico, in consultazione, i due eccezionali volumi del Theatrum Sabaudiae nella fedele riproduzione dell’esemplare seicentesco conservato nella Biblioteca dello Scalone.
Il Progetto e la Direzione Lavori sono stati realizzati dall’arch. Francesca Fossati con la collaborazione dell’arch. Sabrina Beltramo dell’Ufficio Restauri e Conservazione del FAI,
arch.Ferruccio Mainetti per il Coordinamento della Sicurezza del cantiere,
ing. Roberto Belfiore per le verifiche strutturali
Con il vasto gruppo di lavoro interno al FAI, hanno collaborato numerosi restauratori e artigiani delle seguenti ditte:
Doneux e Soci per il restauro degli affreschi e le pavimentazioni
Gianluigi Terreni per il restauro delle parti in legno
Ambrogio Carati e figli per la realizzazione delle lanterne in bronzo
Bianca Bassi per la realizzazione delle vetrate a piombo
Andrea Pelassa, tappezziere a Torino
E numerosi altri studiosi e professionisti:
Giuseppe Dardanello, professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna dell’Università degli Studi di Torino
Luisa Clotide Gentile, archivista di Stato
Laboratori di restauro del Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”
NEO [Narrative Environments Operas]: Fabia Molteni, Cinzia Rizzo e Franco Rolle, con la collaborazione di Omar Crippa e Laura Faraci