«La donna è l’altare stesso. Non si interroga un altare.»
— Paul Claudel, da “L’Annonce faite à Marie”, 1912
Il cuore misterioso del Tempio R
Un adyton intatto da 2600 anni, una soglia oltre la quale parlava il divino
Una nuova emozione scuote il parco archeologico di Selinunte: sotto la direzione del prof. Clemente Marconi, con il coordinamento congiunto dell’Institute of Fine Arts della New York University e dell’Università Statale di Milano, è stato portato alla luce l’adyton del Tempio R, il più antico edificio sacro in pietra della colonia, risalente alla fine del VII secolo a.C.
L’adyton – dal greco “ádyton”, ciò che è “non accessibile” – era lo spazio più sacro del tempio, riservato ai sacerdoti e alla presenza invisibile della divinità. Nel cuore del naos, al di là delle colonne e dello spazio dei fedeli, si nascondeva il punto più alto del contatto con il divino. Qui, nel buio protetto da pietre antiche, è stato ritrovato un deposito votivo straordinario, con oltre 300 oggetti rituali, tra cui un anello d’argento risalente circa al 570 a.C.
Un oggetto di grande pregio, che testimonia la presenza o il gesto devozionale di una donna di alto rango. Il culto, secondo quanto emerge dai dati e dalle evidenze simboliche, è strettamente legato a Demetra e Kore, le dee del ciclo vegetale e della rigenerazione, le madri della rinascita. In quella che è oggi l’area denominata SAS Y e SAS W, i ricercatori stanno quindi riscrivendo la geografia sacra della fondazione di Selinunte.
La Selinunte delle origini
Santuario, mura e porta: un asse sacro per la nascita della polis
La scoperta si inserisce in un quadro più ampio che, nel corso degli ultimi anni, sta trasformando l’idea stessa che abbiamo della Selinunte arcaica. Il Tempio R, già identificato da Dieter Mertens come il fulcro del primissimo impianto cultuale della città, si conferma oggi come il punto di origine attorno al quale ruotò la costruzione dell’intera polis.
Non solo: negli scavi dell’area urbana adiacente – sempre all’interno del grande santuario urbano – è stato riportato alla luce anche un accesso monumentale del V secolo a.C., un elemento architettonico che sancisce la sacralità e la monumentalità dello spazio. Insieme a ciò, sono emerse punte di lancia ancora infisse nel terreno, probabilmente residuo di un attacco, di una difesa, o di un rituale. La loro presenza apre scenari interpretativi multipli: erano offerte votive? Resti di uno scontro ritualizzato? Oppure frammenti lasciati a testimonianza di una reale minaccia?
Archeologia stratigrafica e archivio di civiltà
Dal periodo pre-greco al Medioevo: ogni strato racconta un mondo
Lo scavo – ci informa il comunicato – offre una lettura straordinariamente completa del tempo lungo dell’insediamento umano, grazie a stratigrafie perfettamente leggibili che coprono un arco temporale che va dalla fase pre-greca al Medioevo.
Questo fa del sito non solo un’area di scavo, ma un vero e proprio archivio stratigrafico di civiltà, dove ogni secolo deposita le sue tracce, i suoi traumi, le sue devozioni. È in questo dialogo tra strati – tra le fondamenta del tempio arcaico e i livelli posteriori – che si dipana il racconto della città, una Selinunte palinsesto, costruita e ricostruita, adorata e abbandonata, mai davvero dimenticata.
Un gesto femminile nel cuore della polis
L’anello d’argento e il culto profondo della fertilità
Particolarmente suggestivo è il profilo cultuale femminile che emerge con forza dalla scoperta dell’anello. Non si tratta solo di un gioiello, ma di un atto rituale – un’offerta fatta per propiziare, ringraziare, o consacrare. L’identità della donna non ci è nota, ma il suo gesto – sopravvissuto per 2600 anni – parla di un ruolo centrale delle donne nei culti fondativi della polis.
Il legame con Demetra e Kore, dee della fertilità, del ciclo vitale e della discesa agli inferi, radica questo culto in una dimensione cosmica e agricola: un culto che precede l’architettura, che fonda la città nel corpo della terra e nel grembo delle madri divine. Demetra, la madre, e Kore, la figlia rapita e restituita, sono figure potenti nel pantheon siceliota, ed è a loro che Selinunte sembra affidare la sua benedizione originaria.
Le parole dei protagonisti
“Stiamo portando alla luce l’anima più antica di Selinunte”
A sottolineare il valore fondativo della scoperta, sono arrivate le dichiarazioni istituzionali. Felice Crescente, direttore del Parco Archeologico, ha affermato:
“Stiamo portando alla luce l’anima più antica di Selinunte, lo spazio attorno cui fu costruita la prima comunità.”
Parole che trovano eco nel commento dell’assessore regionale Francesco Paolo Scarpinato, il quale ha aggiunto:
“Prima la porta, poi le mura, ora il santuario: sta tornando alla luce la Selinunte delle origini.”
Una Selinunte che non è più soltanto un insieme di rovine e colonne, ma una rete pulsante di culti, gesti, offerte, strade e templi – un luogo dove ogni pietra racconta una scelta collettiva e ogni oggetto sussurra il nome di chi lo offrì agli dèi.
Il Tempio R: tra pietra, identità e memoria
Un edificio simbolico tra funzione sacra e fondazione politica
Il Tempio R non è solo il primo edificio sacro in pietra di Selinunte: è un documento materiale di un’identità in formazione. La scelta di costruire qui un tempio, così presto, e in forme così monumentali, implica una decisione politica e religiosa precisa. Significa stabilire un punto sacro, una fonte di legittimità spirituale e comunitaria attorno a cui fondare l’urbanistica, il paesaggio e la memoria.
Il tempio, in questo senso, è architettura della mente e del potere. È un ponte tra le divinità e i cittadini, tra la natura e la polis. E proprio da qui, da questo adyton protetto e intatto, inizia il racconto della Selinunte più arcaica, quella che affonda le sue radici nel sacro femminile e nel desiderio di ordine e protezione.