Immagini dall’alto catturano tracce sul terreno. Se scendi e scavi, cosa trovi? Viaggio nel tempo di 2000 anni. Anche un anello d’oro e una sepoltura fuori epoca. Le risposte degli archeologi

Ai piedi della splendida collina i segni in equivocabili di importanti strutture. Le immagini aeree sono un supporto notevole all’archeologia. Consentono di individuare edifici sepolti, luoghi di frequentazione. Zona da studiare.

Nel cuore della Francia settentrionale, a ridosso delle fertili pianure della valle dell’Aisne, il comune di Pernant si è rivelato un luogo di eccezionale interesse archeologico nell’ambito della storia gallo-romana. Grazie a una campagna di verifica archeologica svolta dall’INRAP tra agosto e dicembre 2024, è stato riportato alla luce un sito che racconta una storia millenaria, intrecciando epoche diverse: dalla preistoria all’età gallo-romana, passando per il tardo Impero, fino alle drammatiche vicende della Prima Guerra Mondiale.

Il sito di Pernant, scoperto inizialmente grazie a osservazioni aeree, non è solo una testimonianza di vita rurale romana, ma un vero e proprio libro stratificato del passato umano. La ricerca ha rivelato elementi che spaziano dall’architettura alla cultura materiale, dalle pratiche agricole alle dinamiche belliche, offrendo una panoramica unica su come questo territorio sia stato abitato e trasformato nel corso dei millenni.


Un territorio strategico: geografia e contesto storico

La valle dell’Aisne, con i suoi terreni fertili, la presenza del fiume omonimo e la prossimità a importanti vie di comunicazione, è stata per secoli una zona privilegiata per l’insediamento umano. In epoca romana, questa regione faceva parte del territorio dei Suessiones, una potente tribù gallica che controllava Soissons, capitale culturale e commerciale della Gallia Belgica.

La villa di Pernant si inserisce in un paesaggio rurale che, durante l’età imperiale, vide una progressiva romanizzazione. Le élite locali adottarono modelli architettonici e di gestione agricola importati da Roma, creando grandi proprietà che fungevano da centri produttivi e simboli di prestigio sociale.

L’identificazione della villa come una fattoria latifondista di medio-alto livello è sostenuta sia dalla qualità delle strutture rinvenute che dall’organizzazione spaziale del sito. Tuttavia, i segni di occupazioni precedenti e successive suggeriscono che questo luogo fosse già un centro di attività umane prima dell’arrivo dei Romani e rimase un punto di riferimento per la comunità locale anche nei periodi di declino imperiale e oltre.


Le ville romane di campagna in Gallia rappresentano una delle eredità più significative del processo di romanizzazione, e la loro proprietà era strettamente legata alla classe sociale, alle dinamiche economiche e al contesto storico del periodo. Analizzando la questione, possiamo identificare diversi gruppi di proprietari e funzioni specifiche legate a queste dimore.

1. Coloni romani e le “seconde case”

Le ville erano spesso possedute da membri dell’élite romana che si erano trasferiti in Gallia, in particolare dopo la conquista di Cesare (I secolo a.C.). Questi coloni, provenienti specialmente dall’Italia, vedevano nella Gallia una terra fertile e promettente. Roma aveva bisogno di loro, nei territori da conquistare culturalmente e da presidiare. Per questo i legionari congedati venivano spesso dotati di terre nelle zone da colonizzare. Le nuove terre offrivano molte possibilità anche chi voleva tentare la fortuna. Le proprietà fondiarie erano di diverse dimensioni. Il semplice militare dotato di un appezzamento di terreno sufficiente per condurre una vita tranquilla, probabilmente risiedeva stabilmente nella villa rustica. Per altri, più ricchi, le ville potevano funzionare come “seconde case”, nelle quali recarsi nei mesi di raccolti, quindi d’estate per la villeggiatura, il cui nome significa proprio soggiornare nella villa.

Queste “seconde case” erano tipicamente centri di lusso, spesso decorati con mosaici, affreschi e terme private, e servivano anche come luogo per ritirarsi dalla vita urbana o per gestire gli affari agricoli della tenuta.


2. L’aristocrazia locale gallo-romana

Dopo l’integrazione della Gallia nell’Impero romano, molte famiglie dell’aristocrazia locale adottarono stili di vita e pratiche romane. Questo processo, noto come romanizzazione, portò alla costruzione di ville rurali secondo il modello romano, spesso con la supervisione o l’aiuto di architetti e artigiani provenienti dalle regioni italiche.

Per queste famiglie, le ville non erano solo residenze, ma anche centri di potere economico e politico. Possedere una grande villa significava controllare una vasta rete di terre e risorse, e permetteva di esibire il proprio status sociale, creando un ponte tra la cultura indigena e quella romana.


3. Uomini d’affari e imprenditori agricoli

Le ville erano anche gestite da imprenditori romani o gallo-romani che le utilizzavano principalmente come centri di produzione agricola. Questi individui erano interessati a sfruttare al massimo le terre fertili della Gallia, producendo cereali, vino, olio, lana e altri beni destinati sia al consumo locale che al commercio su larga scala.

Le ville di questi imprenditori non erano necessariamente di lusso; spesso presentavano una divisione funzionale molto marcata tra la parte residenziale e quella produttiva, con magazzini, granai, stalle e aree per la lavorazione dei prodotti agricoli.


4. Amministratori imperiali

Alcune ville erano di proprietà diretta dell’imperatore o di membri della famiglia imperiale, soprattutto nelle aree considerate strategiche per la produzione di beni di prima necessità. In questi casi, le ville venivano gestite da amministratori imperiali o da schiavi altamente qualificati, e i profitti erano destinati al fisco imperiale.


5. Schiavi e liberti come gestori

Sebbene raramente i liberti o gli schiavi possedessero le ville, è documentato che alcuni di loro venivano incaricati della gestione delle proprietà rurali. I liberti di famiglie nobili, in particolare, potevano accumulare ricchezze significative e, in alcuni casi, ottenere il permesso di acquistare piccole ville per uso personale.


Funzioni delle ville: oltre le “seconde case”

Mentre molte ville potevano fungere da residenze temporanee o di villeggiatura per i coloni romani, gran parte di esse erano centri economici progettati per la produzione agricola. Le ville in Gallia, infatti, erano caratterizzate dalla presenza di infrastrutture agricole complesse, come frantoi per il vino e l’olio, forni per il pane e impianti di stoccaggio.

Alcune ville, specialmente nelle aree vicine ai fiumi o lungo le principali vie di comunicazione, fungevano anche da punti di smistamento per le merci dirette verso le città o i porti. Questo dualismo tra lusso e produttività economica è uno degli aspetti più interessanti delle ville romane in Gallia.


La villa romana ora scoperta

Il cortile e le funzioni della pars rustica

L’intervento di archeologia preventiva svolto dall’Inrap si è tenuto in previsione di una realizzazione residenziale. Quindi gli scavi si sono svolti in quell’area specifica che, ai tempi dei gallo-romani, costituiva la pars rustica, ovvero l’area dedicata alle attività produttive e agricole.

Il muro di cinta lungo 80 metri, con i suoi blocchi di calcare e arenaria, delimita uno spazio funzionale che doveva includere stalle, magazzini e aree per la lavorazione dei prodotti agricoli. Il muro rappresenta non solo una barriera fisica ma anche un elemento simbolico, destinato a sottolineare la distinzione tra l’ambito privato del proprietario e il mondo esterno.

Ciò che rimane del muro di cinta occidentale della villa. La costruzione è costituita da grandi blocchi calcarei allineati – alla nostra destra – addossati al muro di cinta, realizzato con pietre di recupero. I blocchi calcarei erano probabilmente l’elegante finitura della parete di un’ampia corte che era visibile dalla parte residenziale. Gli archeologi francesi si chiedono se questo punto potesse corrispondere all’accesso al cortile della pars rustica.© D. Delaporte, Inrap

Edificio A: possibile magazzino o stalla

La posizione e la struttura dell’edificio A (nella foto sotto), con le sue solide fondamenta in pietra e i blocchi centrali disposti perpendicolarmente, suggeriscono che si trattasse di un edificio polifunzionale. Le ipotesi principali riguardano il suo utilizzo come magazzino per cereali o altri prodotti agricoli, o come stalla per il ricovero degli animali.

L’aggiunta di contrafforti al muro settentrionale indica che l’edificio fu soggetto a modifiche successive, forse per adattarsi a nuove esigenze produttive o per risolvere problemi statici. Questo dettaglio ci permette di intravedere la dinamicità della vita rurale romana, in cui le strutture non erano fisse ma evolvevano con le necessità della proprietà.

Edificio B: un’area artigianale di servizio

L’edificio B, con la sua suddivisione interna e le strutture di combustione, rappresenta il cuore delle attività produttive. Qui si svolgevano probabilmente lavorazioni artigianali come la forgiatura di strumenti agricoli, testimoniata dal ritrovamento di un’ascia e di una sgorbia. La presenza di un ipposandalo (un “ferro di cavallo” protettivo per gli zoccoli) suggerisce che gli animali da lavoro fossero curati con attenzione, un aspetto fondamentale per il successo economico della villa.

La scoperta di monete romane nell’area circostante contribuisce a datare l’attività di questo edificio tra il II e il IV secolo d.C., un periodo caratterizzato da una crescente specializzazione agricola e da un intenso scambio commerciale.


Niente di nuovo sul fronte occidentale: la tomba del soldato tedesco

Il ritrovamento della tomba di un soldato tedesco aggiunge una dimensione drammatica e umana alla storia del sito. Durante la Prima Guerra Mondiale, Pernant fu teatro di intensi scontri lungo la linea del fronte occidentale. La sepoltura, realizzata in modo semplice ma dignitoso, rappresenta un gesto di rispetto anche in un contesto di guerra.

Vista in dettaglio dell’anello della tomba 30. Era posto su una delle dita della mano destra del soldato tedesco. © M. Braida et L. Fallet, Inrap

Gli oggetti personali rinvenuti – tra cui un rosario con una croce d’argento, un pettine, un coltellino svizzero e l’anello nuziale – sono carichi di significato emotivo. L’anello reca l’incisione “25-12-1908″ e due lettere dell’alfabeto: A e X. Un regalo di Natale di una decina di anni prima? Una data di fidanzamento o di matrimonio? I resti dell’uomo saranno consegnati a un gruppo tedesco che si occupa dei Caduti, che tenterà di procedere all’identificazione del soldato.

Scavi archeologi preventivi svolti dall’Inrap



Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa