Un misterioso dio blocca i lavori autostradali. Arrivano gli archeologi che studiano la scoperta. Ha circa 2700 anni e ti guarda male. Chi è questo feticcio inquietante? Cosa simbolizza? Il bel mistero svelato. Rispondono gli esperti

Nessuno potrebbe immaginare che, visto da lontano, questo feticcio mostri un volto aggressivo e inquietante, che poi muta. Vuole difendere il territorio. Ma avvicinandoci ad esso, rivela una natura che solo gli iniziati alle antiche religioni pastorali erano in grado di vedere. Cattivo, all’esterno, come un padre. Buono all’interno, come un padre.

Durante i lavori per la costruzione di un’autostrada nella località di Mönchstockheim, nella Bassa Franconia, è emerso questo straordinario reperto archeologico: una statuetta in argilla attribuibile alla cultura di Hallstatt, (circa 800-450 a.C.) che prende il nome dall’omonimo sito, in Austria, e rappresenta la prima fase dell’Età del Ferro in Europa. Questa cultura era caratterizzata da una società stratificata con forti interazioni commerciali, in particolare con il Mediterraneo, e da una complessa produzione artigianale di oggetti in metallo, ceramica e arte figurativa. Le figure antropomorfe, come questa statuetta, potrebbero avere significati religiosi, simbolici o apotropaici, legati a rituali o credenze cosmologiche. Ma poi vi diciamo cosa abbiamo scoperto, osservandola minuziosamente

La statuetta, alta oggi 19 centimetri, si presenta mutila: mancano parte degli arti inferiori e la parte superiore del torso, che avrebbe potuto fornire ulteriori indizi sulla rappresentazione del genere. La testa, però, è perfettamente conservata e offre dettagli accurati dei lineamenti del volto, oltre a un elemento distintivo: un bordo circolare perforato con fori su ciascun lato, che gli archeologi interpretano come un cappuccio decorato con anelli o spille di metallo. Questo tipo di copricapo – affermano gli archeologi tedeschi – era probabilmente indossato dalle donne della cultura di Hallstatt, una delle principali civiltà europee dell’età del Ferro, nota per la sua raffinatezza artistica e tecnologica. Mistero sciolto? No, proseguiamo.

Il luogo del ritrovamento: Mönchstockheim e la sua rilevanza storica

Mönchstockheim è una piccola località situata nella regione della Bassa Franconia, in Germania. Geograficamente, si trova in una zona di pianura con dolci colline, caratterizzata da terreni fertili che hanno favorito l’insediamento umano sin dalla preistoria. Non lontane, ci sono le Alpi austriache che posso essere state frequentate durante la transumanza. La regione, attraversata da corsi d’acqua e vicina a risorse naturali, si è rivelata un punto strategico per le popolazioni antiche. In passato, sono stati rinvenuti reperti archeologici nella zona, tra cui frammenti di ceramica e strumenti in pietra, che testimoniano un’occupazione continuativa dall’età neolitica fino all’epoca romana. Tuttavia, il ritrovamento della statuetta preistorica rappresenta una scoperta eccezionale per la sua rarità e il contesto specifico in cui è stata rinvenuta.

La statuetta è stata trovata in un canale preistorico che si ritiene fosse utilizzato dalle comunità locali per raccogliere l’acqua. Accanto ad essa sono stati rinvenuti frammenti di ceramica, utensili e un timbro in argilla dall’aspetto insolito. Questi oggetti non presentano i bordi arrotondati tipici dell’erosione causata dall’acqua, suggerendo che non siano stati trascinati a valle, ma deliberatamente collocati nel sito. Tale evidenza ha portato gli studiosi a ipotizzare che il canale fosse associato a rituali cultuali legati all’acqua, un elemento di primaria importanza per la cultura di Hallstatt.

Un oggetto raro e misterioso

La statuetta, temporalmente attribuita al periodo iniziale della cultura di Hallstatt (VIII-VI secolo a.C.), non può essere datata con precisione – perché il canale presenta una stratigrafia sconvolta e l’oggetto può essere datato solo ricorrendo a una valutazione stilistica – ma rappresenta un tipo di manufatto estremamente raro nella Bassa Franconia. Sebbene siano noti esempi simili nella regione occidentale del Mar Nero, questi risalgono al periodo neolitico e mancano del caratteristico “copricapo” che collega il reperto di Mönchstockheim alla cultura di Hallstatt. Questo rende la statuetta un oggetto enigmatico: è possibile che rappresenti un esempio di scambio culturale o che si tratti di una produzione locale ispirata a modelli stranieri. Il contesto del ritrovamento ha spinto gli archeologi a identificarla come una “divinità dell’acqua”, simbolo di un culto connesso alla fertilità e alla rigenerazione.

A nostro giudizio è un animale. Quale? Perché?

La statuetta è stata sottoposta a un complesso processo di conservazione da parte dell’Ufficio statale bavarese per la conservazione dei monumenti (BLfD), che ne ha salvaguardato i dettagli e prevenuto ulteriori deterioramenti. Il 30 gennaio 2025, il manufatto verrà ufficialmente consegnato alla Collezione archeologica dello Stato bavarese di Monaco, dove verrà esposto in modo permanente. Questo garantirà non solo la sua protezione, ma anche la possibilità di approfondire la ricerca e permettere al pubblico di ammirare un pezzo unico del passato europeo. Ora osservate bene l’immagine, qui sotto. Chi è, a vostro giudizio, questo dio?

La statuetta presenta un volto stilizzato con caratteristiche che possono evocare non figure umane ma, a nostro giudizio – animali divinizzati. A nostro parere, l’immagine si riferisce a un ariete – maschio delle pecore – o a un caprone. Gli orecchi sporgenti e il profilo convesso del muso suggeriscono, appunto, questi animali comuni nelle società agricole e pastorali. Il bordo coronato sembra poter accogliere e suggerire la possibile presenza di corna, ma anche suggerire un’immagine aureolata. Quello di un soleariete. I fori, su di esso, sono cinque da un lato e 5 dall’alto. Un caso o forse, con il 10, si suggerisce la pienezza e l’abbondanza? Dieci è il numero massimo. L’estensione delle mani, che figurano il 10, indicano la massima quantità primitivamente computabile. Il 10 è il tanto. Tanto, quanto ci i aspetta da una divinità che tutto può esaudire: far crescere semi in piante, fecondare gli armenti, moltiplicare le erbe, dar forza alle gemme, far ritornare gli uccelli, far attecchire ogni rametto. L’ariete è anche simbolo zodiacale della primavera ed è lui a iniziare, proprio in primavera, la stagione degli amori, che porteranno nuove pecore e pertanto prosperità e ricchezza. Parallela è l’azione dell’altro maschio, il caprone. Parallela, ancora, è l’azione del sole che diventa sempre più potente.

In astronomia, l’Ariete ha molta più importanza di quanto non farebbe pensare la sua brillantezza, poiché ai tempi dei Greci – quindi all’epoca della statuetta – conteneva il punto cardinale noto come equinozio di primavera. È questo il punto in cui il Sole attraversava l’equatore celeste da sud a nord; ma l’equinozio di primavera non è fisso, nei millenni, a causa della lenta oscillazione dell’asse terrestre nota come precessione degli equinozi. Il 5 da un lato e il 5 dall’altro potrebbero significare la perfetta metà, tra giorno e notte,, cioè l’equinozio, equinozio dell’ariete? Siamo in primavera. Tutto rinasce. E questa divinità, all’apparenza così cupa, ci appare in una connotazione più gioiosa. Dopo 5 mesi di gestazione – e torna il 5 – pecore e capre partoriranno. Statuetta cultuale di una divinità maggiore, quindi. Ma anche possibile strumento di trasmissione di conoscenze basilari legate al cielo, alla primavera, alla riproduzione degli animali, alla previsione del trasferimento per l’alpeggio.

Esistono divinità legate a capre o pecore in molte tradizioni antiche, soprattutto in ambito pastorale. Nelle culture indoeuropee, gli animali domestici erano spesso associati a divinità legate alla fertilità, alla protezione delle greggi o al sacrificio rituale. Nella mitologia germanica o celtica, per esempio, il capro era simbolo di virilità e forza (come i capri di Thor nella mitologia nordica). Qui siamo forse una divinità ancora più potente: il dio sole-ariete.

1. Capre e arieti come simboli di fertilità e natura

L’osservazione del feticcio recentemente trovato durante i lavori stradali, presenta elementi raffinati sotto il profilo della costruzione arcaica dell’immagine. Osservata da lontano, la statuetta pare il volto di una divinità adirata ed aggressiva, poiché la nostra vista percepisce gli orecchi dell’ariete, come occhi inquietanti di una figura umana. E’ solo avvicinandoci che abbiamo visione del volto benigno che la divinità offre agli iniziati. Guardiamo bene l’immagine sottostante, con il feticcio a una certa distanza. Poi passiamo, poco sotto all’immagine ravvicinata.

Il mutamento è notevole, coma abbiamo potuto vedere. Possiamo immaginare come potesse rilevarsi magico, all’epoca, il mutamento della forma, in avvicinamento. Pertanto noi riteniamo che questa sia – nella visione ravvicinata – l’immagine di un’ariete coronato, che evoca anche il sole – Sole in ariete -.Anche il mondo della capre era compartecipe di importanti essenze mitologiche.

  • Pan e il Capro: Pan, il dio greco dei boschi, era un capro. Le capre erano spesso associate a fertilità e vitalità. Nelle cerimonie dionisiache, creature caprine (i satiri) erano legate alla natura, alla sessualità e alla rigenerazione.
  • Divinità pastorali: In molte culture europee pre-cristiane, divinità o spiriti femminili erano simbolicamente associati agli animali domestici, incluse le capre, per rappresentare fertilità e abbondanza.

2. Streghe e il capro nella demonologia medievale

Nel folklore medievale e cristiano, la capra veniva demonizzata e associata al diavolo (il famoso “capro espiatorio”). Si credeva che le streghe potessero assumere sembianze ibride o invocare demoni dalle fattezze caprine. Molte di queste credenze si sviluppavano in valle con profonde radici arcaiche legate al mondo silvo-pastorale e pertanto a capre e pecore. Ricordiamo, peraltro, che i festini equivoci perseguiti dalla Chiesa erano legati alla fecondità e all’incontro generatore tra femminile e maschile.

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Redazione
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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa