Stile Arte intervista Maria Luisa Pacelli sul percorso inglese che conduce dall’immigrato Canaletto a Constable.
La Gran Bretagna lanciò pienamente un genere fino ad allora poco praticato, per il disinteresse dei committenti nei confronti dell’ambiente naturale. Quali furono i precedenti da cui mossero i primi pittori per giungere alla piena autonomia del genere?
La massima fioritura della pittura di paesaggio inglese va dagli inizi del ’700 ai primi decenni dell’800. In quel periodo, da genere minore quale era la pittura di paesaggio acquista in Gran Bretagna un’importanza mai avuta prima, divenendo lo strumento principale attraverso il quale i pittori concorrono a definire l’identità nazionale o a dar vita a una delle più alte e vitali espressioni artistiche della cultura figurativa internazionale. Prima di allora il gusto dei committenti privilegiava i paesaggi immaginari, ideali o classici, di grandi maestri europei come Claude Lorrain, Gaspar Doughet, Salvator Rosa, Jacob Van Ruysdacl, Meindert Hobbema, Aelbert Cuyp. Fu alla lezione di questi che continuarono ad ispirarsi i primi pittori di paesaggio inglesi, ma assumendo come soggetto delle opere la realtà del proprio Paese.
La pittura dimostra un distacco profondo tra il vecchio mondo – quello dell’aristocrazia feudale, profondamente legata alla terra – e la nuova realtà urbana rappresentata da Londra. Una Londra nella quale la borghesia commerciale e manifatturiera ha raggiunto un’importanza notevolissima, tanto da essere committente della cattedrale di St. Paul. Ci vuole dire come si sviluppa, a livello pittorico, questo confronto tra classi?
La pittura risente del conflitto sociale in atto in Gran Bretagna e vi partecipa. Accade così che alle magnifiche vedute londinesi di Canaletto, Scott, Marlow e altri artisti che interpretano e documentano il trasformarsi della capitale in vera e propria metropoli, luogo e simbolo del mutamento sociale del Paese, esaltandone i valori che lo rendono possibile, si oppongano le elegiache scene pastorali di Gainsborough, le grandiose composizioni pittoresche di De Loutherbourg, le visioni sublimi e preromantiche di Wilson, Stubbs e Wright of Derby, e le splendide opere di Constable e Turner, improntate ad un nuovo sentimento romantico della natura intesa, sia pure in modi diversi, come fonte di valori civili e morali irrinunciabili.
Canaletto dipinse Londra. Essendo un vedutista – e un vedutista veneziano – egli privilegiò, com’è ovvio, la realtà urbana. Quale fu la sua influenza, sotto il profilo stilistico, sui contemporanei e sulla pittura successiva?
Quando giunse in Inghilterra, Canaletto era già molto conosciuto e rappresentato nelle più importanti raccolte del Paese. Nel periodo londinese il suo stile non subì variazioni e non venne meno quell’insieme di realismo, fantasia e poesia che aveva caratterizzato la sua produzione veneziana e che ora si applicava alle visioni del Tamigi, a grandi monumenti come la Cattedrale di St.Paul, o a vedute come quella del ponte di Walton in costruzione. Così facendo, Canaletto trapiantava nella capitale britannica la più alta e la più pura tradizione del vedutismo veneziano, influenzando per decenni la produzione di artisti inglesi come Scott, Marlow, Towne, Farington e Anderson, che ne ripresero, reinterpretandoli, sia le soluzioni compositive, sia lo stile, sia, talvolta, perfino i soggetti. Lo stesso Constable, nel raffigurare un tema celebrativo e ufficiale come “L’inaugurazione del ponte di Waterloo, a Londra”, si misurò, a suo modo, con le raffigurazioni iconiche della città realizzate dal grande veneziano.
La pittura di Gainsborough rappresentò invece il ribaltamento della visione canalettiana, con un’attenzione idealizzante alla natura. Tra tutti gli artisti che si oppongono al vedutismo urbano e ai valori che lo animano, Gainsborough è il più radicale nel rappresentare una visione fortemente idealizzata della natura e della vita rurale, oltre che dell’equilibrio sociale e politico ad essa sotteso. Benché traesse spesso schizzi dal vero, l’influenza della grande tradizione del paesaggio classico fu importante per gli esiti della sua pittura, ma ancora più importante fu la sua adesione all’idea che solo dove l’uomo e la natura convivono in serena armonia risiedono gli autentici valori civili e morali. Di qui i suoi omaggi alla bellezza della campagna inglese, il suo rappresentare la vita degli abitanti delle zone rurali come semplice e giusta, scandita dal ritmo naturale delle stagioni e lontana dalle prosaiche attività della metropoli. Solo al termine della sua vita Gainsborough mutò il modo di rappresentare il paesaggio, suscitando l’ammirazione dello stesso Constable, e prese a descrivere anche il mondo contadino, e in particolare la condizione infantile, con una diversa attenzione per le sofferenze e la miseria che lo caratterizzavano.
L’avanzata della borghesia è rappresentata anche da un “conversation piece” di Zoffany. Può parlarci di questo quadro particolarmente interessante?
Johann Zoffany è stato uno dei massimi interpreti del “conversation piece”, genere pittorico squisitamente inglese. Erano ritratti informali di gruppo o di famiglia, ambientati di norma all’aperto, per lo più nelle tenute di campagna degli aristocratici o dei membri dell’alta borghesia, che cercavano, anche per questa via, di innalzare il loro status sociale. E’ il caso dell’attore Garrick, nel dipinto “David Garrick con la moglie ad Hampton, nei pressi di Londra, accanto al suo tempio in onore di Shakespeare”, con il quale Zoffany consacra il successo sociale e finanziario raggiunto dal grande interprete shakespeariano, che rappresenta come un aristocratico nella sua proprietà in campagna. Malgrado sia uno dei primi conversation piece eseguiti dall’artista, è di grande bellezza e unisce la tradizione del paesaggio classico, riconoscibile nella composizione del dipinto e nello splendido tempietto neopalladiano di Robert Adam, ad una estrema naturalezza e spontaneità nel raffigurare i committenti in un momento di intimità e uno splendido scorcio del Tamigi sotto un tipico cielo inglese.
Ecco quindi irrompere sulla scena una visione romantica della natura. E’ Turner l’artista che compie il passaggio più significativo, un passaggio che influenzerà la pittura moderna a livello europeo…
E’ indiscutibile che Turner sia, oltre che un grandissimo pittore, uno dei padri del romanticismo e della pittura moderna. Non il solo, però. Altrettanto importante, sebbene diverso, fu il contributo che diede all’uno e all’altra Constable. Turner fu infatti lo straordinario protagonista di un romanticismo radicale, tragico e sublime, che con il passare degli anni condurrà progressivamente ad uno sfrangiarsi e fin quasi a un dissolversi della visione del reale o forse, meglio, alla ricerca di un inizio, di un primordio, di una nuova vita e nuove forme. Di tutt’altro genere fu il romanticismo più moderato, ma non meno profondo e innovativo, di Constable: il suo modo di sentire e partecipare la natura, che non è più qualcosa da rappresentare, ma una fonte di vita morale, qualcosa cui abbandonarsi con spontaneità e fiducia. Straordinariamente moderno è anche il suo lasciarsi andare al flusso naturale, al susseguirsi dei cicli delle stagioni, ad un senso della realtà animistico e romantico, in questo senso pre-impressionistico. E pre-impressionistica, soprattutto nei bozzetti, è la sua tecnica: il suo sorprendere la realtà, ritraendola dal vero, in un’apparizione momentanea, con spatolate veloci e intense, che modellano le masse e i colori dando vita a contrasti di luce ed ombra che Constable definiva “chiaroscuro naturale”. Ugualmente inediti sono la sua libertà di composizione e la perdita d’importanza del soggetto: anticipazioni, anche queste, di una pittura di là da venire.
Quali sono le differenze, nella realizzazione tecnica, dei dipinti di Turner rispetto ai precedenti?
Turner è stato uno sperimentatore molto audace, soprattutto per quanto riguarda il colore, al punto che, con il tempo, l’aspetto dei suoi quadri tendeva ad alterarsi. A stimolare la sua pittura ad olio e ad influire sui suoi esiti fu anche la sua passione per l’acquerello, che lo accompagnò per tutta la vita e in cui raggiunse risultati altissimi. La tecnica in Turner è inscindibilmente connessa alla ricerca di contenuti nuovi per la sua pittura. A testimoniarlo con immediatezza ed efficacia sono i commenti dei detrattori e qualche episodio della sua vita. Alcuni critici, ad esempio, accolsero le opere nelle quali l’artista raffigurò Venezia – che vi appare come un grande spazio luminoso abitato da larve di edifici o da gondole nere – come “ritratti del nulla”. Quella luce, sua e solo sua, dissolve ogni cosa e pervade il campo visivo come se venisse dall’interno, dalla profondità della coscienza e da quella della natura. Per dipingere “Tempesta di neve”, Turner si fece legare per ore all’albero di una nave. Il quadro fu descritto come “schiuma di sapone e bianco di calce”. Il commento di Turner a John Ruskin fu: “Schiuma di sapone e bianco di calce!… Dovrebbero esserci stati loro!”. Grazie a questo suo modo di indagare la realtà, che era tutt’uno con la volontà di entrare nel cuore della natura, guardando quel quadro sembra di essere nell’occhio di un ciclone: la visione si frammenta e poi, come per miracolo, si ricompone, in un’unità fino ad allora sconosciuta. Un altro capolavoro, “Pioggia, vapore e velocità”, è frutto dell’osservazione fatta dal finestrino di un treno. Una compagna di viaggio che aveva assistito all’opera mise a sua volta la testa fuori. Presenziando all’esposizione del quadro, udì uno spettatore chiedersi: “Chi ha mai visto un così ridicolo conglomerato?”. Non esitò a rispondere: “Io l’ho visto!”. Inutile dire quanto ci appaia straordinaria oggi, e non solo tecnicamente, quell’immagine della natura in grado di assorbire e rigenerare ogni cosa, perfino la civiltà moderna.
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Paesaggi e vedute, nobile campagna contro Londra borghese
Stile Arte intervista Maria Luisa Pacelli sul percorso inglese che conduce dall'immigrato Canaletto a Constable. Sono anni di acceso contrasto tra i vedutisti, che cantano gli spazi urbani della borghesia, e i cantori della campagna, ancora dominata dalla nobiltà feudale