Stile intervista Romano Cagnoni.
Nature’s Conceptual Art. E’ il titolo della grande mostra che Berlino ha dedicato a Romano Cagnoni; una mostra dal tema piuttosto insolito. Cagnoni, ce ne vuole parlare? Quando l’Istituto italiano di cultura della capitale tedesca mi ha chiesto di tenere una rassegna all’Art Center Berlin, mi è sembrato naturale proporre le mie opere più recenti, esiti di una ricerca che sto conducendo da qualche tempo. Dal giorno in cui sono tornato a vivere vicino a Pietrasanta, la mia città natale, ho ripreso ad approfondire un filone cui mi ero accostato già in passato. Pietrasanta è marmo, è scultura. Qui hanno l’atelier moltissimi scultori internazionali. Mio padre lavorava il marmo, io leggevo libri sull’argomento quando ancora ero piccino. Vent’anni fa avevo realizzato un volume di immagini scattate nelle cave di marmo. Ma erano immagini dove l’uomo, la sua abilità, la sua fatica, prevalevano rispetto alle suggestioni, pur presenti, della natura. Sentivo di dover “completare” questo percorso. Sentivo di dover indagare questi paesaggi così silenziosi, lunari, per scoprirne il fascino ed i misteri nascosti.
E le scoperte sono state sorprendenti. Sì, perché davanti all’obiettivo si sono rivelate straordinarie analogie formali e strutturali con capolavori dell’arte antica. Come se il marmo avesse prefigurato, anzi meglio, concepito tali capolavori dentro di sé, per poi appalesarli al momento giusto. Non per nulla un critico, Giuseppe Cordoni, ha parlato, e credo a ragione, del concetto di cava uguale madre.
Così, scrutando entro il cuore di questa “madre”, si può vivere l’emozione di incontrare – per esempio – un blocco di pietra che rimanda in modo sbalorditivo, diremmo addirittura miracoloso, ad un Prigione di Michelangelo. E l’emozione è raddoppiata se consideriamo che Michelangelo si recava negli stessi luoghi a procurarsi il marmo; addirittura, ho letto da qualche parte, aveva una stanza a Pietrasanta, dove alloggiava durante le sue “trasferte” alla ricerca della materia prima. Ma non c’è solo la scultura: pensiamo a monumentali espressioni architettoniche, come il campanile di Giotto, o la basilica di San Michele di Lucca. Riecheggiate lì, nel sasso sbozzato dalle mani e dalle macchine dei cavatori.
La molla che l’ha spinta all’“impresa” è – mi sembra – un’inesausta passione per la forma. La forma mi appassiona davvero. Esplorando le cave mi rendevo conto che, oltre l’uomo, oltre la sua presenza ed il suo lavoro, c’erano, appunto, le forme; c’erano le superfici, le geometrie, i volumi, le architetture. Mi è tornato alla mente che, quando avevo pubblicato il libro di cui si diceva, la stampa di tutto il mondo l’aveva recensito in modo assai lusinghiero: e tuttavia, faticavo a trovare un editore negli Stati Uniti, dove pure sono molto conosciuto. Le foto sono interessanti, mi dicevano gli americani: ma mancano le opere d’arte. Negli Usa non si concepiva insomma che si potesse parlare di marmo e di Toscana senza tirare in ballo Michelangelo. E’ stato anche sulla base di questa sollecitazione, pur lontana nel tempo, che ho deciso di chiudere il cerchio. Cosa che ho iniziato a fare al mio rientro in patria, dopo tanti anni trascorsi all’estero, vagabondando per i quattro angoli della Terra.
Il suo lavoro potrebbe essere considerato come il lineare, naturale approdo di un itinerario biografico e culturale. Ma si tratta di una semplicità, suppongo, solo apparente. Be’, in effetti, su quest’idea “semplice” mi sono non poco accanito. Perché è difficile, nella realtà, trovare forme “coerenti”, corrispondenti. E il lavoro è duro, faticoso. Per fortuna, nei miei pellegrinaggi dentro le cave sono stato agevolato dal rapporto di conoscenza, quando non di amicizia, con i proprietari. Ma i percorsi sono spesso impervi, certi luoghi raggiungibili unicamente dalle jeep. E non si dimentichi che per realizzare quel tipo di immagini io ricorro a una macchina a banco ottico con negativo grande, che va montata su cavalletto, ed il cui utilizzo non è proprio comodissimo.
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[PDF] Michelangelo torna in cava
STILE ARTE 2007